Riccardo Polverosi

Storia & Antichità

Un battaglione "speciale"

2020-01-22 01:22:53

Chi permise a Tebe di distruggere il mito dell'invincibilità di Sparta?

Nel 375 a.C. le città greche di Sparta e Tebe si affrontarono nella battaglia di Tegira. Come gli spartani apparvero sul campo, gli avversari presero a tremare: l'esercito spartano, superiore numericamente, non aveva eguali al mondo e intorno ad esso aleggiava un alone di invincibilità più che giustificato... ma quando gli eserciti si scontrarono, ad andare in pezzi furono proprio gli spartani! Come fu possibile?


La risposta sta nell'unità speciale che aveva messo in fuga il nemico: il leggendario Battaglione Sacro.

Si trattava di un gruppo di 300 soldati scelti, armati e addestrati al meglio delle possibilità, inoltre avevano una caratteristica che oggi può apparire alquanto bizzarra: erano tutti gay (nello specifico erano 150 coppie di innamorati)! 


Infatti il comandante tebano Pelopida, che aveva guidato in battaglia i soldati, aveva avuto l'intuizione che gli uomini avrebbero combattuto meglio se legati tra loro da un sentimento fortissimo quale l'amore: ovviamente ci aveva visto giusto, se il risultato dello scontro fu una vittoria contro l'esercito più blasonato della Grecia (per non dire del mondo). I soldati effettivamente si battevano con grande valore per una serie di motivi: alcuni volevano proteggere l'innamorato, altri volevano coprirsi di gloria e impressionare il compagno e altri ancora volevano semplicemente finire la battaglia il prima possibile.

L'insolito battaglione diede prova di sé un'altra volta nella battaglia di Leuttra del 371 a.C., quando fece letteralmente a pezzi (assieme al resto dell'armata tebana) un altro esercito spartano, giungendo addirittura a far fuori un re avversario.


Da quel momento e per i trent'anni successivi tutti capirono che Sparta come potenza era finita e la nuova potenza della Grecia era Tebe: il Battaglione Sacro vinse innumerevoli scontri, finché nella battaglia di Cheronea i Macedoni guidati da Filippo II (padre di Alessandro Magno) li sconfissero.

La loro fine però non fu silenziosa o sommessa: circondati dal nemico, i 300 amanti armati rifiutarono la resa e combatterono fino all'ultimo uomo, venendo sterminati tutti dai Macedoni.


In memoria di quei temerari, Filippo II fece erigere la statua di un leone vicino alla loro tomba, mentre in tempi più recenti l'esercito greco ha chiamato come loro uno dei suoi corpi scelti: c'è da chiedersi fino a che punto la tradizione del Battaglione Sacro è stata rispettata...


Fonte: HistoRick