Martina Ghezzi

AMARE DA MORIRE

2021-01-31 07:43:05

Le più grandi storie d'amore come nessuno te le ha mai raccontate

Sembra facile parlare d'amore, ma è molto più difficile nominare la morte in un mondo che la intende solo come una fine e una separazione fisica, quando invece "Morte" ha in sé una miriade di significati molto profondi, la cui conoscenza è indispensabile per vivere una vita illuminata.

"Amore" deriva da a-mors, senza morte.
Amore è un nutrimento in grado di così tanta vita da superare la morte, di attraversare la morte per dare nuova vita.

Si dice, come comprovato da molti casi, tra cui quello emblematico di Edward Bach, che una persona gravemente malata possa superare ogni statistica di guarigione e sopravvivenza alla malattia se la sua esistenza è motivata da un'ambizione animica molto elevata destinata al bene comune e  quindi da una missione di amore incondizionato o che spesso proprio questo contatto ravvicinato con la morte sia la chiave d'accesso per la presa di coscienza della grande missione.

Amare incondizionatamente non significa essere disposti a dare ogni cosa, ma essere disposti a perdere qualcosa.
Che poi non ci sono perdenti nel vero amore dal momento che non c'è conflitto.
E per ogni ramo offerto, tante gemme tornano a nascere più rigogliose e più forti.

E così chiunque abbia affrontato una delle facce della morte (fisica, emotiva o spirituale) può indubbiamente raccontare di ciò che ha perso e di come sia rinato, di come abbia perso una parte di sé per poi ritrovarne una più vera.

E cosa facciamo in una relazione che funziona se non mettere da parte qualcosa di noi per permette di costruire una nuova unità e non una coppia.

E forse Dante voleva dire proprio questo raccontando la storia di Paolo e Francesca? 

"Amor c'ha nulla amato amar perdona/ mi prese del costui piacer sì forte, /che, come vedi, ancora non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte: /Caina attende chi a vita si spense/ queste parole da lor ci fur porte."

Forse voleva proprio dirci che non possiamo sottrarci all'amore e che una volta provato non vi si può più rinunciare perché in esso si ricompongono tutti i tasselli dell'esistenza ( "Amor c'ha nulla amato amar perdona/ mi prese del costui piacer sì forte, /che, come vedi, ancora non m'abbandona.") e che,  perché l'amore esista eterno e indissolubile, non può essere frutto dell'inganno e spesso chiede un sacrificio, una trasformazione.
Ogni trasformazione ha in sé la morte del vecchio per la nascita del nuovo e un cambio di forma e/o dimensione.
Francesca fu trafitta da Giangiotto per tentare di salvare la vita di Paolo in nome della vita stessa e dell'Amore, pur sapendo che avrebbe sacrificato la propria e, cedendo a quell'atto di amore, la Vita concesse di unirli per sempre in un'unica morte. Così le vite di Paolo e Francesca furono trafitte insieme dalla stessa spada, ("amor condusse NOI ad UNA morte"). E proprio nella morte dei due corpi ("e caddi come corpo morto cade"), le loro due anime divennero unità, per poi vivere uniti per sempre nell'inferno, cioè Dante li volle come umani messi costantemente alla prova nel mondo materialistico, insieme agli altri uomini peccatori e non come eroi in un immaginario mondo celeste senza avversità.

Questa storia vera nella realtà, fu raccontata da Dante nel suo capolavoro e possiamo interpretarla come una metafora per dire che la Vita conduce sempre le anime verso il loro destino anche attraverso esperienze non piacevoli ( se Francesca non fosse stata destinata a Giangiotto in un matrimonio combinato contro la sua volontà, non avrebbe mai conosciuto il suo amato Paolo) e che l'amore assoluto si raggiunge solo con la morte dell'Ego per la nascita dell'Io come tutto nell'Uno e l'Uno nel tutto, ma anche accettando la possibilità di dover cambiare il proprio mondo (Paolo e Francesca sono morti e si sono ritrovati vivi in un'altra dimensione come accade cambiando lavoro, coniuge, casa, amicizie, carattere, abitudini, alimentazione, etc... e raramente si torna indietro se il passo è stato compiuto in direzione del volere dell'Anima e cioè in nome dell'Amore universale, che ci guida alla missione di cui parlavamo all'inizio.)

Una storia con la stessa conclusione di morte dei due innamorati, ma molto diversa nel significato e nella dinamica fu quella di Romeo e Giulietta che non furono uccisi per gelosia, ma si suicidarono entrambi non per amore l'uno per l'altro, ma per ignoranza, senso di fallimento e mancanza di presenza.
Questa storia insegna che l'inganno verso gli altri non è altro che l'inganno di sé stessi e porta sì alla vera perdita di sé stessi e di chi abbiamo attorno.
Se Romeo e Giulietta avessero agito in nome dell'amore non avrebbero mai e poi mai rinunciato alla Vita.
Essi vivevano di attaccamenti, mancanze e non vivevano l'attimo che accade adesso. Completamente fuori di sé, agitato e senza radicamento Romeo non si accerto' neanche che Giulietta non respirasse prima di suicidarsi e Giulietta si uccise a sua volta per il senso di colpa. 
Perdendo completamente sé stessi e accecati dalla passione persero la ragione e non seppero vedere il futuro in una vita senza dipendenza.
Quando lo Shen non è radicato, si agita e compie atti folli e pericolosi.

Se ci fate caso ogni volta che non riusciamo a lasciare andare e a per-donare soffriamo perché l'Anima è appesantita di fardelli e non può elevarsi.

Amare è aprire il cuore perché esca ciò che possiamo donare, è fare spazio per accogliere e siccome ricevere sta nello stesso atto di dare, più si dà più il cuore diventa ricco, aperto e grande.

Martina Ghezzi

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