Max Pisani ~ Analogista

Supera la crisi personale velocemente

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3) Smettila di Farti Manipolare - Riconosci e Liberati dai condizionamenti mentali

2019-05-15 16:02:23

Settimanalmente, proporrò degli articoli tratti dal mio primo libro Manuale omonimo. Il lettore apprenderà una tecnica che gli permetterà di Individuare ed Eliminare, PRATICAMENTE, quei complessi (ricatti e vincoli), che gli altri utilizzano nei suoi confronti.

I 2 articoli precedenti

  1. Smettila di Farti Manipolare - Riconosci e Liberati dai condizionamenti mentali : Genesi della Frustrazione - Differenza frà Esigenza e Appagamento.
  2. Smettila di Farti Manipolare - Riconosci .....: SIMPATIE E ANTIPATIE - Una questione di emozioni - IL CONDIZIONAMENTO - I ricatti Manipolatori e Ipnotici 

1.3 IL RICATTO - I peccati dei genitori ricadranno sui figli

“Mi è sempre stata incomprensibile la tua assoluta insensibilità al dolore e alla vergogna che suscitavi in me con le tue parole e i tuoi giudizi, era come se non ti rendessi conto del tuo potere” (F.Kafka – Lettera al Padre)


Se ti affatichi a rincorrere dagli altri affannosi riconoscimenti il tuo complesso è la Disistima, cioè la mancanza di autostima. 


Se decidi e scegli al fine di essere giudicato positivamente, o per evitare quel giudizio, il tuo complesso è il Timore del Giudizio degli Altri


Se fai fatica a decidere per evitare di sbagliare o non decidi affatto, magari rendendo difficile il facile attraverso l'inutile, il tuo complesso è il Senso di Colpa


Se scarti la possibilità di vincere o perseguire il tuo obiettivo per evitare di lasciare persona cara il tuo complesso è la Paura dell’Abbandono Affettivo


Tutto questo è sintetizzabile in maniera logico-deduttiva e sicuramente hai realizzato che ti rivedi in tutti e quattro gli esempi o solamente in alcuni di essi. 


Probabilmente ti starai domandando se esista essere vivente immune da quei complessi (sigilli o vincoli). 

La risposta è che: la stragrande maggioranza degli individui ne presenta almeno due, uno dei quali è altamente vincolante, cioè in base a quel ricatto modula e stabilisce le sue scelte quotidiane e di vita

Fai attenzione però il tuo "carnefice" percepisce il tuo tallone da “killer” e ti stà utilizzando a suo piacimento se pur inconsapevolmente. 


Amici o conoscenti che ti “vomitano” addosso ogni problema o sofferenza e ti tiene incollato al telefono per ore. Ti rimproverano se non rispondi e tu ti giustifichi per non aver risposto nonostante non avevi nessuna intenzione di starli a sentire. 

Se poi ti permetti di parlargli dei tuoi problemi non ti ascoltano anzi, ne traggono spunto per parlarti dei loro problemi di gran lunga più asfissianti dei tuoi. 


Quel genitore che nonostante abbia a disposizione il proprio partner e altri figli ma cerca te. Esige che ti preoccupi per sentirlo, andarlo a trovare o almeno chiamarlo, pena il rimprovero perché “ti sei scordato di lui”. 


Al contrario l’incapacità di accudire quel genitore, per rancore o risentimento, nonostante ne avverti la necessità e l’esigenza. 


Quel figlio che con i suoi silenzi ti preoccupa a differenza degli altri figli, tanto da pensare che possa avere qualcosa da rimproverarvi. 

In sostanza ti affanni quotidianamente preoccupandoti degli altri meno che di te stesso, con la speranza che forse qualcuno domani te ne renderà merito. 


Sappi che se non riuscirai ad amare prima te stesso avrai commesso il peccato più grande, quello del mancato rispetto della tua dignità di individuo “creato ad immagine e somiglianza divina”. 


Un suggerimento: non sostituirti a chi ha già trascinato la “croce” al posto tuo (Gesù). 


Come avevo promesso traccerò in breve i passaggi che molto probabilmente resteranno indelebili nella vita del nostro piccolo finché non si deciderà a smitizzarli e a realizzare che non si trattava dei suoi bensì dei nostri limiti, ci riuscirà magari leggendo questa storia.

