SCUOLA E DINTORNI di Stefano Rossi

Scuola & Istruzione

ISAAC ASIMOV L' AVEVA GIÀ SCRITTO NEL 1954

2020-04-11 13:22:04

UN RACCONTO SULLA SCUOLA DEL FUTURO CHE SEMBRA FATTO PER LA SITUAZIONE ATTUALE: “ CHISSÀ COME SI DIVERTIVANO“.

UNA SCUOLA TUTTA VIRTUALE?

Margie lo scrisse perfino nel suo diario, quella sera. Sulla pagina che portava la data 

17 maggio 2157, scrisse: “Oggi Tommy ha trovato un vero libro!” 

Era un libro antichissimo. Il nonno di Margie aveva detto una volta che, quand’era 

bambino lui, suo nonno gli aveva detto che c’era stata un’epoca in cui tutte le storie e 

i racconti erano stampati su carta. Si voltavano le pagine, che erano gialle e fruscianti, 

ed era buffissimo leggere parole che se ne stavano ferme invece di muoversi, com’era 

previsto che facessero: su uno schermo, è logico. E poi, quando si tornava alla pagina 

precedente, sopra c’erano le stesse parole che loro avevano già letto la prima volta – 

Mamma mia, che spreco – disse Tommy. – Quando uno è arrivato in fondo al libro, 

che cosa fa? Lo butta via, immagino. Il nostro schermo televisivo deve avere avuto 

un milione di libri, sopra, ed è ancora buono per chissà quanti altri. Chi si sognerebbe 

di buttarlo via? 

– Lo stesso vale per il mio – disse Margie. Aveva undici anni, lei, e non aveva 

visto tanti telelibri quanti ne aveva visti Tommy. Lui di anni ne aveva tredici. – Dove 

l’hai trovato? – gli domandò, 

– In casa. – Indicò lui senza guardare, perché era occupatissimo a leggere. – In 

solaio. 

– Di cosa parla? 

– Di scuola. 

– Di scuola? – Il tono di Margie era sprezzante. – Cosa c'è da scrivere, sulla 

scuola? Io la scuola la odio. 

Margie aveva sempre odiato la scuola, ma ora la odiava più che mai. L’insegnante 

meccanico le aveva assegnato un test dopo l’altro di geografia, e lei aveva risposto 

sempre peggio, finché la madre aveva scosso la testa, avvilita, e aveva mandato a 

chiamare l’Ispettore della Contea. Era un omino tondo tondo, l’Ispettore, con una 

faccia rossa e uno scatolone di arnesi con fili e con quadranti. Aveva sorriso a Margie 

e le aveva offerto una mela, poi aveva smontato l’insegnante in tanti pezzi. Margie 

aveva sperato che poi non sapesse più come rimetterli insieme, ma lui lo sapeva e, in 

poco più di un’ora, l’insegnante era di nuovo tutto intero, largo, nero e brutto, con un 

grosso schermo sul quale erano illustrate tutte le lezioni e venivano scritte tutte le 

domande. Ma non era quello il peggio. La cosa che Margie odiava soprattutto era la 

fessura dove lei doveva infilare i compiti e i testi compilati. Le toccava scriverli in un 

codice perforato che le avevano fatto imparare quando aveva sei anni, e il maestro 

meccanico calcolava i voti a una velocità spaventosa. 

L’ispettore aveva sorriso una volta finito il lavoro, e aveva accarezzato la testa di 

Margie. Alla mamma aveva detto: – Non è colpa della bambina, signora Jones. 

Secondo me, il settore geografia era regolato male. Sa, sono inconvenienti che 

capitano, a volte. L’ho rallentato. Ora è su un livello medio per alunni di dieci anni. 

Anzi, direi che l’andamento generale dei progressi della scolara sia piuttosto 

soddisfacente. – E aveva fatto un’altra carezza sulla testa a Margie.

