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IL CAFFE' CON LA MOKA (di Dario Bressanini)
Inventata da Alfonso Bialetti nel 1933 a Omegna, e prodotta su scala industriale dal 1946 dal figlio Renato, quei tre pezzi di alluminio avvitati e incastrati vengono usati ancora oggi in milioni di case per accompagnare con qualche tazzina di caffè le giornate degli italiani.
Non tutti però sanno come funziona esattamente. Impariamo a preparare un buon caffè.
Cominciamo dall'acqua.
Riempite la caldaia della caffettiera sino alla valvola di sicurezza. In una caffettiera classica da 3 tazzine sono circa 150 g di acqua. Non andate oltre: sotto il filtro a imbuto si deve lasciare una piccola sacca d’aria e il caffè nel filtro non deve toccare l’acqua sottostante. Questo è importante, come vedremo, per il funzionamento corretto dell’apparecchio.
L'acqua non deve avere troppi sali disciolti sia per non lasciare troppi residui nella caffettiera che, col tempo, potrebbero causare un malfunzionamento, sia per non alterare il sapore del caffè impartendo un sapore amaro. Se l’acqua erogata dal vostro rubinetto rende il caffè amaro, o è ricca di cloro, potete utilizzare acqua in bottiglia con valori più bassi.
Quale caffè?
Ovviamente quello che vi piace. Esistono due specie di piante di caffè sfruttate commercialmente.
Coffea arabica, originaria dell’Etiopia, è coltivata nelle regioni montuose tropicali fino a 2500 metri e rappresenta i due terzi della produzione mondiale di caffè. Ha un gusto delicato, leggermente acido, aromatico e poco amaro. Il chicco è di forma allungata e appiattita di un bel color verde. Il caffè arabica arrivò a Venezia agli inizi del ‘600 e da lì si diffuse in tutta Europa diventando la bevanda preferita degli intellettuali.
La robusta (Coffea canephora) rappresenta un terzo della produzione mondiale. È originaria dell’Africa occidentale e arriva in Italia solo nel ‘900. È coltivata tra i 200 e i 600 metri d’altezza ed è capace di sopravvivere nei difficili ambienti della foresta africana. Ha un gusto più astringente e amaro dell’arabica, più caffeina (1,6-2,4%) e un chicco tondeggiante con un solco dritto.
Quanto caffè?
Il caffè per la Moka deve essere macinato con una grana più grossa rispetto a quello per una macchina da espresso dove la pressione più elevata (circa 9 bar) richiede uno strato di caffè compatto macinato più finemente.
Riempite il filtro sino all'orlo senza creare una montagnetta. Premere o non premere? Non premete il caffè! Altrimenti rallentate la risalita dell’acqua. Ma non fateci nemmeno dei buchetti, altrimenti la facilitate troppo. In entrambi i casi alterereste il tempo di contatto ottimale tra acqua e caffè.
Fiamma alta o bassa?
È meglio scaldare a fiamma bassa per far salire gradualmente la temperatura, ritardare l'ebollizione dell'acqua e far uscire lentamente il caffè dalla colonnina.
La fiamma sotto la caffettiera non riscalda solo l’acqua ma anche l’aria sovrastante che avevamo lasciato riempiendo la caldaia.
La prima acqua calda, passando per il caffè nel filtro, si è un poco raffreddata e il primo caffè a risalire la colonnina ha una temperatura molto più bassa dell’acqua nella caldaia.
La fase vulcanica
Quando il livello d’acqua nella caldaia scende al di sotto del beccuccio del filtro, inizia quella che possiamo chiamare fase vulcanica. La riduzione immediata di pressione manda in ebollizione istantanea l’acqua che, mista al vapore, esce sfiatando dalla caffettiera, spruzzando come fosse un vulcano sino a quando è esaurita.
A temperature troppo elevate l’acqua estrae sostanze presenti nel caffè tostato ma meno solubili a temperature più basse, ottenendo un caffè più amaro, astringente, col sapore di “bruciato” e a volte di “medicinale”. Se vi capita, non avete “bruciato” il caffè, ma estratto sostanze dal sapore sgradevole già presenti nel caffè tostato e che lì dovrebbero rimanere.
Una strategia semplice per ridurre questo problema è di spegnere il fuoco quando il caffè scende lungo la colonnina e tende a staccarsi. Il caffè non deve gorgogliare e spruzzare dall’ugello. Un po’ di acqua rimarrà nella caldaia ma il vostro caffè sarà di qualità migliore.
Mescolare o non mescolare?
Il caffè ora è pronto, ma prima di versarlo nella tazzina è meglio mescolarlo. Il primo caffè uscito, quello a 70 gradi, è più acido e aromatico. A mano a mano che esce si stratifica il caffè più caldo ma anche più amaro. Poiché lo strato caldo è già in superficie non si attivano le correnti convettive che lo rimescolerebbero, come fanno invece in una pentola d'acqua per la pasta, e quindi va mescolato a mano. Ora il caffè è pronto per essere bevuto.
Se avete fretta andate al bar 😉
Buon caffè!
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