A tavola con gli dei

La via del ben-essere

“Perché ho pensato ad Orizzonte scrivendo il libro”

2021-09-22 15:05:05

𝑺𝒊 𝒄𝒖𝒄𝒊𝒏𝒂 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒂 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒖𝒏𝒐, 𝒂𝒍𝒕𝒓𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒔𝒕𝒂𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒐 𝒑𝒓𝒆𝒑𝒂𝒓𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒅𝒂 𝒎𝒂𝒏𝒈𝒊𝒂𝒓𝒆.(𝑬𝒈𝒚𝒛𝒊𝒂, 𝑻𝒘𝒊𝒕𝒕𝒆𝒓)

...per scrivere un libro credo che valga più o meno la stessa cosa. Qualcuno nel cuore che ti anima e ti aiuta nel far scorrere le dita sulla tastiera lo devi avere... 

…quando entrai per la prima volta nell’Associazione Orizzonte ODV era nel 2012 e stavo svolgendo il mio tirocinio al termine del Master in Counseling Relazionale Mediacomunicativo.
Sentivo tutta l’agitazione per la nuova esperienza e il forte senso di inadeguatezza che ti pervade quando non sai cosa ti aspetta e non immagini né le tue emozioni, né le tue re-azioni.
Il contesto era totalmente nuovo, il settore d’intervento quasi sconosciuto, ma… fu un attimo. Bastò entrare, presentarmi ed iniziare ad ascoltare in modo totale ciò che vivevo… i ragazzi fecero il resto.
L’ Associazione Orizzonte ODV è una realtà di Francavilla al Mare, CH, che opera con i ragazzi diversamente abili o con disagio sociale. La presidente, Michelina Mattoscio la fondò ormai 29 anni per offrire un luogo a tutte quelle famiglie che avevano dei figli con delle disabilità così gravi da avere difficoltà ad essere inseriti nelle strutture esistenti, specialmente al termine delle scuole superiori.
Grazie agli operatori, ai volontari, ai ragazzi del servizio civile questa comunità (così potremmo definirla) ospita quasi 60 ragazzi delle provincie di Chieti e Pescara e con un approccio familiare basato su tante attività, laboratori ed iniziative, a prescindere da quale possa essere il disagio, la patologia, la problematica, la diversa abilità, permette ad ognuno di avere le sue responsabilità, i suoi impegni, i suoi doveri e, soprattutto, il suo ruolo.
Da utenti, ad Orizzonte, si diventa protagonisti della vita stessa della realtà. Ognuno dà quello che ha e fa ciò che può. Nessuno è escluso. E soprattutto, da volontari, tirocinanti, operatori… si entra convinti di essere di aiuto a qualcuno e si esce consapevoli di aver ricevuto più di quanto si è donato.
Quando iniziai a lavorare sulla scrittura de “Il Cibo come via, gli Archetipi come guida” insieme a Franca, si era da poco concluso il primo lockdown, quello più rigido, durante il quale tutta la nazione si era dovuta fermare. In quel tempo, che oggi ripensandoci sembra essere stato un secolo fa…, quando tutto venne chiuso, chiamai Michelina e le chiesi in che modo l’associazione si stava muovendo e come potevo essere loro di aiuto. I ragazzi erano a casa, le famiglie in forte difficoltà, gli operatori e i volontari erano sommersi da richieste di aiuto… Attivammo un servizio di sostegno a distanza*: due volte al giorno, divisi in gruppi, organizzavamo attività laboratoriali: disegni, lettura ad alta voce, teatro, recitazione, cruciverba, il gioco dell’impiccato… e piano piano, così facendo, ripristinammo le routine giornaliere, le piccole buone abitudini.
Tra le varie abitudini sulle quali noi operatori cercavamo di portare l’attenzione per verificare che venissero svolte in autonomia, correttamente… una che sollevava particolarmente interesse in ogni videochiamata, era quella per il momento dei pasti.
Può sembrare banale: tutta l’Italia in quei giorni non faceva altro che parlare di cibo, perché mi stupivo che lo facessero anche dei ragazzi diversamente abili? Perché quell’argomento non soltanto era trasversale, coinvolgente per tutti… ma perché era una via per parlare di tanto altro, per raccontare di momenti familiari, di ricette, di disagi e di difficoltà…
Nonostante fossi consapevole dell’enorme potere che il cibo e il mangiare ha sulle persone, era come se in quel momento mi fosse arrivata la conferma. Ed ecco che parlare dei propri pranzi, di come si era fatta la colazione, dell’orario della merenda… era un modo per me, per leggere un equilibrio, un disagio, un benessere, una complicità.
Tornati in presenza con attenzione e cautela il centro ricominciò le sue attività. Compreso la mensa. Si apparecchiava, si mangiava insieme, si sistemava la cucina subito dopo… e talvolta, con 2-3 ragazzi si preparava la merenda per gli altri. Mettere le mani in pasta, osservare il cambiamento di consistenza durante le preparazioni, assaggiare un piatto dove si è aggiunta una spezia diversa… ogni volta era un modo per cogliere una risorsa, trasformare un muso lungo in un sorriso, lavorare sulla capacità manuali, attentive, potenziare la collaborazione, facilitare le relazioni
