L'ultima tentazione di Cristo: il Cristo più autentico di sempre
"L'ultima tentazione di Cristo", di Martin Scorsese, lo scorso agosto ha compiuto 30 anni. Eppure, a quanto mi risulta, è un film ancora sconosciuto al 90% del pubblico italiano. La ragione è semplice: il film descrive un Cristo umano, fin troppo e per questo è stato sempre censurato e osteggiato...
La censura della chiesa cattolica
il film descrive un Cristo umano, fin troppo e per questo è stato sempre censurato, osteggiato e boicottato dal Vaticano. Pensate soltanto che, in trent'anni, una sola TV (di quelle minori, Odeon mi sembra di ricordare) ha avuto il coraggio di trasmetterlo. Del resto, anche negli Stati Uniti, all'inizio non fu semplice per Martin Scorsese portare sul grande schermo la figura del Cristo descritta dai Vangeli apocrifici (ossia non ufficiali). Infatti L’ultima tentazione di Cristo», sceneggiato da Paul Schrader (penna di «Taxi Driver», 1976 e «Toro scatenato», 1980) uscì in nove sale americane il 12 agosto 1988 solo grazie al sostegno di un gruppo di colleghi registi, capitanati da Clint Eastwood. Infatti la Chiesa Evangelica aveva proposto alla Universal il rimborso completo del budget pur di poter acquistare il negativo originale per distruggerlo pubblicamente, mentre picchetti e manifestazioni (anche violente) avevano accompagnato l’intera lavorazione della pellicola, basata sull’omonimo romanzo di Nikos Kazantzakis, letto e studiato da Scorsese durante le riprese di «America 1929 – Sterminateli senza pietà» (1972). Ma dove stava lo scandalo? Nel fatto che l’ultima tentazione del titolo (quella che Gesù affronta sul Calvario) sia la possibilità di avere una vita normale, serena e anonima, non come Messia, bensì come uomo qualunque e marito, prima di Maria Maddalena e poi di Marta, sorella di Lazzaro. Davanti a una sfida simile (all’epoca Dan Brown non aveva ancora pubblicato «Il Codice Da Vinci» e ogni allusione a un’ipotetica vita affettiva di Gesù era da scomunica immediata), non c’è da stupirsi che il fido Robert De Niro non si sia sentito all’altezza di interpretare un Gesù provato dai dubbi, portando Scorsese a scritturare Willem Dafoe, affiancato da Harvey Keitel (Giuda), Barbara Hershey (Maddalena) e David Bowie (Ponzio Pilato). Oggi il film è stato sdoganato quasi ovunque - tranne, per l'appunto, nel nostro paese medievale dove di fatto comanda ancora la chiesa cattolica - ma, trent’anni fa, solo il vescovo di New York lo sostenne apertamente. L’Europa lo rifiutò e i cattolici italiani protestarono contro la sua partecipazione alla Mostra del Cinema di Venezia.
Il Cristo di Scorsese: un personaggio autentico e altamente simbolico
Per Martin Scorsese è stato molto difficile realizzare L’ultima tentazione di Cristo. E questa, in realtà, è una prerogativa di gran parte delle pellicole di cui abbiamo parlato nella nostra rubrica. Film che, per un motivo o per l’altro, nessuno voleva fare. E in questo caso è facile intuire perché.
Portare sul grande schermo l’omonimo romanzo di Nikos Kazantzakis, voleva dire anche prendersi un bel bagaglio di responsabilità in omaggio, aprire l’ombrello per mettersi al riparo da una pioggia di critiche e accuse varie che sicuramente sarebbero arrivate, molto probabilmente da chi quel film neanche l’aveva visto ma aveva deciso di odiarlo a priori.
Proteste che sono arrivate e anche in maniera pensante. Come ad esempio in Francia, dove alcuni gruppi di cattolici fondamentalisti decisero di scagliarsi contro quest’opera dimenticando la “carità cristiana” e incendiando alcune sale cinematografiche.