Tratto da una confessione di un cliente:

Caro figlio mio devo confessarti una cosa: 


non appena venisti alla luce già sperimentavi che piangendo ottenevi attenzione da chi recepiva il tuo richiamo. 

Del resto, così fan tutti. 

Quante volte hai desiderato che accorresse mamma o, meglio di niente, io tuo padre. 


Ricordo che con l’intento di soddisfare i tuoi bisogni spesso è andata così, anche se riuscire a comprendere ciò che volevi è stato difficile: coccole, cibo, acqua, nanna o semplice rassicurazione


A volte facevamo finta di niente perché stavi crescendo e gli altri, dall’alto della loro esperienza, ci consigliarono che accorrendo ad ogni tuo richiamo avremmo rischiato di viziarti. 


Così hai iniziato a fare sempre più richiami, capricci, caos…specie con gli altri bambini. Ecco che al tuo richiamo se pur differente dal pianto siamo accorsi in tanti: io, mamma, i nonni, la maestra, i genitori dei tuoi amici e tanti altri


Non avevo scelta ho iniziato a punirti a ricattarti a negoziare la tua calma: prima con piccoli regali poi con doni sempre più importanti

Io e mamma per avere un po’ di tranquillità escogitammo un espediente perciò iniziammo a parcheggiarti di fronte al televisore e finalmente un po’ di calma. 


Allo stesso modo, chi più chi meno, riuscivano a gestirti anche gli altri e per un po’ è stato più semplice convivere con te. 


Ricordi quando ti chiedevo di fare qualcosa e non la facevi? 

Riuscivo a ricattarti utilizzando: “allora ti lascio da solo e me ne vado, cattivo!”. Tu piangendo singhiozzando, ipnoticamente, mi inseguivi pregandomi di non lasciarti. 

Restavi ad attendermi e pregarmi dietro quella porta che avevo sbattuto con forza e rabbia. 

Piccolo mio questa tecnica del ricatto, con negoziazione imposta, sfruttava la tua necessità di non essere abbandonato perché avrebbe significato morire di fame e di sete in quanto non eri ancora autosufficiente ma non lo sapevo, o meglio, quando ero piccolo come te nei miei confronti, funzionava alla grande. 


Questa fu la prima volta, di tante


Ricordi quando allo stesso modo replicavo ad un tuo gesto, diniego o scelta, utilizzando la frase: “vedi, per colpa tua, io e mamma litighiamo sempre, sono stanco e domani dovrò andare a lavorare per darvi da mangiare!”. 

Era lo stesso senso di colpa di quando, non fidandomi di te, ti obbligai verbalmente di non prendere quel bicchiere per bere poiché l’avresti fatto cadere (noi genitori abbiamo le premonizioni e il dono della veggenza), in realtà non volevo scomodarmi eventualmente a ripulire i cocci e asciugare il pavimento. Infatti quel bicchiere ti sfuggì dalla mano e si ruppe, accorse la mamma che con i piedi scalzi si ferì, imprecò nei miei confronti e quando ci separammo ti convincesti che fu per causa tua, per aver disatteso un mio ordine avevi combinato un patatrack. 

Ecco come da una tua esigenza di autosufficienza ti ho spinto verso altro. 


Anche questa fu la prima volta di altre. 



Ricordi quando ancora piccolino mi chiedesti di andare al parco senza il pannolino e io: “sei sicuro, non è che poi ti fai la pipì addosso?


E infatti l’ennesima previsione si materializzò d’avanti ai tuoi piccoli amici quando a causa di un pugno alla pancia ricevuto da un tuo amico, la tua vescica si liberò e inondò i pantaloni di pipì. Avrei potuto far finta di nulla rassicurandoti. 


Avrei potuto portare un cambio, piccolo mio, e nulla di tragico sarebbe accaduto. 

Invece volevo dimostrarti, anzi dimostrare a me stesso, che avevo ragione e papà sa tutto. 

Ti vergognasti, ti sentisti umiliato e indifeso da quelle risate e da quelle faccette espressive e spaventate dei tuoi amichetti che si godevano la messa in scena della tua punizione. 

