Cristiana Lenoci

Blogger, redattrice web

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Metti una giornata in Masseria: ecco cosa gustare sui Monti Dauni

2020-05-31 13:07:16

Esplorando il territorio dei Monti Dauni, in provincia di Foggia, ci si imbatte in numerose masserie e agriturismi che realizzano la filiera corta e offrono una cucina prelibata a chilometro zero, ricca di ortaggi ed erbe spontanee, che rendono ogni degustazione un’esperienza unica ed irripetibile.

Qui il cibo va assaporato con tutti i sensi: possiamo ben dire che ogni piatto ha la sua storia, da ascoltare e condividere. La natura di questi luoghi è generosa, ed offre prodotti e materie prime veramente speciali.


Cominciamo il nostro percorso culinario con gli antipasti e stuzzichini: acqua sale (pane raffermo bagnato) e caudielle (pane tostato), condite con olio, pomodori e origano; nodini di mozzarella, spesso realizzati direttamente sotto i vostri occhi, tortini di verdure; polpettine di pane; pizze fritte da accompagnare a salumi e formaggi.


L’uso delle erbe spontanee è l’elemento che caratterizza la tradizione culinaria locale. Nei borghi che costellano i Monti Dauni, infatti, la pasta si accompagna spesso alle “foglie”, creando ricette uniche e gustose. Oltre alle erbe spontanee che si trovano nei campi ì in diversi periodi dell’anno, questi luoghi della Puglia sono altrettanto ricchi di erbe aromatiche profumate: origano, timo, rosmarino, aneto, menta, basilico.


Per quanto riguarda i primi piatti a base di pasta, ci si può deliziare con i c’catiell, acc e patan (cicatelli con sedano e patate), o con vurraine e fasule (borragine e fagioli) recchietell e marasciuol (orecchiette e marasciuoli), o con i tall/tadd e’checozz (talli di zucchina)e pizzelle e foglie. Tra i primi piatti tipici dei Monti Dauni ci sono anche lavanell e fasul (laganelle con i fagioli). Un piatto tipico che si prepara invece a Lucera è il “mambrikule”: pasta di semola con prezzemolo, uova, formaggi, sminuzzata a mano e condita con sugo o brodo di carne, simile al couscous nell’aspetto.


I secondi di carne vedono il trionfo del maiale, il cui possesso da parte delle famiglie contadine era sinonimo di benessere e abbondanza. Tradizionalmente macellato in inverno, dalle sue carni si ottengono prodotti che garantiscono una dispensa piena per parecchi mesi: prosciutto, salsicce, capocollo, cutechine (salsiccia di cotica e grasso aromatizzata all’aglio), lardo. Uno dei metodi più antichi usati per conservare le salsicce è quello di metterle sotto “sugna”, ovvero nello strutto dello stesso maiale.


Il piatto più legato alle tradizioni è sicuramente il soffritto o la fritticella, che prevede l’uso di diverse parti del maiale, che vengono appunto fritte con peperoni all’aceto, patate, olive nere.


Sempre tra i secondi carne vanno menzionati l’involtino di cotica di maiale con i fagioli; il ragù di carni miste (da far cuocere molto lentamente e per ore), la braciola in sugo di pomodoro con all’interno formaggio grattugiato, aglio e prezzemolo, e Sua Maestà la Frittata in tutte le sue varianti, la maggior parte con ortaggi e verdure.


Sulla brace vengono invece preparati i torcinelli, che sono budella di agnello, ripiene di animelle, prezzemolo, pecorino. Ma i secondi non prevedono l’uso esclusivo di carne. Tipiche dei Monti Dauni sono le melanzane ripiene o in parmigiana, polpettine di carne al sugo, verdure “maritate” (ovvero stufate con carni), carciofi ripieni, “ciambottella” o stufato di ortaggi. Fra i latticini freschi primeggiano la mozzarella fiordilatte, il canestrato e la ricotta. Sui Monti Dauni è un tripudio di formaggi stagionati: i pecorini, le scamorze, il caciocavallo, tra cui spicca soprattutto quello di Monteleone di Puglia.


E che dire dei contorni? Sono vere e proprie delizie per il palato: insalate fresche, ortaggi saltati in padella, fiori di zucca impastellati e fritti, involtini di melanzane fritte con ripieno di menta, “friarielli”(peperoni verdi fritti), peperoni, patate, cipolle e pomodorini fritti o stufati, e ancora, funghi prataioli e cardoncelli.


Naturalmente a tavola, con queste specialità, non può mancare il vino, quello buono, prodotto nei vitigni locali e particolarmente rinomati per la loro bontà e genuinità.


Il Nero di Troia è un vitigno autoctono, e dopo il Negramaro e il Primitivo è la terza varietà pugliese a bacca nera per il numero di etti coltivati. Pare che anche l’Imperatore Federico II amasse bere il corposo vino di Troia (DOC), la cui origine di fa risalire mitologicamente all’arrivo di Diomede nelle terre di Puglia. La qualità “Summarello” presenta un grappolo cilindrico ed acini più piccoli, ed è prodotto in quantità limitate nella sola città di Troia e nelle zone limitrofe.


Poi c’è il buonissimo “Cacc’e mmitt” di Lucera (DOC) dal particolare colore rosato, dovuto all’obbligo, per chi lo produce, di utilizzare fino al 30%si uve bianche per la sua vinificazione, ma la maggior parte del suo sapore lo si deve all’uso di nero di Troia e sangiovese.


Il Tuccanese (IGT) è anch’esso un antico vitigno autoctono che ha rischiato l’estinzione. Fortunatamente la sua esistenza è stata preservata grazie alla perseveranza di alcuni produttori vinicoli di Orsara di Puglia (Fg).