Rossella Corrado

" C'ERA UNA VOLTA IL RESTAURO"

2020-03-01 18:56:04

Come tutti i professionisti del mondo dei beni culturali sanno, quello del restauro è un concetto strettamente legato all’ opera d’arte: ogni supporto, materiale ed elemento utilizzato condiziona notevolmente l’operato di un restauratore. MA come operavano, i restauratori in passato ?

C’ERA UNA VOLTA IL RESTAURO

 

Come tutti i professionisti del mondo dei beni culturali ben sanno, quello del restauro è un concetto strettamente legato all’opera d’arte: ogni supporto, materiale ed elemento utilizzato, e quindi ogni opera d’arte, condiziona notevolmente l’operato di un restauratore e, di conseguenza, detta tempi e modi delle operazioni di restauro da eseguire. Il restauratore, ovviamente, avrà molte conoscenze a sua disposizione, dettate sia dall’esperienza, ma anche da anni e anni di studio .


È proprio la chimica, o meglio, la rivoluzione chimica degli ultimi decenni che ha permesso di migliorare notevolmente le prestazioni di restauro su diverse tipologie di opere d’arte, dando la possibilità ai restauratori di realizzare, ad esempio, puliture sempre più selettive, poco aggressive e il meno tossiche possibili. 


Ma  C’è stato un periodo della storia in cui le conoscenze della chimica erano a dir poco empiriche.. dunque come si comportavano i restauratori?


L’esperienza, quella diretta e pratica acquisita in bottega, era l’unica fonte di apprendimento delle conoscenze.


Come i giovani pittori erano istruiti presso le botteghe dei grandi pittori, così anche i restauratori apprendevano le tecniche e le ricette tramandate dai propri maestri . 


Ed è proprio di ” ricette” che bisogna parlare quando ci si riferisce alla produzione di solventi, impacchi, adesivi, colori da ritocco e vernici: ogni restauratore custodiva gelosamente il proprio ricettario personale, perfezionato e adattato negli anni


Singolari, e talvolta audaci, erano i trattamenti che le opere d’arte dovevano subire da parte dei restauratori-alchimisti, al fine di tornare al loro originario splendore (sempre che tutto andasse secondo i piani…). 


Non era inusuale, infatti, utilizzare pomate caustiche o corrosive per ammorbidire specifiche tipologie di sporco presente sulla superficie pittorica. 


Un’altra tecnica abbastanza in voga tra i vecchi restauratori prevedeva l’utilizzo di una fonte diretta di calore… INCENDIANDO LO STRATO DI SPORCO depositato sulla superficie del dipinto! 


Avete letto bene: dopo aver preso una serie di accortezze nei confronti della pellicola pittorica (come sigillare con una “colletta” eventuali pori e fessure), il restauratore stendeva, con l’aiuto di un pennello, un sottile strato di “ottimo alcool” sul quadro disposto orizzontalmente, dopodiché dava fuoco alla superficie. Una volta fatto bollire lo sporco e spento l’incendio con un panno intriso di acqua calda, il restauratore avrebbe ripulito il dipinto aiutandosi con una soluzione calda di alcool e acquaragia.


È facile pensare come, in questi casi, il rischio di disintegrare alcuni pigmenti fosse piuttosto elevato!


Fortunatamente, i vecchi manuali e le antiche ricette di restauro sono considerate oggigiorno niente più che semplici ed interessantissimi trattati storici, da cui imparare la storia e l’evoluzione del restauro e da cui, alle volte, trarre  curiose storie semi-scientifiche.

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