Mantra Yoga

Yoga & Discipline Orientali

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Restare in equilibrio in un mondo traballante

2021-03-04 05:51:41

Per avere un pensiero lucido e una vita felice e soddisfacente è necessario imparare l’arte di controllare la mente al fine di non esserne sopraffatti.

La ricerca dell’equilibrio è un’avventura che dura una vita intera e nella quale tutti siamo coinvolti. Vorremmo arrivare a quello stato in cui le forze immani presenti nel mondo (esteriore ed interiore) si annullano e ci fanno rimanere stabili.
Lo desideriamo perché riteniamo che in questa situazione riusciremo a conservarci più a lungo, a non cadere appunto e, in senso metaforico, a non precipitare negli eventi e nell’abisso del caos.
Ma consideriamo anche che ci sono differenti tipi di equilibrio. In equilibrio è un castello di carta, una traiettoria di una freccia, un equilibrista su di una corda tesa, un saggio, un forma proporzionata, una trottola che gira, ma anche un corpo che dorme e un corpo privo di vita.
Coloro che hanno intrapreso un cammino spirituale conoscono il disagio dal non possedere equilibrio:

  • Si perde l’orientamento, cercando soluzioni di qua e di là, e la determinazione per procedere
  • Ci si coinvolge e sconvolgere dagli eventi della vita, come se fossero delle punizioni e non il corso naturale del tempo (ritorneremo presto su questo punto)
  • Si può abbandonare la pratica, proprio perché, toccati da un falso spirito della realtà, pensiamo che sia poca cosa rispetto a ciò che dobbiamo affrontare
  • Si arriva persino dimenticare della dimensione Divina e della sua presenza nella nostra vita

Ma in realtà, cosa sta traballando?

Il mondo instabile: vivere in un mondo difficile

Ci stiamo accorgendo che il mondo non è così semplice come vorremmo e che spesso assume conformazioni che difficilmente riusciamo ad interpretare. Non capiamo dove stia andando e di conseguenza dove dovremmo andare noi.  L’effetto immediato sulle nostre scelte è la paura di sbagliare perché percepiamo che in realtà non abbiamo il controllo di nulla. 

Vediamo insieme alcuni aspetti che entrano nella nostra visione del mondo.

Natura: pensavamo di poterla addomesticare a nostro piacimento per perseguire una fantomatica crescita illimitata, ma ci sta facendo capire che le risorse sono limitate e che siamo una parte, molto piccola in realtà, di un equilibrio e di un sistema che stiamo sconvolgendo in modo incauto e irresponsabile. 

Come possiamo progettare il nostro cammino quando lo stesso scenario in cui operiamo potrebbe tramutarsi radicalmente?

Mondo del lavoro: si muove all’interno di logiche che raramente perseguono il nostro vero benessere; l’economia finanziaria e quella basata sulle risorse sono sempre più distanti tra loro. Disparità di ricchezza sempre più ampia creata da scelte politiche ed economiche che ricadono sulle nostre vite. 

In una situazione così instabile, è difficile immaginare il nostro futuro. 

Tecnologia: prende sempre più spazio, ma è senza identità e senza timone. Le chiediamo di risolvere i nostri problemi dimenticandoci che, se da una parte i progressi in questo campo sono indiscutibili, sembra che l’obiettivo di questo “mondo senza testa e senza cuore” non sia la nostra vera libertà e appagamento. 

L’evoluzione dell’intelligenza artificiale rende perfino incerta la nostra stessa utilità in un prossimo futuro e i continui cambiamenti nella tecnologia ci portano a correre sempre di più per cercare di stare al passo con gli altri. 

Leadership: è indubbio che la capacità di guidare la società verso il futuro si stia sgretolando prendendo sempre più la forma di politiche autocratiche che mancano di una vera visione collettiva e sociale. Finisce che cediamo la nostra autonomia e libertà in cambio di qualcosa che avverrà chi lo sa quando o in risposta a chissà quale emergenza del momento.

