Aristotele poneva, tra le condizioni della felicità, la “conoscenza di sé” (gnõthi seautón). Quando non conosciamo noi stessi, prendiamo in prestito i nostri desideri, i nostri sogni, le nostre aspirazioni dagli altri.
I famigliari, i colleghi, gli spot pubblicitari, i media veicolano dei modelli di felicità (successo, denaro, relazioni ideali ) che non sempre corrispondono alle nostre vere esigenze.
In questo senso chi è infelice è colpevole della propria infelicità: ha cioè desiderato qualcosa d’incompatibile con i bisogni del suo Io, che del resto non si è nemmeno preso la briga di conoscere.
E voi, amici #Camers, cosa rispondereste alla domanda: "Sei felice"?