Maria Grazia Mauri

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Lo spazio in cui accadono i miracoli

2019-08-24 11:41:18

Seguo Lynne McTaggart da molti anni ed ho frequentato anche il suo seminario sul potere dell'8.

Conferenziere, giornalista inglese e scrittrice di fama internazionale, Lynne McTaggart è esperta di scienze di frontiera e di medicina alternativa. Dirige insieme al marito l’associazione What the Doctors Don’t Tell You ed è conosciuta per la pubblicazione di importanti riviste e saggi di salute e spiritualità, degni di nota e riflessione i suoi studi ed sperimenti sul potere delle intenzioni.


Nel suo articolo del 23/08/2019 (in inglese qui  "The place where miracles happen" ), Lynne riflette sul meccanismo relativo al miracoloso processo dell' auto guarigione fisica ma anche delle proprie vite, tale processo si mette in moto spontaneamente nelle persone che  partecipano agli esperimenti con delle intenzioni mirate a favorire la pace, per questo motivo si è indirizzata sugli studi di Richard Davidson, psicologo presso l'Università del Wisconsin, che sperimenta e si impegna nel verificare come una particolare emozione viene scatenata nel cervello.


Richard Davidson ha scoperto che le persone con emozioni negative hanno un'attività persistente nelle regioni della corteccia prefrontale destra e si è chiesto se è vero anche il contrario, cioè se l'emozione positiva comporta una maggiore attività nei lobi frontali di sinistra. 

La sua ricerca sul cervello è stata meritevole dell'attenzione del Dalai Lama, che ha deciso di supportare i suoi esperimenti mandando all'Università del Wisconsin un gruppo di monaci tibetani di alto livello, altamente qualificati in meditazione.

Quando Davidson testò uno dei monaci, scoprì che c'era una marcata attività nei lobi frontali di sinistra, più di quanto avesse mai registrato prima. Secondo le sue misurazioni neuroscientifiche, questo era l'uomo più felice che avesse mai visto!

I risultati ottenuti hanno suggerito qualcosa di molto significativo per Davidson. La registrazione neuronale delle emozioni sembrava essere altamente malleabile  e mutevole, un'abilità appresa che poteva svilupparsi con determinati pensieri nel tempo. Davidson ha continuato a condurre molti esperimenti con i monaci buddisti per determinare se la meditazione  condiziona realmente il meccanismo del cervello per consentire alle persone  di diventare più felici ed empatiche


Davidson e i suoi colleghi hanno reclutato altri meditatori buddisti di grande esperienza in un tipo di pratica chiamata "meditazione compassionevole" (Nyingmapa o Kagyupa nella tradizione tibetana), nonché un gruppo di volontari della comunità universitaria senza esperienza nella meditazione.


Ai meditatori alle prime armi sono state impartite istruzioni sulle pratiche meditative scritte da Matthieu Ricard, un monaco buddista di origine francese con un dottorato di ricerca in genetica molecolare, nonché interprete principale del Dalai Lama.


Per un'ora al giorno e  per una settimana, i meditatori hanno praticato peri venti minuti in uno stato di "pura compassione ", accompagnati da una immediata e incondizionata  disponibilità ad 'aiutare tutti gli esseri viventi. Successivamente, sia i meditatori esperti che i principianti, sono stati collocati negli scanner di risonanza magnetica in uno stato di meditazione compassionevole o in uno stato rilassato senza emozioni positive o negative, mentre Davidson usava vari suoni, tipo quello di una donna stressata che urla, una risata gioiosa di un bambino o un semplice rumore di fondo, misurando le onde cerebrali e confrontando l'attività del cervello durante la meditazione e in uno stato rilassato e neutro.


Come prevedeva Davidson, l'attività cerebrale era al massimo durante i periodi di meditazione compassionevole e mentre veniva riprodotto il pianto di un bambino.

È chiaro che praticare regolarmente la meditazione compassionevole può sensibilizzarci permanentemente verso gli altri, diventando più disponibili e aperti alle esigenze altrui.

I monaci di Davidson hanno dimostrato di avere un circuito cerebrale di compassione più attivo del normale, anche durante il riposo ma questa capacità può svilupparsi abbastanza rapidamente anche nei nuovi praticanti perché la pratica buddista della meditazione compassionevole è molto simile al nostro naturale impulso nel donarci incondizionatamente, il che è esattamente ciò che accade durante gli esperimenti intenzionali di Lynne, quando i partecipanti si focalizzano amorevolmente sulla pace, il più grande collegamento fra gli esperimenti di Lynne e i risultati del lavoro di Davidson, sono dovuti all'area del cervello in cui si verifica l'attivazione: la giunzione parietale temporale, nell'emisfero destro.


Anche  studi del neuroscienziato Dr. Andrew Newberg dell'Università della Pennsylvania, hanno evidenziato che un praticante di meditazione compassionevole quando perde il senso di sé e degli altri,  entra in uno stato di unità:  il nostro connetterci oltre i confini individuali è lo spazio in cui accadono i miracoli!


Da Cuore a Cuore

Maria Grazia Mauri