In questo caos cerchiamo ostinatamente il nostro piccolo spazio dove vivere felici, ma è difficile chiudere il puzzle appunto perché le logiche sembrano cambiate: non capiamo quali siano le nuove regole del gioco in questa fase del nostro progresso storico.
Inoltre, le cose non vanno sempre secondo i nostri piani e intenzioni o accadono eventi inaspettati che cambiano la realtà, anche radicalmente: si creano dinamiche impreviste e da un momento all’altro lo scenario nel quale ci muoviamo, dove ci siamo costruiti le nostre routine e i nostri progetti, sembra che possa scomparire davanti ai nostri occhi ((pensiamo a quest’ultimo anno…).
Infine, anche le persone intorno a noi non si comportano come ci aspettiamo proprio perché in realtà anche loro sono confuse e il risultato immediato è che non riusciamo a conoscere le loro motivazioni e i loro desideri più profondi, elementi che sembrerebbero indispensabili per stabilire delle buone relazioni. 
Come agire per trovare maggior equilibrio nella nostra vita?
Saltano all’occhio due soluzioni:

  1. Rendere il mondo stabile
  2. Rendere stabili noi stessi

Proviamo a riflettere su queste possibili strategie per individuare la più efficace e percorribile.

Rendere il mondo stabile per rimanere in equilibrio

Nel quadro di una crescita personale attraverso un cammino spirituale, questo significa usare la fede come mezzo per rendere più piacevole la vita.
La Bhagavad Gita (BG 17.3) dichiara: Tutti hanno fede, secondo la propria natura. La persona è fatta di fede. Si diventa ciò in cui si crede.
Così, dopo aver intuito che esista qualcosa più grande di noi, ci mettiamo in contatto con questa dimensione divina per avere una vita migliore, oppure associamo gli elementi del cammino spirituale ai vari aspetti sociali, pensando appunto che la fede serva questi e che non siano invece delle semplici ricadute di ciò che in realtà è molto più elevato, per fine e per mezzi.
Quante volte giudichiamo ciò che ci accade e noi stessi in base a questi criteri?
Se tutto ci va bene, significa che siamo in qualche modo sotto lo sguardo benevolo di Dio o che ci siamo comportati bene; se qualcosa va male, Dio si è dimenticato di noi oppure ci vuole punire (nell’ambito spirituale si può parlare di “farci crescere”, ma lo percepiamo comunque come una punizione), altrimenti non mi farebbe soffrire.
Forse trascuriamo di comprendere pienamente il ruolo che il mondo ha nel percorso della nostra anima.
Mi spiego, se vedo un contadino che sparge dei semi di frumento su un terreno accuratamente preparato, mi aspetto che più o meno dopo otto mesi troverò uno splendido campo di frumento. E se invece vedo un campo di frumento pronto per essere raccolto, anche se è la prima volta che passo di lì, penserò che otto mesi prima un contadino in quello stesso campo abbia preparato la terra, sparso i semi di frumento e seguito una specifica procedura. 
Così, se continuo a fare ciò che finora non ha funzionato, mi ritroverò inevitabilmente con gli stessi problemi da affrontare e, valutando i problemi che devo costantemente affrontare, potrò risalire alle azioni che ho o che non ho fatto al momento opportuno.
Bene, riflettiamo ora su alcuni elementi del mondo.
Prima di tutto è detto che c’è il Tempo (kala), che è eterno e corrompe ogni cosa. Nella Bhagavad Gita (BG 10.30), Krishna afferma di essere il Tempo tra le forze che trainano (kālaḥ kalayatām aham).
Infatti, anche la stessa Natura, nel suo fluttuare attraverso le stagioni, nelle varie le latitudini e longitudini, ci mostra che questo mondo è in continua trasformazione, che nulla è stabile e che tutto cambia, sempre. 
In secondo luogo, il mondo è un luogo intriso di dualità e nessuno, in qualsiasi posizione si trovi, può sfuggire all’alternarsi di successo e fallimento, onore e disonore, piacere e dolore, felicità e sofferenza. Credo che questo sia sotto gli occhi di tutti e l’esperienza, oltre che le varie Tradizioni, indicano la tolleranza come strumento di risposta.
Tra l’altro questo elemento ci fa anche intuire che anche la nostra specifica situazione non è eterna ma, come tutte le cose seguirà il suo ciclo, anzi, il suo ritmo.
Prendiamo velocemente in esame le tre cause fondamentali di afflizione nella vita:

