SeparazionEvoluta

Il Viaggio verso la Ricongiunzione

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Rinascere attraverso le tue cicatrici

2020-10-29 09:44:17

L'arte del kintsugi ci ricorda che rendere le tue cicatrici volutamente visibili invece che minimizzarle, è riconoscere il tuo valore e rinascere attraverso di esse.

Kintsugi e la tradizione giapponese

Il kintsugi, che letteralmente significa “riparare con l’oro”, è una tecnica giapponese che consiste nell’utilizzo di oro o argento liquidi per sistemare oggetti rotti in ceramica o porcellana. Si tratta di un antico metodo che prevede l’utilizzo del metallo prezioso in modo da saldare i pezzi rotti.

La storia che vuole trasmettere è quella della rinascita.

ll risultato finale porta a un oggetto ancora più bello dell’originale, con delle note preziose. Inoltre, l’oggetto sarà unico e irripetibile per i cocci frantumati in maniera irregolare. Con la tecnica del kintsugi si dà nuovo valore agli oggetti eseguendo una riparazione volutamente visibile invece che minimizzarla.

La Metafora e la tecnica del kintsugi è l’arte delle nostre preziose cicatrici

Rompendosi, la ceramica prende nuova vita attraverso le linee di frattura dell' oggetto, che diventa ancora più pregiato.

L’arte di abbracciare il danno e di non vergognarsi delle ferite, è la delicata lezione simbolica suggerita dall’antica arte giapponese del kintsugi.

Quando una ciotola o un vaso prezioso cadono frantumandosi in mille cocci, noi li buttiamo con dispiacere. Eppure c’è un’alternativa, una pratica giapponese che fa l’esatto opposto: evidenzia le fratture, le impreziosisce, aggiungendo valore all’oggetto rotto.

Si chiama kintsugi (金継ぎ), o kintsukuroi (金繕い), letteralmente oro (“kin”) e riunire, riparare, ricongiunzione (“tsugi”).

Ogni pezzo riparato diviene unico e irripetibile, per via della casualità con cui la ceramica si frantuma in maniera irregolare, così le ramificate decorazioni che si formano vengono esaltate dal metallo.
Ci ricorda che le cicatrici diventano bellezza da esibire, ognuna con la propria trama da raccontare, questo proprio grazie all’unicità delle crepe che si creano quando l’oggetto si rompe, come fossero le ferite che lasciano tracce diverse su ognuno di noi.

La tecnica kintsugi potrebbe essere stata inventata intorno al XV secolo, quando Ashikaga Yoshimasa, ottavo shogun dello shogunato Ashikaga, dopo aver rotto la propria tazza di tè preferita la inviò in Cina per farla riparare.
Purtroppo le riparazioni all’epoca avvenivano con legature metalliche poco estetiche e poco funzionali. La tazza sembrava perduta, ma il suo proprietario decise di ritentare la riparazione affidandola ad alcuni artigiani giapponesi, i quali sorpresi dalla tenacia dello shogun nel riavere la sua amata tazza, decisero di provare a trasformarla in gioiello riempiendo le crepe con resina laccata e polvere d’oro. 
Durante il governo di Yoshimasa si assistette allo sviluppo dell’Higashiyama bunka, un movimento culturale fortemente influenzato dal buddhismo Zen e che diede origine alla cerimonia del tè (anche Sado o via del tè) e ad altre forme di arte dalla forte simbologia.

Quanti messaggi belli, ci dà il il kintsugi e ci suggerisce paralleli suggestivi. 


Non si deve buttare ciò che si rompe. La rottura di un oggetto non ne rappresenta più la fine. Le sue fratture diventano trame preziose.
Si deve tentare di recuperare e nel farlo ci si guadagna.

È l’essenza della resilienza


Nella vita di ognuno di noi, forse, si deve cercare il modo di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di crescere attraverso le proprie esperienze dolorose, di valorizzarle, esibirle e convincersi che sono proprio queste che rendono ogni persona unica, preziosa.



by Simona Muratori
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