Top Founder President
Che ci piaccia o meno la vita è un gioco. Chi si rifiuta di giocare rimane a bordo campo!
Ho appena finito di leggere l'autobiografia del signor Nike (Phil Knight). Mi ha completamente trasportato all'interno della storia, bellissima storia, piena di esperienze, rischi, coraggio, problemi, soluzioni, scelte, ecc.. il tutto raccontato dal protagonista con una vena a tratti ispiratoria e a tratti simpatica (mix molto raro che ho apprezzato moltissimo)
Un primo spunto da portarci a casa
In verità il libro l'ho finito ieri ed è stato davvero bello anche il finale (solo la parte in cui la Nike era ormai consolidata è stata un po' noiosa, mentre introduzione, nascita e crescita dell'azienda sono state una figata). Quindi ero qui stamattina a ripensare a quanto mi è piaciuto, ma avevo qualche vuoto. Nel mentre della lettura ero tutto: "wow, questo lo penso anche io, quest'altro lo dirò a tizio, quest'altro ancora è proprio quello che non fa caio" ecc.. Invece adesso mi sembra quasi di non ricordare nulla nello specifico. Immagino capiti anche a voi di non ricordarsi parola per parola tutti i libri, però mi dispiace sapere che ci sarà qualche bell'aneddoto che rimarrà all'interno di queste pagine.
Detto questo, il concetto che ho deciso di trattare oggi è proprio quello che più mi è rimasto impresso, che a mio modo di vedere ha permeato l'intero libro: il rischio.
Tutto in questa storia comprende del rischio, dal giro del mondo a 24 anni alla causa portata avanti contro la dogana americana, dalla prima importazione di scarpe giapponesi alla penetrazione nel mercato cinese, dai primi debiti con le banche alla quotazione in borsa. Non ne scrivo altri per non spoilerare (visto che consiglio vivamente a chiunque di leggerselo per intero) ma posso garantirvi che tutto il racconto ne è pieno.
Mi ha colpito molto una parte dell'introduzione, un consiglio che lui stesso si è dato prima di mettersi in gioco all'inizio, che riassume in maniera sintetica il concetto del rischio e la mentalità con cui affrontarlo:
"Del resto, poche idee sono folli come la mia attività preferita, correre. È dura. Ingrata. Rischiosa. Le ricompense sono poche e tutt'altro che garantite. Quando corri su una pista ovale o lungo una strada deserta, non hai una destinazione reale. Quantomeno, nessuna che giustifichi appieno un tale sforzo. È l'atto stesso a diventare la destinazione. Ti racconti che stai correndo verso un obiettivo, che stai inseguendo una qualche sensazione esaltante, ma in realtà corri perché l'alternativa, fermarti, ti spaventa a morte. Così quella mattina del 1962 mi sono detto: lascia che gli altri definiscano folle la tua idea... tu prosegui per la tua strada. Non ti fermare. Non pensarci neanche di fermarti finché non arrivi la, e non stare a preoccuparti di dove sia «là». Accada quel che accada, non ti fermare."