  1. Sofferenze create dalle potenze superiori della Natura (adhidaivika-klesha): le sofferenze che subiamo da cataclismi, fenomeni naturali: caldo, freddo, siccità, alluvioni, fulmini, terremoti, maremoti, incendi.
  2. Sofferenze create dagli altri esseri viventi (adhibhautika-klesha): le sofferenze causate dalle relazioni dirette o indirette con gli altri esseri viventi, umani e non.
  3. Sofferenze create da noi stessi, ossia dal corpo e dalla mente (adhyatmika-klesha): le sofferenze provocate da noi stessi, ossia dovute all’instabilità della nostra mente e alla fragilità e temporaneità del corpo.

I primi due fattori sono esterni e “purtroppo” dobbiamo semplicemente imparare ad accettarli. Mettersi testardamente di traverso a questi elementi sarebbe come combattere contro i mulini a vento. 
È quindi sul terzo fattore (adhyatmika-kleshaossia le sofferenze provocate da noi stessi, attraverso la mente e il corpo) che sembra si giochi tutta la partita
Quindi, iniziamo ad intuire che la soluzione non sia rendere il mondo stabile, ma rendere noi stessi stabili ai movimenti continui, e fuori dal nostro controllo, del mondo.

Rendere stabili noi stessi per superare ogni calamità

Nell’articolo “La Vita è un Sistema che si muove verso il tuo obiettivo” (LVG#02abbiamo individuato una procedura per rendere il nostro agire efficace.
Proviamo ora a declinarla nel nostro caso 

  • Prima c’è la Consapevolezza della nostra instabilità e quindi la scelta di una nuova direzione
  • Poi dobbiamo muoverci secondo un’Azione coordinata, definito come l’arte dello yoga e dell’agire (BG 2.50: karmasu kauśalam)
  • Infine siamo pronti per la Trasformazione che sancirà il nostro nuovo livello di consapevolezza, e così via, in questo ciclo infinito e meraviglioso che è la Vita.

Abbiamo già trattato della consapevolezza, quindi ora parleremo di quali azioni coordinate tra loro, ci permettono di raggiungere una stabilità in grado di far fronte ai continui cambiamenti del mondo intorno a noi.

Riprendere il controllo della mente

Per avere un pensiero lucido e una vita felice e soddisfacente è necessario imparare l’arte di controllare la mente al fine di non esserne sopraffatti. Mentre svolgiamo questo lavoro, impariamo anche l’arte di agire, per non restare chiusi nei meandri della nostra mente (come invece vorrebbe) e quindi del semplice fantasticare “sulle cose spirituali”.
La conseguenza tangibile di questo tipo di lavoro su di sé sarà che i pensieri, le parole e le azioni che produrremo, avranno un respiro e una direzione totalmente diversi da quelli attuali. 
Emergono quindi due aspetti importanti. 

Siamo sempre e solo noi che scegliamo

Non è la vita, ossia ciò che ci capita, che determina il nostro modo di pensare, ma è il nostro modo di pensare che determina il modo in cui viviamo e ci muoviamo in questo mondo. 
Se agiamo in modo sconnesso (da noi, dagli altri e dal mondo), o in conflitto (con noi, con gli altri o con il mondo), anche i risultati si ripercuoteranno su tutte le nostre dimensioni.
Scegliamo quindi la direzione da prendere, consapevoli che non possiamo andare nello stesso momento in due direzioni opposte. Questo significa ristabilire le nostre priorità, altrimenti non potremmo essere focalizzati e la nostra energia si disperderà in mille rivoli.

