Chiara Pietrobelli

Oltre il Bancone I - I bambini

2019-11-16 11:58:54

Tre scene piuttosto recenti che mi hanno fatto pensare che il problema non è tanto il bambino, quanto il genitore.

Scena 1:

Tarda sera

Sono le 22 passate ormai, il grosso del servizio è stato fatto. C'è ancora molto da fare, specialmente se sei al bar: dopo cena sono in molti a passare per un caffè, un gelato o un dolcetto.

Una famiglia che passa spesso a quest'ora fa il suo ingresso: madre, padre e figlioletto. Sospiro, evitando accuratamente di alzare gli occhi al soffitto. Si siedono sempre - fatalità - nei tavoli vicino al bancone.

Ordinano e attendono, ma il bambino non è fatto per l'attesa. Cammina per la sala intralciando chi esce con i vassoi, allontanandosi anche parecchio dai genitori.

"Marco*! Torna subito qui!" gridano dal tavolo. Al bambino certo non interessa, continuando a correre, cadere e spiaccicando le manine ovunque, anche sul vetro di esposizione dei dolci. Sospiro di nuovo. Fortunatamente lo pulisco più tardi. Svariati minuti dopo, il padre decide di alzarsi per tenerlo d'occhio, sia mai che lo riporti invece al posto.

Arriva la cena e finalmente si siedono a tavola. Almeno per quei 15 minuti regna un minimo di calma. Poi il bambino riprende a correre e si ricomincia daccapo. Capricci e strilli così acuti che lo abbiamo ribattezzato "Aquila". Non siamo più solo noi ad osservarli con un sopracciglio inarcato, ma la cosa non sembra toccarli minimamente. Nemmeno quando guardi il bambino con aria fulminante mentre si accinge a varcare la soglia delle cucine, rischiando di essere messo sotto dal primo che esce, o resta nei pressi delle porte di entrata da cui si arriva al parcheggio.

Finalmente si avvicinano al bar, dove prendono il caffè.

Si rivestono e se ne vanno.

Sospiro di sollievo.


* Nome di fantasia

Scena 2:

Durante la cena

Altra famiglia, questa però non abituale. Madre, padre, due figli.

Anche loro si accomodano e attendono. La figlia fa i capricci, chiedono quindi di spostarsi all'esterno dove daranno meno fastidio.

Vengono serviti e iniziano a mangiare. Porto all'esterno dei caffè e mi intercettano sulla via del ritorno.

"Mi scusi, possiamo avere un sacchetto per portarci a casa la roba? I bambini fanno i capricci."

"Certo, torno subito."

Rientro e prendo il necessario, torno fuori. "Le posso dare una mano?"

"No, grazie. Faccio io."

"Grazie, arrivederci."

Dio sia ringraziato: esistono ancora.

Quelli così, non sono mai clienti abituali, vero?

Scena 3:

Tardo pomeriggio

Devono aver fatto una festa di compleanno: ci sono ancora palloncini ovunque. Ci sono i rimasugli di mamme e bimbi invitati, ma non ci faccio troppo caso: succede spesso nel weekend.

Prendo un caffè e mi siedo un attimo, aspettando che sia ora di andarsi a cambiare per entrare in turno. Li osservo: le mamme continuano a parlare, lasciando i bimbi liberi di invadere la sala. La mia collega in servizio sta pulendo i rimasugli della festa il più in fretta possibile, ormai è quasi ora di cena.

Iniziano ad entrare i primi clienti e i bambini stanno ancora giocando coi palloncini a tutta sala. Entra anche una mia collega, che si siede con me a mangiucchiare qualcosa.

"Solitamente adoro i bambini, ma stasera non sono proprio in vena."

"Io invece li odio, con qualche eccezione. Ce n'è qualcuno di educato e tranquillo... Secondo me il problema comunque non sono i bambini in sé, ma i genitori. Ti pare normale che stiano la a parlare mentre i figli lanciano palloncini e corrono fra le persone?"

"Si, vero. Io credo sarei una madre molto severa..."

Guardo ancora i bambini. Uno sta cercando di recuperare un palloncino da in mezzo le gambe di un uomo ignaro che sta osservando il menù.

"Vado a cambiarmi. Per quando entro, dovrebbero essersene andati."

"Vengo anch'io."

Incrocio lo sguardo con un collega che sta portando due vassoi, passando fra i bambini. Ci leggo ogni genere di imprecazione e sorrido amara. Sa che ho capito.

E la serata deve ancora iniziare.