Attraverso il cibo si poteva comunicare, entrare nel mondo dell’altro, magari di un ragazzo autistico. Si dice tecnicamente che il cibo sia un “rinforzo” per premiare o punire in risposta a dei comportamenti funzionali o meno. Io dico che in alcuni casi è proprio la traduzione di un messaggio.
E’ affascinante mangiare in associazione. A volte è stancante. Alcuni giorni ti toglie la fantasia e la pazienza di fare qualunque cosa. Attraverso il cibo si aprono vie di comunicazioni, si attivano dei canali, ci si emoziona… e tutto questo va “gestito”. Fin da piccoli le nostre famiglie ci educano alla gestione. Quando il volume è un po’ troppo alto potremmo perfino parlare di controllo e repressione. Impariamo a mangiare seduti, a non rimetterci troppe volte la stessa pietanza, a lasciare che tutti i commensali abbiano la loro porzione, a non esagerare perché altrimenti ingrassiamo…
Con la disabilità tutte queste attenzioni sono difficili da trasmettere. Il cibo è gratificazione. È appagamento. È la risposta ad uno stimolo, un modo per vivere le emozioni, per entrare in contatto con il mondo emozionale. Difficile spiegare tutto questo. La gestione del cibo diventa così la gestione delle emozioni e viceversa. E se mangiare è la risposta ad uno degli istinti primari che l’uomo ha, la gestione del cibo con la disabilità ti porta a fare i conti con quegli istinti che noi tanto spesso allontaniamo ma che loro ci mettono davanti. Nudi e crudi. È un’arma a doppio taglio. Un modo di potersi relazionare, un terreno comune sul quale dialogare pieno di insidie e dove, ancora una volta, ancora di più, è necessario saper ascoltare. Sé stessi e l’altro.
Quando iniziai a scrivere questo libro che parla di cibo, ma anche e soprattutto di noi e del nostro mondo relazionale pensai ai ragazzi dell’Associazione Orizzonte ODV: pensai a loro e alla loro dote innata di saper mettere le mani in pasta sempre, anche per fare pasticci… alla loro capacità di sapersi sporcare, mettere in gioco, di ridere, di emozionarsi… e decisi che una parte, seppur piccola, di questo progetto sarebbe andata a loro.
Per ogni libro venduto, 1€ sarà devoluto in un progetto solidale a sostegno dell’Associazione Orizzonte ODV (www.associazioneorizzonte.it)
Se sei in Abruzzo, giovedì 23 settembre ore 17.30 presso il Ristorante Vittoria Beach di Francavilla al Mare ci sarà la prima presentazione ufficiale del libro. Prendi nota e contatta il 3471692195 per prenotare il tuo posto! Sarà per noi un grandissimo piacere!
Se hai voglia di condividere la tua esperienza, entrare in contatto con me, inviarmi un feedback, scrivi pure una mail a [email protected]!
AUTRICE: 𝐺𝑖𝑢𝑙𝑖𝑎 𝐷𝑖 𝑆𝑖𝑝𝑖𝑜, 𝑙𝑎𝑢𝑟𝑒𝑎𝑡𝑎 𝑖𝑛 𝑉𝑖𝑡𝑖𝑐𝑜𝑙𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑒𝑑 𝐸𝑛𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑎, 𝑑𝑖𝑝𝑙𝑜𝑚𝑎𝑡𝑎 𝑖𝑛 𝐶𝑜𝑢𝑛𝑠𝑒𝑙𝑖𝑛𝑔 𝑅𝑒𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑀𝑒𝑑𝑖𝑎𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑖𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜, 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑡𝑎 𝑖𝑛 𝐶𝑜𝑢𝑛𝑠𝑒𝑙𝑖𝑛𝑔 𝐺𝑎𝑠𝑡𝑟𝑜𝑛𝑜𝑚𝑖𝑐𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑝𝑖𝑠𝑐𝑒 𝑖𝑙 𝐶𝑖𝑏𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑓𝑜𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑛𝑢𝑡𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑜𝑙𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑒 𝑢𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜 𝑠𝑢 𝑠𝑒́ 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑖: 𝑎𝑡𝑡𝑟𝑎𝑣𝑒𝑟𝑠𝑜 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑐𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑎𝑙𝑐ℎ𝑒𝑚𝑖𝑐𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑣𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑐𝑖𝑛𝑎, 𝑙’𝑢𝑜𝑚𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎, 𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎, 𝑐𝑟𝑒𝑎…𝑒 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑎 𝑙𝑒 𝑠𝑢𝑒 𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀, 𝑙𝑎 𝑔𝑒𝑠𝑡𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑟𝑖𝑠𝑜𝑟𝑠𝑒, 𝑙𝑎 𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡𝑎̀ 𝑑𝑖 𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑏𝑙𝑒𝑚 𝑠𝑜𝑙𝑣𝑖𝑛𝑔.

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