Cristiana Lenoci

Blogger, redattrice web

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Locavorismo: cosa significa, applicazioni pratiche

2020-04-18 14:09:02

Lo scorso anno è stata approvata alla Camera una proposta di legge per la valorizzazione e la promozione de prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta e a chilometro zero. I due concetti, per quanto simili, presuppongono un approccio economico un po’ differente. Vediamolo insieme.

I prodotti a km 0, infatti, sono alimenti prodotti (ed eventualmente trasformati) e commercializzati in un raggio territoriale di massimo 70 km. I prodotti a filiera corta, invece, presuppongono la “cancellazione” dei cosiddetti intermediari e, quindi, un concetto tipo “dal produttore al consumatore”. 


In realtà, al massimo è ammesso un intermediario, in quanto può accadere che il contadino non disponga di locali o del personale addetto alla vendita e, quindi, è consentita la vendita in piccole botteghe di pase o simili.


Che cos'è il Locavorismo


Con questo termine si indica uno stile alimentare basato sul solo consumo di prodotti locali, nel pieno rispetto della stagionalità dei prodotti e dell’ambiente. Usato in contrapposizione al concetto di “globalizzazione”, mira a favorire lo sviluppo e la sopravvivenza dei piccoli produttori locali.


Tuttavia, alcuni studi condotti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna hanno rivelato che l’emissione di gas serra legata al trasporto degli alimenti impatta per il 9-11%  sul costo totale, mentre il volersi ostinare a coltivare prodotti in luoghi vicini ma inadatti, comporta spesso un impatto disastroso sull’ecosostenibilità e sulla salute del Pianeta.


Per fare un esempio, le emissioni di carbonio derivate dalla produzione dei pomodori nel Regno Unito, attraverso l’uso di serre riscaldate, risultano essere quasi quattro volte maggiori rispetto a quelle prodotte dalle coltivazioni in Italia, forse non a km zero, ma ben più ecosostenibili.

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