VegChef diVerso

Parole e poesia per la cucina

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Parole e poesia per la cucina

Porçel, di Ernesto Calzavara. E il karma del maiale.

2021-03-17 08:53:23

Una tenerissima poesia di Ernesto Calzavara, poeta dialettale di Treviso. E qualche considerazione sul mangiare vegetariano o mangiare carne.

Porçel

Benedeto ti porçèl, che te me vardi mastegando contento e sgrufolando, mi che son tuto rabaltón dentro, pien de inutili afàni.
No aver ani, ma giornicome ti, ghe voràve.
Porçèl, muso sporco de fango che te magni i peri crui cascài par tera.
(El vento fa bógiar le foiee scarùffa le péne a le galine in cortivo...).
Porçèl, tuto panza e lardo duro,scorza de álbaro vecio, bon.
(I pulzini no scampa gnancaco i te vede, piavolòto imbotìo...).
Varda sù porçel:ghe xe ’na nuvola leziera lezierache svola pian in çiel.
Varda che bei fiori zai sul prà, l’oseléto contento che se neta le ale col bèco.
Porçèl mio bel rosaco’ le reciéte alte sul sgrugnoe po’ piegade in zó sui oci, muso da paiàzo.
Gatu magnà ben, vecio? Situ passù?
Ernesto Calvazara

La poesia è in dialetto veneto, spero che si capisca.
Non mi azzardo neppure a tradurla, credo che richieda un lavoro di giorni, e di fatto sia impossibile riprodurla in lingua.
Non ho idea di come si potrebbe ad esempio tradurre "piavolòto imbotìo"...
E' una poesia bellissima.
Come in altri lavori di Ernesto Calzavara, poeta dialettale trevigiano non molto conosciuto, anche se suoi lavori sono stati letti e diffusi di recente da Marco Paolini (qui trovate un link a una delle sue letture), si coglie una sensibilità e una empatia con le cose del mondo, che viene letto con uno sguardo triste e consapevole della decadenza, ma capace di arrivare al cuore, capace di leggere se stesso e la propria avventura umana nella descrizione dei suoi "compagni di viaggio", siano essi le "parole màte", un povero cane scarruffato per strada (bellissima anche la poesia "Can"), o questo maiale che ci guarda dritto, negli occhi dell'anima. 

Mangiare carne?

Perché sì, perché no? 
Ora vi scrivo quel che penso io.
Questa poesia tenerissima non ci dice quel che dobbiamo fare.
Nulla ci può dire, a mio avviso, quel che dobbiamo fare, se non il nostro cuore e la nostra personale, intima verità.
Questa poesia ci dice che il mondo in cui abitiamo e ci muoviamo, il mondo che la nostra visione sensibile ci invita a pensare "altro da noi", ci è invece incollato e appiccicato addosso come un "chewing gum" sotto le scarpe, espressione un po' greve ma molto efficace che ebbe a propormi un amico americano tanto tempo fa, conversando insieme di Zen e buddhismo.
Il mondo esterno a noi siamo noi.
Il maiale che ci guarda è il nostro sentire. E' un essere vivente, in questo caso, di cui possiamo cogliere l'intima essenza, la dolorosa esperienza di vita, o la gioiosa volontà di gioco se è piccolo e salta per il campo recintato.
Il maiale ci racconta di noi!
E siamo noi a dover capire, nella nostra alimentazione, quel che è giusto e buono per noi, sempre per noi.
"Farò tutto quello che mi è possibile per salvare il mondo e non uccidere. Consapevole che non è possibile non uccidere"

Questo si recita quando si prendono i voti di bodhisattva (praticante laico) secondo la tradizione buddhista Zen.
Siamo tutti noi, essere umani, in bilico su una contraddizione. La abitiamo durante ogni passo, durante ogni respiro che facciamo. Siamo sia l'aspirazione al bene che il continuo errore di agire non come vorremmo, siamo fatti di fango, di bene e di male come di terra e acqua.
Nel fango terra e acqua non sono separabili.
Tutto è offerta di doni, decideremo noi quali accettare: potremo girare lo sguardo da un'altra parte e andare avanti come sempre abbiamo fatto, o potremo fermarci e diventare consapevoli di un momento.
Capire.
Guardare negli occhi i nostri maiali e riconoscervi la vita che è anche in noi.
Possiamo decidere.
Potremo quindi anche mangiare carne, consapevoli nel nostro intimo di non poter fare altrimenti, per tutta una serie di insindacabili ragioni che solamente il nostro cuore può prendersi la briga di articolare, consapevoli delle nostre aspirazioni ma anche dei nostri limiti. Potremo decidere di limitarne il consumo, magari scegliendo carni provenienti da allevamenti non intensivi. Potremo anche decidere di fregarcene e continuare a mangiare come come sempre abbiamo fatto, continuando a ritenere che il boccone che abbiamo tra i denti non è un animale che si offre a noi per consentirci di vivere (intimamente ringraziando), ma materia inerte, somma di nutrienti: proteine carboidrati, lipidi, sali minerali, oligoementi e vitamine.
Capite perché penso che essenzialmente l'alimentazione sia un fatto relazionale?
Nulla, davvero nulla a mio avviso, può intaccare l'intima essenza di cui siamo fatti, che si chiama libertà.
E che non può non accompagnarsi alla responsabilità di esercitarla.
Nella lingua sanscrita si usa un termine per legare queste due parole: Karma. Il nostro fare, l'azione. Che coincide con il nostro destino.
Questo, da un punto di vista interiore.
Ovviamente non parlo della vita quotidiana, della necessità di limitare l'azione degli uomini per evitare il danno sociale o anche per rispondere alla giusta sensibilità di molti, che è una modalità storicamente determinata. Per rendere ad esempio gli allevamenti intensivi dei luoghi meno crudeli.
Cerco di parlare di sentimento interiore.
E' proprio questo, tornando alla nostra poesia, che emerge con estrema sensibilità e tenerezza: il sentimento interiore.
Il porcello di Calzavara non è una futura salsiccia, ma un fratello a quattro zampe su questa terra, un compagno di viaggio.
Un amico al quale si può confidare il proprio dolore perché sta percorrendo con noi un cammino, mangiando "peri crui par tera".
E' l'occasione di leggerci nell'anima e sentirci simili. In relazione. E' la voglia di condividere il destino: "non anni, ma giorni come toccano a te, vorrei."
Un destino contraddittorio, in cui bellezza e dolore si impastano inseparabili come il fango di cui siamo fatti, terra da coltivare (in lingua ebraica Adamà. E capite già quanto ci sarebbe da dire!).
Cercando di compatirsi (cum-patire: sentendo insieme), invitando il nostro amico a guardare con noi le nubi nel cielo,  mostrandogli il nostro interesse: "Situ passù?" , Hai mangiato?
Ciascuno abitando il proprio karma. Quasi come se il maiale pure ne avesse uno, di karma: lui che non è uomo, non può decidere di sé, non può scrivere poesia.
Cari amici. Continuerò molto più spesso a dire di ortaggi e verdure, ma un pensiero d'affetto a questo maiale mi sembrava dovuto.
Grazie del Gusto
VegChef diVerso

PS mi farai sicuramente piacere, su questo argomento in particolare, se vorrai dirmi la tua opinione tra i commenti