Rosa Borgia

Arte & Intrattenimento

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Celebriamo la Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza!

2021-02-11 16:16:46

La questione femminile anima più che mai il dibattito d’attualità: c’è bisogno di cultura e di politiche a sostegno delle donne, che si tratti di lavoro, famiglia, relazioni, diritti sociali o pari opportunità.Ma anche di entusiasmo e intraprendenza, per conquistare il proprio ruolo nella società.

La storia di Rita Levi Montalcini e della sua vita (straordinaria) dedicata alla scienza

È stata una delle scienziate più importanti del Novecento, ma anche una donna che ha conquistato il mondo con la sua umanità…
Fin dall’antichità, le donne hanno contribuito in maniera significativa allo sviluppo scientifico. Medici, fisiche, matematiche, biologhe: la storia abbonda di donne che hanno fatto della scienza la loro ragione di vita, molto spesso incontrando difficoltà e pregiudizi da parte di una società che non riconosceva loro il giusto peso e l’enorme contributo che hanno dato al settore scientifico. Nell’ultimo secolo molte cose sono cambiate, ma forse oggi il cammino per certi aspetti è ancora disseminato di difficoltà. In questa rubrica racconteremo di donne tenaci e appassionate che non si sono mai arrese di fronte a un mondo dominato da uomini, e delle loro conquiste che hanno contribuito a cambiare (in meglio) il mondo in cui viviamo.
C’è una frase di Rita Levi Montalcini che riassume bene il rapporto tra le donne e il sapere: “La donna è stata bloccata per secoli. Quando ha accesso alla cultura è come un’affamata. E il cibo è molto più utile a chi è affamato rispetto a chi è già saturo.” Rita Levi Montalcini è stata una donna affamata che nel corso della vita ha dato molto alla scienza e all’umanità intera. Tutti noi ricordiamo questa signora elegante, dallo sguardo dolce ma sicuro, che ha lavorato e partecipato fino alla fine dei suoi giorni alla vita scientifica e politica del nostro Paese, dopo aver conquistato il mondo con le sue scoperte. Ma anche con la sua umanità e la sua sensibilità. “La mia intelligenza? Più che mediocre. I miei unici meriti sono stati impegno e ottimismo”, diceva di sé. Rita Levi Montalcini nacque a Torino in una famiglia ebrea molto colta e la sua decisione di scriversi a medicina non fu ben accolta dai genitori, che la volevano moglie e madre. Riuscì però a iscriversi alla facoltà tanto desiderata e a laurearsi con ottimi voti. All’indomani della laurea però, la sua vita di giovane donna e ricercatrice fu sconvolta dalle leggi razziali che la costrinsero a emigrare in Belgio con la famiglia. In pratica, dovette rinunciare al Dottorato, a causa del divieto, per gli ebrei, di studiare e di prendere parte alla vita delle università. Era donna ed era ebrea, due cose che non le rendevano affatto la vita facile. Ma la giovane Rita era una donna forte e determinata, e non si fece piegare dagli orrori della dittatura e della guerra. Anche in Belgio, nonostante le difficoltà della guerra e la vita in un paese straniero, continuò gli studi in neurologia, convinta che era quella la strada da seguire. Quando ritornò nella sua città colpita dai bombardamenti, allestì un laboratorio nella sua camera da letto, dove svolgeva ricerche sul ruolo dei fattori genetici e ambientali nella differenziazione dei centri nervosi. La guerra la costrinse in più di un’occasione alla fuga, ma alla fine, dopo vari peripezie, i Levi Montalcini riuscirono a sopravvivere all’Olocausto. Quando il conflitto finì, Rita volle finalmente realizzare il suo sogno: un vero e proprio laboratorio, dove poter continuare le sue ricerche. Ovviamente a casa! Qui lavorava con mezzi di fortuna: per sezionare i cervelletti degli embrioni ottenuti dalle uova, utilizzava aghi che levigava con le pietre fino a renderli sottili e taglienti come lame di bisturi.

fonte Elle