Margie era delusa. Aveva sperato che si portassero via l’insegnante, per ripararlo 

in officina. Una volta s’erano tenuti quello di Tommy per circa un mese, perché il 

settore storia era andato completamente a pallino. 

Così, disse a Tommy: – Ma come gli viene in mente, a uno, di scrivere un libro 

sulla scuola? 

Tommy la squadrò con aria di superiorità. – Ma non è una scuola come la nostra, 

stupida! Questo è un tipo di scuola molto antico, come l’avevano centinaia e 

centinaia di anni fa. – Poi aggiunse altezzosamente, pronunciando la parola con cura. 

– Secoli fa. 

Margie era offesa. – Be’ io non so che specie di scuola avessero, tutto quel tempo 

fa. – Per un po’ continuò a sbirciare il libro, china sopra la spalla di lui, poi disse: – In 

ogni modo, avevano un maestro? 

– Certo che avevano un maestro, ma non era un maestro regolare. Era un uomo. 

– Un uomo? Come faceva un uomo a fare il maestro? 

– Be’, spiegava le cose ai ragazzi e alle ragazze, dava da fare dei compiti a casa e 

faceva delle domande. 

– Un uomo non è abbastanza in gamba. 

– Sì che lo è. Mio papà ne sa quanto il mio maestro. 

– Ma va’! Un uomo non può saperne quanto un maestro. 

– Ne sa quasi quanto il maestro, ci scommetto. 

Margie non era preparata a mettere in dubbio quell’affermazione. Disse. – Io non 

ce lo vorrei un estraneo in casa mia, a insegnarmi.

Tommy rise a più non posso. – Non sai proprio niente, Margie. Gli insegnanti non 

vivevano in casa. Avevano un edificio speciale e tutti i ragazzi andavano là. 

– E imparavano tutti la stessa cosa? 

– Certo, se avevano la stessa età. 

– Ma la mia mamma dice che un insegnante dev’essere regolato perché si adatti 

alla mente di uno scolaro o di una scolara, e che ogni bambino deve essere istruito in 

modo diverso. 

– Sì, però loro a quei tempi non facevano così. Se non ti va, fai a meno di leggere il 

libro. 

– Non ho detto che non mi va, io – sì affrettò a precisare Margie. Certo che voleva 

leggere di quelle buffe scuole. 

Non erano nemmeno a metà del libro quando la signora Jones chiamò: – Margie! A 

scuola! 

Margie guardò in su. – Non ancora, mamma. 

– Subito! – disse la signora Jones. – E sarà ora di scuola anche per Tommy, 

probabilmente. 

Margie disse a Tommy: – Posso leggere ancora un po’ il libro con te, dopo la 

scuola? 

– Vedremo – rispose lui con noncuranza. Si allontanò fischiettando, il vecchio 

libro polveroso stretto sotto il braccio. 

Margie se ne andò in classe. L’aula era proprio accanto alla sua cameretta, e 

l’insegnante meccanico, già in funzione, la stava aspettando. Era in funzione sempre

alla stessa ora, tutti i giorni tranne il sabato e la domenica, perché la mamma diceva 

che le bambine imparavano meglio se imparavano a orari regolari. Lo schermo era 

illuminato e stava dicendo – Oggi la lezione di aritmetica è sull’addizione delle 

frazioni proprie. Prego inserire il compito di ieri nell’apposita fessura. 

Margie obbedì con un sospiro. Stava pensando alle vecchie scuole che c’erano 

quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di tutto il vicinato, 

ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in classe, tornavano a casa 

insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse cose, così potevano darsi una 

mano a fare i compiti e parlare di quello che avevano da studiare. E i maestri erano 

persone... 

L’insegnante meccanico stava facendo lampeggiare sullo schermo: – Quando 

addizioniamo le frazioni 1/2 + 1/4... 

Margie stava pensando ai bambini di quei tempi, e a come dovevano amare la 

scuola. Chissà come si divertivano!, pensò. 

Isaac Asimov, “Chissà come si divertivano!”