Sergio Del Barba

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Festa della Liberazione. Il 25 aprile a casa sulle note di "Bella Ciao"

2020-04-26 08:40:34

E' uno dei canti popolari più celebri al mondo, intonato dalla resistenza partigiana italiana durante la Seconda Guerra Mondiale; un inno alla libertà e alla partecipazione, un omaggio ai combattenti morti per aver difeso la libertà.

 Il brano è diventato il simbolo della lotta per i diritti umani e della liberazione, qualunque essa sia, amato e cantato da tutti, ripreso e remixato come una hit del momento, che dura però da oltre 70 anni. Gli ultimi a cantare le sue strofe sono stati i vigili del fuoco inglesi della Fire Brigades Union, che hanno voluto omaggiare in un video su Youtube i colleghi italiani intonando "Bella Ciao" in questo momento di grande difficoltà ma anche di sincera solidarietà.
    Le origini del brano e della sua musica sono incerte: alcuni parlano di melodie bretoni, di trovatori provenzali e altri le fanno risalire alle canzoni popolari di amori traditi e ai canti delle mondine padane. Dopo la Liberazione il brano venne cantato in pubblico da giovani partigiani emiliani a Praga nel 1947, al primo Festival mondiale della gioventù democratica. Dagli anni Sessanta, tradotto e diffuso in tutto il mondo, è diventato il canto universale della protesta di operai e studenti, suscitando come era prevedibile dibattiti e dividendo gli animi: i manifestanti protestavano intonando "Bella Ciao" dalle strade di Atene, di Barcellona, di Istanbul, di Hong Kong e di Santiago del Cile. Persino nell'attuale guerra siriana è diventato uno dei canti degli indipendentisti curdi, mentre a Parigi al funerale dei vignettisti di Charlie Hebdo è diventata la canzone contro il terrore. Il brano è stato usato - per i tradizionalisti forse abusato - per lottare, ringraziare, celebrare, ricordare e festeggiare: la canzone è passata, così, dalle manifestazioni di piazza allo stadio, nei festival e persino nelle discoteche, comunque sempre in situazioni di compartecipazione. E' arrivata anche al cinema nel film ceco "Most" e in quello iraniano "There is no evil" con una suggestiva interpretazione di Milva, trasformandolo in un inno di protesta in tutto l'Iran. L'abbiano sentita cantare anche nella famosa serie televisiva "La casa di carta", intonata con accento spagnolo dal professore Alvaro Morte e dai protagonisti mascherati che usano il brano come un gesto rivoluzionario.
Sono tante e alcune particolarmente emozionanti le interpretazioni di grandi cantanti e personaggi famosi: da Giorgio Gaber, che la cantò in Tv nel 1963, a Tom Waits, che incise il brano per l'amico e chitarrista Marc Ribot; da Manu Chao al grande compositore bosniaco Goran Bregović, che diede un tono balcanico al brano. E, ancora, dall'attore Yves Montand, che contribuì a far conoscere la canzone in tutta Europa nel 1963, ai Modena City Ramblers con una versione folk rock; dalla Banda Bassotti al gruppo Marlene Kuntz accompagnato dalla voce struggente di Skin.