Trattato sul senso di scarsità
In questo breve scritto cercherò di analizzare e portare su un piano esclusivamente personale uno dei grandi mali che affligge l'essere umano: il "senso di scarsità".
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di essermi reso vittima del senso di scarsità: "vittima" in quanto dichiarazione di impotenza - "senso" in quanto poco identificabile e sfuggevole alla coscienza, al di fuori della mia portata - "scarsità" in quanto stato d'essere e sinonimo di "rinuncia"
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di aver creduto nell'esistenza della scarsità e di averle dato il potere di condizionare il "chi sono" e il "cosa faccio" al punto di aver sviluppato pensieri/azioni/procedure/priorità che caratterizzano la mia giornata quotidiana/esistenza al punto da ritenerle essenziali e irrinunciabili - al punto da confondere ciò che è essenziale da ciò che non lo è - al punto da non poter prescindere dal "senso di scarsità" per muovermi nella presenza dei miei giorni, quasi a fidarmi di essa come un fedele compagno.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di aver abdicato a chi sono e a ciò che posso in favore del senso di scarsità, poiché esso stesso ha creato ciò che ho definito "i miei problemi, diritti e doveri" ed esso stesso mi ha fornito la spinta e il coraggio per affrontarli e per questo mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di non essermi reso conto che implicitamente sono divenuto l'espressione dei "problemi, diritti e doveri" che caratterizzano la mia "morale personale".... Morale in quanto "motivo e giustificazione" di cosa "pretendere e cosa accettare" in quanto bilanciamento/punto di incontro tra il mio senso di scarsità e la mia capacità di colmarlo... Ovvero la mia autostima.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di non aver compreso che la scarsità è "il timore di temere", pertanto una finta saggezza basata sulla paura della paura, dove questa saggezza altro non è che uno "scatto emotivo" atto a evitare il nostro più grande capo (quasi un dio) : il dolore fisico.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso per aver costruito questa finta saggezza e per averle dato le connotazioni di un consigliere che in situazioni di "scarsità" mi guida in tutto e per tutto: mi consiglia con le parole, mi da la forza di agire con adrenalina e mal di pancia, muove i miei muscoli con movimenti meccanici e programmati.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di fidarmi di questo consigliere più di quanto mi fidi di me stesso, poiché di fatto conosco meglio lui che me.... Non so come "me" possa affrontare le situazioni di ogni giorno, poiché di fatto non le ha mai affrontate, ma si è parato sempre dietro di "lui".
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Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di voler trattare il senso di scarsità dal presupposto di scarsità/carenza e quindi con tutte quelle azioni/istruzioni che sono l'espressione e la conseguente creazione del senso di scarsità quali pensieri, auto convincimenti, giustificazioni e azioni di contenimento..... Che in sostanza si traducono in misure repressive.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso per non aver compreso che attualmente ogni azione o pensiero atto a risolvere una situazione di scarsità è esso stesso un fattore generativo di senso di scarsità che va a confermarsi/rafforzarsi/accumularsi.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso per non essermi reso conto che la più evidente forma del senso di scarsità è proprio quando riesco finalmente a "lasciarmi andare" e a "conciliarmi col momento che vivo" poiché è proprio in quel momento che vengo assalito dal primo pensiero di "ciò che mi sto scordando/ciò che migliorerebbe il momento/ciò che è meglio far subito prima di dimenticarsi/ciò che debbo assolutamente fare per permettermi di godermi questo momento" e con questo mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di seguire questo impulso/urgenza momentanea fidandomi che è proprio questo "l'ultima cosa che mi separa" dal senso di "realizzazione" che il momento stesso mi stava donando, senza capire che è stata proprio quella azione dettata dal senso di scarsità che nuovamente riconferma il senso di scarsità.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di temere il lasciarmi andare e l'abbandonarmi completamente al momento, poiché nell"abbandonarmi" sussiste l'abbandono di ogni "pensiero di sussistenza" in quanto ciò che "stavo facendo/stavo per fare/dovrò fare /non devo dimenticare /mi devo ricordare /ho capito che è saggio prevedere"
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di aver creato il più grande alleato e al contempo antagonista del senso di scarsità: la pulsione del "voglio di più", in quanto impulso/spinta/moto energetico generato da una possibile soluzione che la mente propone e che di fatto è l'espressione della voracità e della separazione.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso la frustrazione della consapevolezza di percepire il senso di scarsità, poiché mi sento in trappola e senza via d'uscita dato che qualsiasi "azione" interiore o esteriore intrapresa nel tentativo di uscire dal senso di scarsità scaturisce ed è l'essenza stessa della scarsità, pertanto genera sempre maggiore senso di scarsità.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di non trovare conforto nemmeno nel "non fare nulla" poiché è un nulla "fatto/attuato/scelto/ponderato/reclamato" e pertanto finalizzato al riempimento del senso di scarsità, il quale non esiste.... Non è misurabile... Pertanto non è colmabile... Percui ogni azione ha come risultato la frustrazione di un ennesimo fallimento e quindi il sentito di non saper assolvere/provvedere alla mie esigenze che porta a un maggiore senso di scarsità
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso di aver pensato che migliorare/migliorarmi/evolvere significasse trovare le spiegazioni e i "perché" di ciò che mi sono costruito e delle istruzioni che ho dato al mio "alter ego" per gestirmi, avendo invece trascurato di soffermarmi sugli effetti immediati e futuri che queste istruzioni/comportamenti/cicli comportano, che sono in essenza ciò che realmente è importante.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso per aver sempre preferito trovare il "perché/la causa profonda/la causa ULTIMA" di ciò che sono pensando così di poter "trattare con essa ad un livello consapevole".... Pensando così di rendermi "migliore e più forte di questa causa" pensando di poterla piegare al mio volere.... Trovare la situazione di scarsità così da poterla piegare secondo le regole del restante senso di scarsità.... Senza invece capire che ogni volta che trovavo un "ulteriore perché", questo diventava una ulteriore giustificazione e difesa nel rammentarmi chi sono e per darmi maggior potere e motivazione nell'esigere da me stesso ciò che il senso di scarsità ha sempre reclamato.
Mi perdono per aver accettato e permesso a me stesso per essermi sostanzialmente colpevolizzato in tutti questi anni in cui mi sono illuso di essermi "evoluto", cercando i "motivi" percui non sono quello o sono quest'altro, scavando sempre più affondo e quindi cercando modi sempre più sofisticati di scovare "cosa non va" creando in realtà ulteriori immagini di me... Indossando brutte maschere sempre più differenti e sofisticate, pungolando sempre maggiori e svariati aspetti, cercando il colpevole da imputare davanti alla giuria affamata dal senso di scarsità... Ecco il giudice e il carnefice.