Marina Libiani

Cosa accadde

2021-01-09 14:04:23

Il 9 gennaio del 1873 morì a nemmeno 65 anni d’età, nel villaggio inglese di Chislehurst dove s’era auto-esiliato, Charles Louis Napoléon Bonaparte, meglio conosciuto come Napoleone III, imperatore dei Francesi.

Si era da poco sottoposto a due sfortunati interventi di litotrissia, che però avevano aggravato le sue già precarie condizioni di salute, tanto che la morte lo colse fra atroci dolori provocati da quello che l’autopsia avrebbe rivelato essere un calcolo renale della grandezza di “un uovo di piccione”.
Emblematico fu il destino di questo personaggio, condannato dai posteri ad una veloce "damnatio memoriae" a differenza del suo ben più famoso zio Napoleone I, passato invece alla storia come uno dei massimi strateghi militari e politici che abbiano mai calcato le scene mondiali.
Se quest’ultimo infatti dall’immaginario collettivo sarebbe stato considerato come “il Grande", al primo, causticamente ribattezzato "il Piccolo" da Victor Hugo, non fu mai perdonata l’ingloriosa sconfitta subita a Sedan nel 1870 ad opera dei Prussiani.
Al giovane Charles, almeno all'inizio, l'ingombrante parentela risultò più d'impiccio che d'aiuto, costretto come fu con entrambi i genitori prima e poi, dopo la loro separazione, con la sola madre Ortensia de Beauharnais, a peregrinare in un lungo esilio in giro per l’Europa per tutta la durata della Restaurazione borbonica e poi sotto il regno di Luigi Filippo d'Orleans.
Se durante i suoi soggiorni in Germania, Svizzera e Baviera apprese a parlare con l'inconfondibile accento tedesco che l'avrebbe accompagnato per tutta la vita, in Italia nel 1831 aderì alla Carboneria iniziando persino a fantasticare su una possibile liberazione del Paese dagli stranieri e sulla sua conseguente unificazione.
Si trasferì poi in Inghilterra, dove orchestrò due maldestri tentativi di colpo di stato in Francia, il secondo dei quali gli costò la condanna a sei anni di reclusione da scontarsi in una fortezza della Piccardia, dalla quale riuscì ad evadere in maniera rocambolesca travestito da operaio, per rifugiarsi di nuovo a Londra.
Poté rientrare a Parigi soltanto nel 1848, quando una nuova rivoluzione costrinse re Luigi Filippo ad abdicare con la conseguente proclamazione della Repubblica.
Charles ne approfittò per candidarsi all'Assemblea Costituente e poi a quella Nazionale, risultando sempre eletto. Forte del suo nome, tentò subito il "colpaccio" presentandosi alle elezioni presidenziali di quello stesso anno, e anche qui vinse in modo quasi plebiscitario dopo aver proposto un programma politico per certi versi conservatore, perché basato su parole d'ordine quali religione, famiglia, proprietà, e sotto altri aspetti progressista, con la promessa di pensioni di vecchiaia per tutti, oltre ad una sostanziale ridistribuzione della pressione fiscale.
Quando però, secondo il dettato costituzionale, avrebbe dovuto lasciare, non essendo riuscito a cambiare la Costituzione stessa per via parlamentare, lo fece “manu militari” col golpe del 2 dicembre 1851, giorno in cui sciolse l'Assemblea Nazionale, mise sotto controllo i giornali e represse nel sangue i pochi tumulti popolari scoppiati qua e là, inviando i soggetti più facinorosi nei terribili bagni penali della Guyana o della Nuova Caledonia.
Per darsi un'aura di legalità organizzò un plebiscito popolare che sancì il trionfale ritorno dell'Impero. Con lui la Francia ricevette un impulso eccezionale in materia di politica economica, che consentì al Paese di crescere a tassi a doppia cifra percentuale grazie ad un aumento esponenziale dell'export e delle produzioni industriale ed agricola, favorito anche dalla rapida estensione della rete ferroviaria e dallo sviluppo dei trasporti marittimi.
In politica estera intraprese la vittoriosa Guerra di Crimea, combattuta contro l’Impero Russo a fianco degli Inglesi, ma soprattutto, dopo gli accordi siglati nell'estate del 1858 a Plombières col nostro Conte di Cavour, riuscì con la campagna militare del ’59 a realizzare il suo sogno di giovane carbonaro, contribuendo in maniera decisiva all’unificazione del nostro Paese e alla sua liberazione dal giogo austriaco, il tutto però dietro la cessione alla Francia da parte del neonato Regno d’Italia della Contea di Nizza e della Savoia.
Cadde infine nella trappola tesagli dal cancelliere prussiano Bismarck, che fece di tutto per farsi dichiarare guerra ben sapendo che il suo esercito era di gran lunga più numeroso e meglio attrezzato di quello francese. Così la guerra franco-prussiana del 1870 si trasformò in un trionfo per i Tedeschi che infersero il colpo di grazia ai loro avversari a Sedan, facendo prigioniero lo stesso Napoleone III che, coprendosi di vergogna agli occhi dei suoi connazionali, si consegnò ai nemici.
Fu la sua fine politica e personale, che l’obbligò ad un'ultima fuga in Inghilterra, dove avrebbe trascorso nel semi-anonimato gli ultimi due anni di vita, tormentato da incessanti crisi di coscienza oltre che dai calcoli renali che l’avrebbero portato alla tomba.
Accompagna questo scritto il “Ritratto di Napoleone III di Francia” di Franz Xaver Winterhalter, 1855, Museo Napoleonico, Roma.

1