Rosa Borgia

Arte & Intrattenimento

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Un mito da non dimenticare: “Colapesce”

2020-09-30 13:01:51

Oggi voglio raccontarvi una leggenda che riguarda la mia città. Il mito di Colapesce. Quando si parla della città di Messina è interessante partire dalle sue origini. La genesi di Messina risale alla preistoria, soprattutto con l’arrivo dei Greci, Cumani e Calcidesi. In seguito con la venuta dei


 Sami e dei Messeni avviene il passaggio dalla preistoria alla storia. Dal secolo VIII la colonizzazione impreziosisce la città dello Stretto di leggendarie storie, collegate al mare. I Greci attribuirono la fondazione della città di Zancle ad un glorioso re, l’eponimo Zanclo, che diede l’ordine ad Orione, figlio di Posidone (Nettuno per i Romani), della costruzione della città. Il toponimo Zancle (indigeno DAnkle) è siculo, falce, dalla forma della striscia di terra che delinea il porto di Messina. Vuole la tradizione che Kronos-Saturno, figlio di Urano e Gea, ricavasse dalle viscere di quest’ultima l’acciaio per una falce, evirando il padre malefico. Si racconta che le parti evirate fossero state gettate in mare . Da qui nacque Afrodite , dea della bellezza, dell’amore e protettrice della navigazione. Molti sono i miti e le leggende legate a Messina, fra i più noti : Il mito di Colapesce.

Un’epopea tipica lega la città di Messina ad uno straordinario personaggio. È una storia mitologica che ha attratto numerosi artisti, scultori, scrittori e musicisti, divenendo oggetto d’arte e di canzoni in ogni tempo. Si tratta della leggenda di Colapesce.

Si racconta che un giovane, il cui nome era Nicola (detto Cola ), fosse figlio di un pescatore. Pare che vivesse in un villaggio di Messina (Faro-Capo Peloro). Fu soprannominato Colapesce, perché amava stare nelle acque del mare per tutto il giorno , facendo lunghe nuotate. Dopo le immersioni in mare era solito raccontare le bellezze dei fondali e teneva cari molti dei tesori ritrovati. La sua notorietà fu presto conosciuta dal re di Sicilia, l’imperatore Federico II di Svevia, che insieme ai suoi cortigiani si recò al largo dì Messina a bordo di una nave. Fece gettare tra le onde, così racconta una delle tante leggende, una coppa preziosa che venne subito recuperata da Colapesce.
Federico II, curioso di provare la bravura, lanciò la sua corona in profondità. Anche stavolta, Colapesce ritrovò l’oggetto. Una terza volta il re volle misurare le capacià di Cola e scagliò un anello in profondità. Fu, così che Colapesce si accorse che la Sicilia era posta su tre colonne.
Una di esse era pericolante, in quanto costituita da ingenti fenditure dovute ai sismi . Per l’ennesima volta il re gettò nelle acque di Faro una corona tempestata di pietre preziose e chiese a Cola di andarla a prendere. Egli supplicò il re di non chiedergli questo. Nonostante la folla gridasse a Cola di non immergersi per il pericolo delle forti correnti e per la profondità del fondale, il giovane ubbidì.

Una tradizione messinese vuole che, immersosi, spaventato per non aver visto il fondo si fosse sostituito al pilastro mancante per non vedere la Sicilia sommersa dalle acque. Molti ritengono che la colonna fosse stata erosa dal fuoco dell’Etna, tuttavia la figura di Colapesce è rimasta eroica, perchè si narra che egli non riemerse mai più. Si suppone che, pur di salvare la sua bella terra, cioè la Sicilia, sia morto annegato.

La leggenda configura Colapesce come l’eroe degli abissi. L’abisso del mare fu il suo regno per sempre. Sorreggendo la colonna per evitare che Messina e tutta la Sicilia sprofondasse con tutti i suoi abitanti, il mito di Colapesce ha voluto insegnare che a volte per difendere la propria isola ci si sacrifica dando anche la propria vita.