Martin Scorsese, però, aveva questo sogno (e ovviamente non aveva idea di quello che sarebbe successo). Voleva portare sul grande schermo una versione inedita di Gesù Cristo, in grado di riflettere il connubio tra umano e divino lasciando però più spazio alla componente umana.
Martin Scorsese voleva fare quello che le altre pellicole a sfondo biblico non avevano mai osato: farci entrare nella mente del Messia, farci sentire i suoi pensieri, renderlo una figura lontana dalle rappresentazioni solenni, per certi versi schematiche, che erano state portate sul grande schermo. Perché gli uomini sono tormentati da dubbi, sono soggetti a tentazioni, fuggono istintivamente di fronte alla paura. E Gesù era anche un uomo. Un uomo debole, peraltro, travolto dai dubbi e dalle debolezze di una condizione umana che dà scandalo, interagendo col ruolo di Messia come farebbe un uomo qualunque (anzi, con ancor meno determinazione di alcuni dei suoi discepoli).
È una prospettiva pericolosa, senza dubbio provocatoria e ovviamente destinata a incontrare il muro dell’inaccettabilità da parte di molti: sia l’autore che il regista lo sapevano e non si sono arrogati il diritto di protestare contro gli attacchi. Eppure, dietro a quest’opera c’è un ambizione importante e per certi versi riuscita: quella di costringere lo spettatore a entrare dentro al paradosso della figura di Gesù, divina e umana allo stesso tempo, e usarla per ragionare sulla coscienza dell’Uomo di fronte alla parola di Dio. Il “Gesù incerto” dipinto nel film non è figura adatta a dare insegnamenti, ma è sicuramente efficace nel rappresentare le debolezze umane, le difficoltà dell’uomo peccatore nell’essere figlio di Dio. È l’identificazione con una figura vicina a noi ad essere efficace: cosa faremmo noi umani se durante la nostra vita terrena ricevessimo una missione direttamente da Dio? Saremmo in grado di metterla in pratica? Ancora prima: saremmo disposti ad accettarla? Il Gesù debole diventa dunque uno specchio della condizione dell’essere umano nel momento in cui discende su di esso la parola di Dio. Certo, vedere Gesù costruire croci per i romani e tenerle ferme mentre i soldati crocifiggevano gli ebrei, o peggio ancora consumare a letto un improbabile matrimonio con Maria Maddalena, da cui avrà figli, è una dura prova da superare, per quanto buona possa essere l’intenzione. Il film si divide fondamentalmente in tre fasi: la prima, quella del dubbio, in cui Gesù non è ancora completamente disposto ad accettare il ruolo di Messia, è tormentato dai dubbi e dalla paura e non è pienamente padrone delle proprie azioni; la seconda, in cui Gesù persegue la missione divina nel modo raccontato dalle Scritture (è la parte più fedele ai Vangeli, sebbene anche qui Gesù mostra contraddizioni con sé stesso – “prima predicavo amore, ora battezzerò il mondo con il fuoco”); la terza, la caduta di Gesù, che rinuncia al sacrificio della croce per vivere una vita terrena che una parte di sé crede di meritare, accompagnato da un angelo custode che poi si rivelerà essere Satana, fondamentalmente il cedimento alla tentazione del Diavolo, del quale viene comunque perdonato da Dio negli ultimi istanti del film.
Proprio per questa contraddittorietà, mista a debolezza, il Cristo del film di Scorsese - basato sul romanzo di Nikos Kazantzakis e sui Vangeli Apocrifi - è il più autentico mai uscito sugli schermi. Se anche tu fai parte di quella buona fetta degli italiani che, per pregiudizio cattolico o semplice mancanza di conoscenza dell'esistenza del film, non lo hai ancora visto, ti suggerisco di farlo il prima possibile...e BUONA PASQUA !