Sonia Montecchi

riflettere...

2021-02-19 21:24:23

curare i propri pensieri per curare se stessi

Dovendo iniziare la nostra vita senza poter prendere le scelte necessarie per noi stessi dobbiamo rimetterci a ciò che i nostri genitori scelgono per noi. Queste scelte, è bene sapere, che ci faranno l'imprinting per tutto il nostro percorso, ma possono essere sviluppate, e a nostra scelta possiamo usarle come meglio crediamo; tutto sta nella consapevolezza che riusciamo ad acquisire da ogni esperienza e avventura che incontriamo durante il nostro cammino. 

Spesso sentiamo di persone che si definiscono “le pecore nere” della famiglia, ecco io sono una di quelle! In ognuno di questi casi, se ci soffermassimo ad indagare e scavare nel passato di queste persone, troveremmo sicuramente un'anomalia nei primi anni di vita, che nel tempo le rende “diverse”.   

Consapevolezza, una parola tabù! Quasi sconosciuta, più che altro quasi mai legata allo sviluppo personale. Spesso e volentieri, viene utilizzata per completare e definire, una situazione o una circostanza, ma quasi mai la si accosta alla famosissima “intelligenza“, cosa che a parer mio, invece, va assolutamente di pari passo. Eh si, perché qui credo ci sia da riordinare un po' le idee a riguardo. 

In primo luogo dobbiamo definire cosa rappresenta per noi l’intelligenza. Esiste il famoso luminario, con moltissimi titoli di studio e una valanga di approfondimenti nozionistici, poi esiste la persona con un vissuto ricchissimo, e impegnativo, che ha imparato “sul campo di battaglia” , per necessità , per cui con tanto sudore ma nessuna certificazione “societaria” se non le proprie esperienze, che ha sviluppato più sentimenti e cose profonde, attivando i meccanismi naturali di sopravvivenza come la resilienza , il coraggio, la determinazione e molte altre qualità che non si possono studiare sui libri. Infine abbiamo il terzo profilo che unisce entrambe queste qualità, per cui, la domanda sorge spontanea, quale percorso ha più valore e peso per essere intelligente? Chi lo stabilisce? Un voto ? E chi, valuta la determinazione, il coraggio e la forza di volontà, magari unita alla voglia di imparare? E quindi visto che non si può valutare non può essere definita intelligenza? Dove sta il limite tra intelligenza e ignoranza?  E' quindi soggettiva? Poi, questo giudizio, che diventa critica, spesso anche pesante (come etichettature) è tutto relativo a chi la muove, o a chi ha creato la base convenzionale, come i voti, che poi devono comunque passare tramite un'intelligenza soggettiva di chi lo affibia? Quindi, come si fa a quantificare e a sentirsi capaci e abilitati a misurare l'intelligenza altrui in genere?  

Personalmente non ci riesco, anzi, non ci sono mai riuscita. Ecco perché, partendo da questa base di ragionamento, preferisco anzi parlare di consapevolezza. Vedo quest'ultima più legata anche ad un discorso di autocritica, che ritengo fondamentale per poter migliorare il proprio lavoro, inteso come vita. Ma allora, perché non ci viene insegnato a scuola? Anzi!!!!!!!  Da sempre ci viene insegnato che il nostro lavoro (vita), viene pesato e misurato  da una persona esterna, solitamente ESTERNA in tutti i sensi, per cui non partecipante alle dinamiche più impegnative quotidiane, questa persona è addetta ad accollarci un numero che ci identifichi, e identifichi il nostro QI, ecco, in quel momento noi sappiamo se siamo intelligenti o no giusto? E non esiste margine di errore, è cosi e stop.  Ma davvero questa e intelligenza? E se la persona che ha dato l'abilitazione al mio superiore si fosse sbagliato? Ma non sarebbe più semplice e pratico se ognuno criticasse sempre il suo operato e lo modificasse laddove non lo ritiene rispettoso e adatto. Si, perché in un bimbo in cui viene stimolata l’autocritica, il quale si ritrova sempre solo e non riesce mai a trovare un confronto, troverà i suoi difetti e ne diventerà sempre più consapevole, finché in modo naturale, agli altri risulterà piacevole la sua compagnia, e avrà imparato per sempre come gestirsi. Questa non è intelligenza? 

Mi rifiuto di credere che per essere intelligente me lo devo sentir dire da qualcuno , assomiglia più a una forma di insicurezza e debolezza, a parer mio non molto vicina alla felicità, e se questa ipotesi fosse vera allora l’intelligenza porterebbe a sentimenti negativi. Perché dovrei desiderarlo per la mia vita?  

Credo inoltre, che se questo processo iniziasse da piccoli, durante la crescita non farebbe altro che rafforzarsi, creando adulti liberi nel senso più profondo.  

Un rragazz/adulto in grado di capire e correggere i propri errori non avrebbe sempre
bisogno di essere rassicurato e sarebbe perfettamente in grado di
prendere le proprie decisioni in piena consapevolezza e libertà appunto, non ci sarebbe quindi, più bisogno di accusare qualcun altro dei propri errori, anzi, verrebbero visti come un’opportunità di miglioramento, portando a ridurli nel tempo in modo consistente e qui ritengo “intelligente”.  

Tutto questo processo può essere riassunto come buon senso. 

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