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Come funzionano i modelli matematici sul coronavirus

2020-03-12 23:26:18

In tempo di pandemia, quasi chiusi in casa per tentare collettivamente di arginare il contagio, la matematica si sta guadagnando uno spazio sempre più grande nel racconto dell’evoluzione epidemica. Tanti numeri – più o meno sensati – ci passano davanti ogni giorno, e non di rado si sentono citare

Non espressioni tipiche dell’analisi matematica applicata all’epidemiologia. E se ancora resta qualche fatica nel capire il significato del concetto di crescita esponenziale, con quell’aumento via via più rapido ed esplosivo che la caratterizza, basta accendere la tv, aprire un giornale o scorrere la bacheca dei social network per veder comparire termini come “attenuazione del picco”, “punto di flesso” o addirittura “modello di crescita logistica”.

Senza stare a ripercorrere i princìpi dell’analisi matematica, vorrei esaminare quello che si può e non si può fare giocando un po’ con i numeri.

Lo spazio e il tempo

Partendo dalla materia prima di cui ogni modello statistico-matematico si nutre: i dati. Avere numeri significativi, conoscendone la distribuzione spaziale e la dinamica temporale, è il punto di partenza della formulazione matematica di trend e curve, proprio perché spazio e tempo sono le due variabili più importanti per una qualunque forma di orientamento, pure in senso epidemiologico.

Abbandonata ormai la possibilità di tracciare delle curve realistiche utilizzando i dati relativi ai contagi, diversi scienziati indipendenti stanno elaborando i propri modelli a partire dai dati sui ricoveri in terapia intensiva e sui decessi, che peraltro sono gli unici a essere finora arrivati puntuali e completi ogni giorno. In sostanza, quindi, i modelli sfruttano le informazioni disponibili sui casi gravi, perché questi ultimi rappresentano una quota percentuale fissa e di facile riscontro rispetto al totale dei contagi. Più opinabile, invece, è la scelta di raccogliere i dati per provincia, perché se da un lato esiste più omogeneità metodologica su un territorio più ristretto, dall’altra non per tutte le province i dati arrivano con la stessa puntualità. Pure su scala regionale, naturalmente, vale lo stesso.

Di logistiche, gaussiane ed esponenziali

Come qualunque modellizzazione della realtà, si tratta di semplificazioni costruite a partire da ipotesi. Uno dei modelli più utilizzati in epidemiologia, e di fatto applicabile anche al coronavirus, è il cosiddetto modello logistico, che parte dall’idea di associare a ogni persona una variabile dicotomica, che può avere solo due valori possibili: sano o malato.

Quello che si ottiene è che l’evoluzione nel tempo del contagio prevede una fase di crescita iniziale, il raggiungimento di un picco e poi una fase finale di progressiva decrescita. Spesso, anche per questione di semplicità, si racconta la forma di questa curva di regressione logistica facendo riferimento alla molto più nota curva gaussiana, la famosa campana onnipresente in tutti i testi di statistica. In realtà è una semplificazione più che accettabile, almeno a livello comunicativo: di fatto, la distribuzione logistica è semplicemente una gaussiana con le code più spesse, ossia che si avvicina più lentamente all’asse orizzontale nelle due estremità.

La parte interessante di questo modello è che la zona di crescita iniziale può essere sostituita con ottima approssimazione da una curva di tipo esponenziale. Quando spesso si sente parlare di modelli esponenziali, quindi, significa che si sta cercando di verificare quale andamento di crescita la curva epidemica stia seguendo in funzione del tempo.
Si tratta però di una situazione estremamente complessa anche dal punto di vista matematico. Se da qualche giorno la curva delle terapie intensive ha cambiato la sua forma, restando esponenziale ma facendosi meno ripida, usando il dato combinato con i decessi non si è ancora notato alcuno scostamento rispetto al trend esponenziale. È dunque plausibile che i casi gravi, che nei primi giorni dell’epidemia avrebbero avuto un posto in terapia intensiva non abbiano più trovato spazio negli ultimi giorni, spiegando come mai i decessi stiano aumentando più in fretta rispetto ai ricoverati in intensiva.

il punto più importante è che queste curve non sono predeterminate come le orbite dei corpi celesti, ma dipendono criticamente dalle precauzioni adottate e dall’efficacia delle misure di contenimento del contagio. In altri termini, più che stare a prevedere quando la curva raggiungerà il picco e invertirà il proprio andamento, converrebbe agire per modificare attivamente l’andamento di quella curva. Ossia, per dirla con una battuta, stando a casa.



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