Mie foto e storie dal 1965 al futuro
Racconto di viaggio in nave
Gennaio 1976 - Porto di Genova - Transatlantico Guglielmo Marconi
Tratta Genova > Rio De Janeiro - durata viaggio 13 giorni
Premessa
Alcuni di voi potrebbero trovare alcune frasi del mio racconto non congruenti con la attuale concezione del "politically correct" ( nella mia lingua "politicamente corretto"), l'ho scritto nel 1976, ovvero 45 anni fa, quando certe parole erano di uso comune e non erano intese come offese, non è mai stata mia intenzione insultare nessuno, né oggi né allora.
Qui di seguito alcuni link in cui sono spiegati l’origine e lo sviluppo del “politically correct”.
Wikipedia- Politicamente_corretto
Treccani - Politically correct
Treccani - Politically correct ( Enciclopedia dell'italiano)
l'innegabile degenerazione del politicamente corretto
La dittatura del politicamente corretto
Politically correct blog posts
Con rispetto per tutti, sempre, vi auguro buona lettura e buona giornata.
Gennaio 1976 - Porto di Genova - Transatlantico Guglielmo Marconi
Tratta Genova > Rio De Janeiro - durata viaggio 13 giorni
Un monotono scricchiolio fu la causa del mio risveglio, solo allora mi resi conto del rullare della nave, un leggero senso di insicurezza mi pervase, non potevo aver dormito tranquillamente in quelle condizioni.
Alla partenza il soffrire il mal di mare era una delle tante preoccupazioni che invade una mente che deve prepararsi ad affrontare un anno lontano da casa, dagli affetti, dal lavoro e dalle odiate ma stimate abitudini ed al momento dell'imbarco tutto si tramutava in un silenzio astratto, come se la mente si fosse staccata dal corpo che proseguiva meccanicamente ad agire.
Le cose dimenticate rimanevano compagne dei nostri cari, commossi sulla banchina.
La terra con le sue luci si allontanava sempre più, le navi in porto sempre più piccole e soavi nel loro delicato movimento, sembravano un grande plastico ricostruito da un appassionato modellista, i miei pensieri si accavallavano in maniera cosi sorprendente che non potevo seguirli, ne comprenderli, come se tutta la mia vita passata dovesse essere stipata in una scatola di giochi, alla rinfusa, come da bimbi si è soliti fare, e come poter trovare in un attimo i pensieri importanti, quelli che ci hanno dato qualcosa intimamente? Il caso era padrone assoluto.
Provai ad alzarmi, l'equilibrio era precario, Freddy, mio compagno di viaggio, dormiva ancora tranquillamente, la cabina pur essendo per quattro, ma divisa solo da noi due, sembrava la cella di una lussuosa galera, considerando che di lussuoso c'erano soltanto le nostre cose. Per terra c'era un foglio con il programma del giorno, divertente nelle sue speranze, monotono nelle sue conclusioni, era tutto talmente programmato che pensavo di svegliarmi al canto del gallo e fare io stesso, insieme a tutti gli altri "coccode" per tutto il giorno, anche qui non eravamo null'altro che numeri in una grande stia chiamata nave.
Freddy con la sua mania di leggere Molière, ha subito cercato di immedesimarsi nel "malato immaginario" e descrivermi i suoi sempre più numerosi acciacchi, arriverà il giorno in cui non avrà più parti del corpo da poter far ammalare e forse smetterà. Non posso neppure dargli consigli, visto che lui li trova sempre troppo imprudenti ed azzardati
La conoscenza di un cameriere ci ha portato alla realtà dei disordini che oggi vegliano sulla nostra cara e tanto imprevedibile Italia; uno sciopero avvenuto a bordo, nella notte, quando tutti dormivano, ci ha riportato per quattro ore verso la nostra terra, i motori si sono fermati ed hanno ripreso a muoversi in direzione del ritorno, mentre noi ignari sognavamo la calda stagione che presto avremo incontrato. Il personale di bordo, tutti nativi dall'oltre Tevere in giù, ormai anche loro dotati di una coscienza politica, tramavano vendetta alle nostre spalle, il pensiero della famiglia e soprattutto del denaro occorrente per i dieci o dodici bimbi, che affamati , avrebbero potuto vendicarsi su questa insana decisione, li ha riportati sulla rotta stabilita ed eccoci in vista di Barcellona con quattro ore di ritardo. Due ore di porto sotto gli occhi vigili della Guardia Civil, l'ora ed il poco tempo disponibile ha fatto rinunciare a molti il toccar terra di Spagna.
Freddy è già semidistrutto, un leggero mal di gola accompagnato da un ancor più leggero raffreddore l'hanno costretto a non reggersi più bene e cercare continuamente appoggi, sedie o ancor meglio letti.