Ti sentivi giudicato negativamente da tutti, da tuo padre, da te stesso. 

Ecco come dalla tua ennesima esigenza di autosufficienza e crescita ti spinsi verso altro. 


Fu la prima di altre volte. 


Come dimenticare quel lavoretto che portasti da scuola fatto interamente con le tue manine. 

Ti eri applicato da giorni per dimostrare a me, tuo padre e tuo eroe infallibile e forte, che eri in grado di fare qualcosa da solo e senza il mio aiuto, per evitare di stancarmi e continuare a farmi sbuffare. 

Quel giorno, era durante il periodo pasquale, ti avevo promesso di venire a prenderti da scuola ma non ce l’ho fatta. 

Ci incontrammo a casa e come al solito avevo fretta. Discutevo animatamente con la mamma e tu con quel prezioso dono fra le mani richiedevi attenzione. Io mi arrabbiai con te che non mi lasciavi parlare, guardai per un attimo quel pezzo di carta che desideravi donarmi e lo lanciai lontano da noi: “che delusione, ecco l’ennesima prova che mio padre non mi stima, non ne faccio una giusta”…pensasti! 


Fu la prima volta di tante. 


Ora sei cresciuto e mi accorgo che insegui gli altri, decidi di fare o non fare, dire o non dire. 

Agisci o meno solo ed esclusivamente in base a quei ricatti che albergano in te. Ti condizionano a tal punto che oramai non decidi o agisci più in base a ciò che è necessario per il tuo bene, felicità o benessere. 

Elabori solo se spinto e ricattato o, peggio, per evitare che quei complessi che ti ho donato si rifacciano vivi in te. 

Non so più se poni in essere volontariamente o meno quegli atteggiamenti che inevitabilmente ti fanno ricelebrare e rivivere emotivamente i tuoi fallimenti o quel fallimento di figlio nei confronti del padre che tanto ti ha emozionato. Ti ho emozionato a tal punto che difficilmente troverai altre fonti o simboli stimolanti, e si sa l’essere umano che non vive emozioni è come fosse morto. Vedi figlio mio io non ho studiato per fare il padre o divenire genitore perfetto, avrei potuto farlo: leggere qualche libro, fare delle ricerche su internet ma ho preferito altro a questo, a te, a me. Non tanto per essere perfetto, giacchè la perfezione è una chimera, ma almeno avrei potuto limitare i danni. 


Mio padre si comportò allo stesso modo nei miei confronti e io avrei dovuto riconoscerlo subito a me stesso e magari sarei riuscito a non cadere nello stesso suo errore. Ero certo che dai miei ammonimenti ne avresti tratto esperienza e forza, avresti potuto sfruttare le mie sfide vincendo, mentre invece non era un gioco e non dovevo sfidare la sorte. 


Lo so sei deluso. Ti ho illuso e ho illuso me stesso, ma pensavo che fare il padre sarebbe stato più semplice di così. 

Ancora oggi mi pare persino impossibile che da quei piccoli eventi vissuti ne sia scaturita tanta sofferenza d’animo. 


Ti scrivo questo perché ho finalmente dissipato i miei condizionamenti e ho compreso che non sei perfetto come non lo sono io. 

Forse avresti potuto limitare i danni ma oramai non importa. 

Ho finalmente compreso il motivo per cui venivo trascinato e indotto ipnoticamente, istante dopo istante, a decidere il da farsi o meno, cosa dire o non dire. Era per evitare quei ricatti o addirittura per riviverli come per celebrare le mie insicurezze o poche certezze, lo facevo con: insegnanti, amici, partner, datore di lavoro


Ero pilotato dai tuoi complessi, quelli ereditati da tuo padre, alcuni più attraenti di altri ma poi, caro padre mio, ho realizzato che avrei dovuto darci un taglio.


Ho capito che sei stato il mio primo modello e non avevo alternative ma avevo il diritto e il dovere di andare oltre, di evolvermi. 


Perciò mio eroe, padre mio, io tuo figlio ti perdono dal profondo, perciò non sentirti in colpa perché tu hai fatto ciò che ritenevi opportuno fare ma da oggi con la tua benedizione continuo la strada nuova verso la felicità.

by Massimo Pisani