Tommaso Vicentini

Logistica alimentare

Tommaso Vicentini

Logistica alimentare

Non ci sono più i DJ di una volta, come il mondo della notte sta cambiando!

2019-02-06 20:36:56

La nostalgia ci fa vedere il passato migliore di come era davvero. Ma nemmeno il presente è perfetto.e il titolo di questo articolo non nasconde un certo grado di provocazione, dietro a un’affermazione così forte c’è molto di cui disquisire. Mettiamo subito sulla bilancia la domanda da un milione di euro: era meglio prima? O è meglio oggi? Di sicuro, l’idea del dj con la sua sacra borsa di vinili è un’immagine fortissima che ha forgiato l’immaginario collettivo di tutti noi. Rappresenta ancora oggi qualcosa di donchisciottesco, il dj come l’eroe che deve far ballare tutti usando come armi due giradischi, un mixer, un paio di cuffie e una borsa con 50, 60 sceltissimi pezzi, dischi introvabili, rarità. Era la sfida a chi riusciva ad accaparrarsi l’unica copia in circolazione del promo con cui conquistare il dancefloor. Tutto bellissimo. Ma a risentire oggi in giro per il web alcuni di quei set leggendari, emergono prepotentemente i limiti di quel tempo: i dischi che saltano, quelli che suonano male, senza contare che anche il miglior dj del pianeta non era immune a sbagliare qualche passaggio qua e là. D’altronde, con i dischi in vinile i cavalli, gli errori nella messa a tempo dei due dischi, erano all’ordine del giorno. E poi, come la mettiamo con le opportunità infinite che sarebbero venute più avanti? Gli edit, le personalizzazioni, i loop, la possibilità di portarsi appresso una borsa piena di CD pieni di tracce – tutte utili – invece dei 50-60 vinili; e poi i software con cui mixare e modificare la musica in tempo reale, le SD, le USB con migliaia di brani a disposizione. E il futuro sembra soffiare un vento che porta la voce dello streaming in console. Inutile discutere: è evidente che la bilancia pende dal piatto della modernità. Eppure i dj non sono più quelli di una volta. INFO: https://www.djmagitalia.com/dj-di-una-volta/

Un producer non è un dj. Lo diventa

  • Un tempo, i dj erano degli appassionatissimi di musica che sapevano tutto, conoscevano ogni pezzo, erano dei veri e propri malati di musica e di collezionsimo musicale. Un po’ per forza di cose, un po’ perché la conoscenza tecnica e la cultura musicale erano i due veri fattori che facevano la differenza. Poi i dj sono diventati produttori. E poi i ruoli si sono definitivamente ribaltati: i ragazzi oggi iniziano proprio da lì, dai software, dalle griglie di Ableton e Logic, non dalle ore spese nei negozi. Sono producer che diventano dj. E questo cambio di prospettiva non è indolore. Si sente. Il mondo è pieno di star che fanno un lavoro fantastico e intrattengono milioni di fan, ma lo fanno in modo impensabile per i dj di una volta: suonano i loro pezzi con scalette autoreferenziali e assolutamente prevedibili. Facendosi aiutare, laddove la creatività latita, da effetti speciali spettacolari. Il problema non è tutto questo, il problema è che qualcuno – di solito vecchi barbogi della vecchia scuola – sostengono che tutto questo sia il problema. Ma chi ha ragione in questo cortocircuito?
  • Hanno tutti ragione!
    Come sempre, si finisce a dividerci per tifoserie. Ma guardiamo in faccia la realtà. Ci sono sicuramente tantissimi aspetti della club culture di oggi che sono infinitamente migliori di quanto non fossero ieri: le possibilità della tecnologia e il fatto che i dj abbiano raggiunto uno status sociale accettato e considerato, e che vengano a tutti gli effetti riconosciuti come autori di successi planetari che hanno cambiato l’industria della musica – e non solo – è estremamente positivo. È una splendida conquista. Non serve fare i detrattori, è ingiusto e controproducente. Però è anche vero che spesso si sentono troppi set con il pilota automatico, e se è inaccettabile al disco-bar in provincia, è gravissimo nei mainstage dei festival o nelle line up dei super club mondiali.




     
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