La gente vaga per la nave tra un bar e l'altro, i più divertenti sono coloro che sbattono letteralmente il muso sulle porte chiuse che dividono la classe turistica dalla prima, dopo le prime medicazioni del caso, tornano sui loro passi, un po' invidiosi e un po' curiosi, chissà che lussi dall'altra parte? Io e Freddy abbiamo avuto il piacere di passarci buona parte della prima serata ma l'unica differenza é che l'aperitivo ed il caffè costano più cari, forse la sola cosa che rimpiango é la vista di una dolce ragazza, probabilmente brasiliana, che con i suoi capelli neri e quel muoversi istintivo, quasi animalesco, mi ha affascinato, ogni tanto mi appare dietro a qualche porta chiusa, ma l'amore abbatterà tutti questi muri invisibili che mi tengono lontano da lei.
Ben presto la mia mente viene attratta da Nissinga, una vera Matogrossiana, che con un eterno sorriso, tra urletti e saltini mi ricorda una piccola scimmietta che non si è ancora abituata alla cella della civiltà e come è facile guardando quegli occhi neri, che sembrano tutta pupilla senza iride, perdersi nei pensieri della libertà che emana ovunque intorno a sé. Quel suo modo di parlare, tutto scatti, con strani accenti,con varietà di tono tutto messo indifferentemente, senza preoccuparsi se sta scherzando o parlando seriamente, mi trasporta in questi posto dove la sua infanzia è passata, tra mille disagi che pensa di avere passato e i mille piaceri che noi difficilmente potremo capire, ma che intimamente sogniamo, e non faccio paragoni con le pseudo-donne che conosciamo. La spontaneità, la gioia, la tristezza e tutte le sensazioni fanno parte dei suoi sguardi, dei suoi movimenti, delle sue espressioni, ma non c'è nulla di preparato, di educato, di falso, ogni attimo della sua vita è vita, ogni passo è il domani con quello che verrà. Spesso il mio pensiero si è fermato a valutare la realtà che circonda la nostra società ed è quasi una logica conseguenza scoprire come siamo abituati a seguire il nostro interesse, vivendo d'ipocrisie, di falsità, di dei fantasmi creati dal consumismo, ogni giorno è una lotta continua contro gli altri per evitare di essere noi le vittime e prima per timore e non per gioia, come schifosi assassini siamo contenti di "uccidere" abituandoci a farlo. ma la sera guardandoci nello specchio della nostra anima, chi non vorrebbe mandare tutto all'aria e quando i vapori fumosi di questa esplosione, piano piano se ne vanno, sperare di poter trovare una vita calma tra gente come Nissinga, che oggi ha un tozzo di pane da mangiare, ma tutto è ugualmente bello e l'amore per gli altri è sempre amore, dove ognuno di noi sogna di essere, vivere e poter morire.
Il viaggio sempre più lungo e sempre più monotono prosegue lasciando dietro se gli indescrivibili cieli dell'equatore, dove strati su strati di nuvole si rincorrono e rifuggono dal sole come in un gioco, dove viene voglia di alzare un braccio e toccarle come fossero ovatta dai mille lucenti colori, rimane indietro anche la vana speranza di poter distinguere all'orizzonte , dove finisce il mare ed inizi il cielo. Ormai si sta allontanando quel vento caldo appiccicoso che fa sembrare di essere in un bagno turco e piano piano si abbassa anche il volume della radiolina di un marinaio che immancabilmente è riuscito a captare una stazione italiana che sibilando annunciava la vittoria del Napoli contro non so quale squadra e..... la gente intorno a me continua a credere di divertirsi, sfiatandosi nelle onnipresenti samba che l'orchestrina di bordo suona alla napoletana. Il vortice è pericoloso e quando ti rapisce sei morto ancora prima di ricordarti che stai morendo, se hai vissuto.
Il cameriere, all'alba ci viene a svegliare, il mare è calmo ed il cielo è coperto, un grigio profondo, basso sulle colline che circondano Rio de Janeiro, mi fa intristire, di un tratto tutto il caldo, le palme a lungo sognate ora appaiono tutte uniformi, senza colore, senza contrasti, i noti colori tropicali hanno perso il loro sapore, la loro scoperta, delusi andiamo sul ponte per ammirare questa meravigliosa città.
Tutto piano piano, come in un film al rallentatore, finalmente la nave appoggia la prima passerella in terra brasiliana. Siamo arrivati alla prima destinazione, rivedremo le vecchie care facce degli amici partiti un mese prima di noi, sembra quasi una rimpatriata.
All'improvviso, dopo aver fatto tutte le pratiche doganali, il sole ci appare in tutta la sua immensità, la città prende le sue tipiche tonalità sudamericane, gente di tutte le razze, con i vestiti cosi colorati che sembra vogliano fare a gara con la natura, con il disordine e l'allegria nel cuore e tanta passione del far niente nella mente.
Gennaio 1976