Rosa Borgia

Arte & Intrattenimento

Rosa Borgia

Arte & Intrattenimento

Un fenomeno sempre più allarmante

2019-05-23 09:59:29

Rischiare la vita per un selfie: in tutto il mondo in sei anni 259 morti. In Italia le vittime del «killfie» più recenti sono i due amici morti in autostrada a Modena.

Sul tetto del centro commerciale di Sesto San Giovanni, in quel sabato sera con gli amici, il 16 settembre del 2018 c’è Andrea, 15 anni, che vuole scattare una foto “da paura” da postare sui social, e invece precipita per 40 metri nella condotta di areazione e perde la vita. All’inizio di giugno di quello stesso anno, un selfie assassino si porta via a Calangianus in provincia di Sassari Antonio, 20 anni, finito in un lago dopo un volo di 7-8 metri: ha perso l’equilibrio dopo essere salito su una ringhiera per un autoscatto. Esattamente un anno prima, in Gallura, una ragazzina ungherese di 15 anni muore annegata a Costa Paradiso: viene travolta da da un’onda e trascinata in mare mentre sta facendo un selfie con la zia su una roccia a picco sul mare. Come in una nuova roulette russa, i selfie uccidono, in Italia come in tutto il mondo. Le ultime vittime sono Luigi Visconti, 39 anni, di Napoli, e Fausto Dal Moro, 36 anni, di Padova, entrambi residenti a Reggio Emilia, che restano uccisi nella notte di sabato 18 maggio in un drammatico incidente sulla A1, tra Modena Nord e Modena Sud. La loro ultima testimonianza è un video condiviso da Dal Moro su Facebook: «Stiamo andando a Rovigo, ragazzi, siamo solo ai 200... , fai vedere a quanto andiamo, fagli vedere», dice all’amico alla guida della Bmw 320 che sfreccia a velocità sempre più elevata, fino a 220 chilometri orari. Sono gli ultimi istanti delle loro vite: l’auto si ribalta, i due giovani scendono e vengono falciati dalle auto che sopraggiungono. Il video ora vola verso le 400mila visualizzazioni. 

Le morti per un selfie estremo sono un fenomeno così allarmante da avere determinato la creazione di un neologismo, killfie, nato dall’unione del verbo inglese kill (uccidere) e selfie. Come riportato nel Rapporto Italia 2019 dell’Eurispes, che cita uno studio dell’India Intitute of Medical Sciences di New Delhi, in sei anni (ottobre 2011-novembre 2017) 259 persone in tutto il mondo sono morte a causa di autoscatti fatali (2 in Italia). Nell’84% dei casi le vittime erano giovani tra i 10 e i 29 anni: 153 gli uomini, 106 le donne. Morti per annegamento (70), incidenti legati a mezzi di trasporto (51), caduti da grandi altezze (48), divorati dalle fiamme (48), fulminati da scariche elettriche (16), colpiti da arma da fuoco (11), uccisi da animali selvatici (8). Morti per catturare l’attimo, per rendere pubblica una esperienza imperdibile. Luglio 2018, in provincia di Terni Roberto, 17 anni, si sdraia per terra in strada per filmare il passaggio dell’amico in scooter, ma viene accidentalmente travolto dalla moto. Maggio 2018: un artista circense di origini brasiliane, 20 anni, viene inghiottito da un lago ad Almese (Torino) dopo aver tentato di saltare la cascata di un torrente mentre un amico lo riprende con il telefonino.

Spiega Raffaella Saso, vice direttore Ricerche Eurispes: «Comportamenti di estrema imprudenza soprattutto da parte dei giovani, alla ricerca adrenalina o nel tentativo di apparire audaci, sono sempre esistiti ma questo è anche fenomeno nuovo. C’è un uso deteriore delle tecnologie: non c’è solo la sfida alla sicurezza, ma un narcisismo acrobatico, la ricerca della spettacolarizzazione, che non riguarda solo chi resta ucciso o ferito, ma anche i selfie fatti sui luoghi di tragedie, un comportamento riprovevole sul piano etico. Vediamo addirittura reati fotografati e filmati. La spettacolarizzazione esasperata dei comportamenti negativi – aggiunge - c’è sempre stata, ma adesso si è più motivati a metterla in atto. E’ una sorta di fiera vanità per cui il virtuale conta più del reale: metterlo sui social significa che il riconoscimento pubblico conta più dell’esperienza. Senza considerare che in alcuni casi le vittime hanno causato incidenti che potevano coinvolgere altre persone». In Italia, secondo l’Osservatorio nazionale adolescenza italiano, citato anche in questo caso dal rapporto Eurispes, un adolescente su 10 si cimenta in selfie pericolosi, mentre più del 12 per cento ha ricevuto al web o dagli amici la sfida a documentare il proprio coraggio, «richiamo che attecchisce soprattutto tra i più piccoli, alunni delle scuole medie inferiori». In India, dov’è avvenuta oltre la metà delle morti nei sei anni presi in esame, la situazione è di tale allarme che nella città metropolitana di Mumbai, per esempio, sono state istituite 16 no-selfie zone. In Russia, dove si contano 16 vittime, già dal 2015 è stata avviata una campagna di sensibilizzazione che invita alla prudenza.