Creare un nostro rifugio interiore

Partiamo da noi, non per fuggire al mondo o agli altri, ma per ritrovarli nella giusta dimensione. Infatti, la vita spirituale porta verso gli altri e verso il nostro dovere, non rimane sono in noi stessi: rimanere nella mente, pensare che la vita spirituale sia qualcosa che sta dentro di noi tralasciando le nostre ovvie responsabilità e negligenze è un’illusione molto, molto pericolosa.
Ma per trovare l’equilibrio dovremmo purificare il nostro cuore e soprattutto trovare una connessione e quindi un appagamento superiore a ciò che ora stiamo cercando nel mondo e tramite il mondo.
Per questo la Tradizione Vedica (BG. 5.20dichiara: Non si dovrebbe né gioire nell’ottenere ciò che piace né lamentarsi quando si ottiene ciò che non piace. Con la ragione stabile, non confusa, chi conosce il Brahman è situato nel Brahman.
Riflettiamo quindi sul fatto che tutto dipende dalla sorgente della Vita e che il nostro vero problema è essere sconnessi da lei.
Questo significa che quando arrivano dei problemi, non dovremmo pensare che prima bisogna risolverli e solo dopo possiamo trovare lo spazio e il tempo per la nostra vita interiore.
È proprio nei momenti di maggiori difficoltà che abbiamo bisogno di una vita interiore: Perciò, in ogni momento ricordati di Me e combatti. Con la ragione e la mente fisse su di Me, senza dubbio (asamshaya) verrai a Me soltanto (BG 8.7). 
La pratica del mantra yoga quindi serve per raggiungere l’equilibrio, non è qualcosa da fare solo quando ce l’abbiamo già e quindi abbiamo più tempo e pace. Non ribaltiamo il senso del cammino spirituale, che è un cammino di riforma, di cambiamento e trasformazione.

La natura del mondo e i suoi limiti 

Nello stesso tempo, guardiamo anche al mondo per ciò che è, perché tutte le Tradizioni indicano che il nostro obiettivo non è sistemare il mondo, ma tornare nella nostra vera dimensione, facendo ovviamente anche del bene nel mondo.
Cerchiamo quindi di scorgere il senso di ciò che ci accade, tolleriamo senza colpevolizzarci o colpevolizzare, senza sostituirci agli altri (pensando "avrebbe dovuto dire, o fare così!”) e senza sostituirci alla Vita stessa (pensando che le cose sarebbero dovute andare così ecc.).
Inoltre, anche se sembra controintuitivo, restringiamo il contorno del nostro mondo: sappiamo che non dovremmo pensare solo a noi stessi o al nostro piccolo nucleo, ma non dovremmo nemmeno perderci in qualcosa di troppo grande e soprattutto di fantasioso, che tra l’altro non conosciamo fino in fondo o solo attraverso mezzi di comunicazione di massa.
Il nostro mondo inizia da noi, dalle nostre relazioni e dal bene che possiamo seminare qui e ora, partendo da chi ci sta attorno: i nostri amici, familiari, vicini di casa, colleghi ecc.
Infine, concentriamo sull’obiettivo! Per rimanere in equilibrio bisogna sapere mantenere lo sguardo lontano: come chi scala una montagna e lo mantiene sulla vetta.
Qual è la nostra vetta, se non l’amore, che porta all’unità?
Non può essere una legge, il dovere, la morale, la cultura, la politica, l’avidità, gli interessi e i profitti personali.
Pensaci, perché sta a noi decidere qual è la vetta della nostra vita, la cima e scopo del nostro esistere.
Om tat sat,
Andrea (Ananda Kishor)

Mantra Yoga per Principianti
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