Tatuaggio: percezione e lavoro
Breve riflessione sulla percezione del tatuaggio nella società e effetti di tale percezione sul lavoro
I tatuaggi esistono da sempre e nel corso degli anni, delle epoche, hanno mutato di significato. Il loro impatto é diverso anche di cultura in cultura.
Concentrandoci sull'Italia di oggi e di ieri possiamo dire che ci sono molte differenze.
Un tempo il tatuaggio era considerato prettamente un marchio da carcerati, persone insomma poco raccomandabili e dalle quali stare alla larga. Ovviamente non é più così, non é più un arte "solo" da carcere, eppure molti ancora reputano le persone tatuate o "troppo tatuare" come poco di buono, persone che é meglio evitare o che comunque possono permettersi di fare solo pochi lavori perché non é bello vedere qualcuno a contatto con il pubblico che sfoggia i suoi tatuaggi su viso, collo, mani, avambracci...
La mia domanda é perché?
Perché molte persone ancora pensano cose del genere? Perché si etichetta una persona e la si categorizza per la scelta di usufruire delle doti di artisti, perché un tatuatore é a tutti gli effetti un artista?
E non é una questione di generazioni, non sono solo le persone anziane che criticano/discriminano le persone tatuate é una cosa più generalizzata, come può esserci l'anziano può esserci anche il vent'enne.
Ho letto poco tempo fa un annuncio di lavoro nel quale si specificava che non si volevano persone con tatuaggi sul viso, senza specificarne il motivo. Penso che senza dare una motivazione valida questa specifica rientra nel concetto di discriminazione.
Voi cosa ne pensate?