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Storia & Antichità

Quel ferroviere che salvò la Stazione Centrale nel 1943

2019-05-16 13:44:31

Uno sconosciuto gesto di coraggio civile mentre a Catania ìnfuriava la guerra

Quel 27 Febbraio 1943

Dalla Delibera di Giunta Municipale n° 493 del 26-1-1951 - avente come rubrica “ricompensa al valor civile al Sig. Albani Francesco – emerge dall’oblio la nozione un atto di coraggio umile, sconosciuto ma che, indubbiamente salvo centinaia di vite ed una porzione significativa della nostra città.

Le date citate nell’atto ci riportano ai mesi bui del 1943, quando la città si trovava nel pieno della Seconda Guerra Mondiale; diverse pesanti incursioni aeree alleate l’avevano già colpita all’epoca, mirando in particolare, ma non esclusivamente, al porto, all’aeroporto, alla stazione ferroviaria, in un tragico “crescendo”, che sarebbe culminato con lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943.


Proprio da Catania “Il giorno 28 febbraio 1943, verso le ore 22 nella locale Stazione Centrale era formato  il treno militare 8543 in attesa della partenza per S. Caterina Xibi  (altro nome della Stazione Caltanissetta-Xirbi) detto treno [era] composto da diversi carri contenenti materiale esplosivo" ; uno dei tanti convogli che percorrevano l’isola carichi di bombe d’aereo, munizioni  per armi, leggere e artiglierie, insomma quel che occorreva per rifornire i vari aeroporti, batterie e presidi disseminati sull’isola.

Non fatichiamo ad immaginare la scena: sotto le luce fioca di poche lampadine oscurate appese alle pensiline una teoria di vagoni attende pigramente il fischio del capostazione, gli ultimi militari salgono sui predellini, le loro voci si intervallano con gli sbuffi rassicuranti di vapore bianco erompenti della locomotiva con la caldaia in pressione.

  1. D’improvviso, il lungo lacerante suono dell’allarme aereo spazza via questo pretesa di tranquillità. 

    Ognuno sapeva per dolorosa esperienza quale diabolica cacofonia introducesse tale preludio : il cupo rombo prodotto dai motori dei bombardieri, simile a quello di milioni di calabroni impazziti, l’abbaiare cadenzato, rabbioso ma impotente, dei pezzi contraerei, le detonazioni sempre più nitide e vicine dei grappoli di bombe sganciati, il tremore del terreno via via più intenso.

    Divenne evidente che quel disgraziato treno dovesse lasciare la stazione immediatamente: se le bombe l’avessero colto, carico di munizioni com’era, sarebbe saltato in aria come una fabbrica di fuochi d’artificio portando, verosimilmente, con se, prima che avessero il tempo di trovare rifugio, le decine di passeggeri, le centinaia di persone che gli stavano intorno, nonché la stazione stessa e forse l’intero  quartiere.

    Proprio il quel momento il conduttore designato per il servizio si rifiutava assumere l’incarico adducendo “un forte malessere“ … Eh gia: non era certo un compito per cuori, e fegati, deboli quello: specie considerando che il convoglio in movimento sarebbe stato un bersaglio prioritario per i velivoli nemici.

    A quel punto emerse dal nulla chi si rese semplicemente conto che qualcuno dovesse fare quanto andava fatto e, soprattutto, che - lasciando il comodo usbergo del “non mi compete” - quel qualcuno dovesse essere lui, proprio per le superiori responsabilità rivestite.

    Infatti, la motivazione narra: “Il Comando Militare della Stazione provvedeva ad avvertire il distributore dei servizi ferrovieri sig. Albani Francesco perché provvedesse alla immediata sostituzione del Conduttore. L’Albani, vista impossibile tale sostituzione sul momento e constatato che bisognava provvedere senza alcuna perdita di tempo ad evitare una sicura catastrofe si faceva sostituire dal Capo del Personale viaggiante ed incurante del pericolo cui andava incontro assumeva volontariamente la scorta del suddetto convoglio disponendone la pertenza. “, parimenti si rese conto che l’unico possibilità di salvezza del convoglio era dirigerlo a tutto vapore verso il primo riparo utile “riuscendo così a ricoverare il treno nella galleria Catania-Acquicella”.

    Ringraziamo nuovamente  quest’uomo  che “ha mostrato attaccamento al dovere” e “ sprezzo del pericolo”, non tanto per aver messo “in salvo il quantitativo di materiale bellico , tanto prezioso in quei momenti, alla Patria” come asserisce la motivazione ufficiale, bensì per aver salvato centinaia di vite.