Stefano Rossi

Top Founder President

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MUSICA - SANT'AMBROGIO SI AVVICINA E ALLA SCALA DI MILANO FERVONO I PREPARATIVI PER LA "PRIMA" CON "ATTILA" DI G. VERDI.

2018-12-01 17:28:14

UNA VOLTA TANTO DIAMO IMPORTANZA NON SOLO AI PROTAGONISTI (DIRETTORE, CANTANTI, REGISTA ETC..) MA ALLE COSIDDETTE "MAESTRANZE" CHE STANNO REALIZZANDO VERI E PROPRI CAPOLAVORI NEI MAGAZZINI DELL' EX ANSALDO A MILANO. SI TRATTA DI UNA DELLE TANTE ECCELLENZE ITALIANE AMMIRATE IN TUTTO IL MONDO.

UN LAVORO LONTANO DALLE LUCI DELLA RIBALTA MA PREZIOSISSIMO

Le scene dell’opera verdiana allestita da Davide Livermore e diretta da Riccardo Chailly nascono nei laboratori di via Bergognone, ventimila metri quadri dedicati alla creazione di scene, costumi, falegnamerie, sartorie, officine meccaniche. Più uno spazio scenico per prove di regia dalle dimensioni identiche a quelle del Piermarini. Da quello che si dice le maestranze saranno messe a dura prova per il tipo di allestimento richiesto dal regista e dallo scenografo Giò Forma, tanto é  vero che questo spettacolo assume i connotati e le dimensioni di un kolossal.

Difatti, essendo questo Attila trasversale al tempo, la sfida è di costruire scene capaci di alludere a un’epoca storica lontanissima come il quinto secolo dopo Cristo e insieme ai giorni nostri. Sul palco sarà presente un grande ponte che attraversa la scena e che ha richiesto settimane di lavoro. Come ha spiegato il capo scenografo Stefania Cavallin: "Prima abbiamo dovuto costruire un’armatura in vero ferro, in grado di sostenere i cantanti e i mimi che lassù si isseranno, poi rivestire il tutto con dei materiali capaci di simulare da un lato le antiche pietre di un’arcata romanica e dall’altro i cavi metallici di un ponte ferroviario. Una struttura complessa che salirà da sotto il palcoscenico, mossa da motori radiocomandati».

ARTIGIANATO E TECNICHE ALL' AVANGUARDIA CONVIVONO NELLA "MAGIA" DEL TEATRO

I lavoratori scaligeri sono considerati i migliori artigiani teatrali del mondo. Detentori di segreti e trucchi sorprendenti. Per esempio l’arte di invecchiare materiali apparentemente poco nobili quali la cartapesta e il polistirolo, trasformandoli in architetture degne di un sito archeologico. «Dovendo ricostruire edifici ridotti in rovine dalle bombe e dagli uomini, si è dovuto lavorare molto di stucchi e di pennelli. Con la pittura abbiamo ricreato la ruggine e le colature del ferro, con il gesso i finti intonaci, con il polistirolo le lastre di marmo, i legni smangiati dall’incuria. Quanto alle tappezzerie di dimore un tempo fastose, siamo partiti da tappezzerie vere, ricalcandone i disegni con degli stampi da trasferire su fondi ocra e poi strapparli, sdrucirli, sporcarli con il mordente». Infine la polvere, inevitabile negli ambienti abbandonati. L’ingrediente magico è la cipria di velluto. «Cosparsa con la colla sulle superfici dà quella sensazione materica evocatrice di desolazione e oblio».

Altro effetto specialissimo, la pioggia. Pioverà molto nel prologo dell’Attila. E non lo dice il meteo. «L’ha previsto il regista e noi eseguiamo — sorride Cavallin —. Acqua vera che scroscerà dall’alto e finirà convogliata in una griglia». Ma quello che forse renderà davvero insolito questo spettacolo sarà l’uso di tecnologie avanzatissime. «Le proiezioni sugli schermi, l’uso della computer graphic per animarle... Informatica e artigianalità, una convivenza interessante». Infine qualche numero per meglio rendere l’idea. «Un migliaio di pannelli led, seimila metri di ferro di vario spessore, 100 chili di cartapesta, 500 di pittura, 600 di stucco, 200 blocchi di polistirolo, migliaia di viti, migliaia di chiodi...».

La fucina del teatro non conosce sosta. Chi vedrà Attila il 7 dicembre, in teatro, al cinema o su schermi vari, non dimentichi che dietro i prodigi della scena ci sono i maghi dell’Ansaldo (dal Corriere della Sera).