Cristiana Lenoci

Blogger, redattrice web

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Il Pane diventa "Social": arrivano i forni di comunità

2019-01-26 14:04:16

Autoproduzione, condivisione, risparmio, sostenibilità: sono questi i concetti alla base dei forni sociali o "di comunità", messi a disposizione da chi vuole cuocersi il pane da solo, scegliendo gli ingredienti più genuini e preferendo una cottura non industriale. In passato esistevano i "forni di quartiere", poi la tradizione si è persa, anche per l'avvento della grande distribuzione. Oggi, probabilmente anche a causa della crisi, c'è una riscoperta dei forni di comunità. Negli ultimi anni ne sono nati parecchi, soprattutto nei quartieri popolari delle grandi città e nei piccoli paesi, dove (per fortuna) persiste un maggiore livello di socialità e condivisione.

Come si procede

In genere i forni sono gestiti da associazioni e volontari. Per averli a disposizione ad un orario specifico si possono prenotare con una telefonata o un messaggio. Il forno può diventare un luogo in cui stringere relazioni sociali, ma anche dove scambiare consigli su come panificare. Di solito ognuno porta da casa l'impasto già pronto, mentre in alcuni casi si può lavorare sul posto la propria pagnotta, acquistando lieviti e farine da coltivatori locali. La filiera quindi diventa cortissima, a km zero e quindi genuina: da chi semina il grano direttamente a chi mangia il pane. In genere l'utilizzo dei forni di comunità è gratuito, solo alcune volte viene chiesto il contributo di un euro.

Quanto si risparmia

Alla base di questa scelta ci sono la voglia di tornare alle antiche tradizioni contadine, il desiderio di contribuire alla sostenibilità alimentare, recuperare un senso di comunità e, soprattutto, la necessità di risparmiare. Una famiglia di 4 persone spende per l'acquisto del pane circa 4 euro al giorno (120 euro al mese), oltre 1.400 euro all'anno. Con un forno sociale, il risparmio è cospicuo, può arrivare al 50%

Dove si trovano

Ci sono forni autogestiti da comunità locali e associazioni: a Roma, Bari, Cuneo, Bologna, Reggio Emilia, Genova. Ci auguriamo che questo trend coinvolga presto anche altre città e paesi italiani.