L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

RICORDO DI VITTORIO FUSARI

2021-04-01 12:21:47

STORIA INTRECCIATA DI UN GRANDE CHEF E UN SOMMELIER.

Da giovane apprendista-sommelier, appena uscito dai tre corsi AIS e dal difficile esame finale per diplomarsi professionisti, era stato molto gratificante, l’essere chiamato dall’indimenticabile delegato A.I.S. di Torino Mario Vincenti che m’informò che all’Osteria n°1, un locale semi-nascosto sotto gli unici portici di via Garibaldi, cercava un sommelier per sostituire il mitico Sergio Negro (i non-giovani se lo ricorderanno all’Ostu, piola di via Cristoforo Colombo) che se ne andava.
Era il 1984, uscito alcuni anni prima dalla bella esperienza della “piola” di famiglia di borgata Parella, che era stata la “pietra miliare” di tutto . Avevo “vivacchiato” un paio d’anni tra servizi occasionali e una brutta parentesi come agente di vini e grappe.
Accettai di buon grado, d’altronde un posto fisso in un vero ristorante era quello che sognavo da qualche tempo. Le mie mansioni, nel nuovo lavoro, erano soprattutto di banconista per mescita al Wine-Bar e per il servizio hai tavoli, soprattutto a pranzo. Qui ho fatto la gavetta, insieme ai giovani fratelli Chiodi Latini che lo gestivano, ho conosciuto le persone più disparate, che venivano per l’aperitivo o per un veloce pranzo, professionisti e avvocati, visto che il tribunale era a “due passi”. Erano altri tempi, il vino non era così di moda come adesso, e la clientela era spesso “attempata”.
Si è formato quasi subito un gruppo di appassionati del “buon bere” e spronati da Umberto, abbiamo incominciato a organizzare degustazioni mirate e giri enogastronomici. Ed è proprio in una bellissima gita in Franciacorta, con alcuni clienti, dove andammo a visitare Bellavista e Cà del Bosco, agli albori delle loro fortunate attività, che ci fermammo a pranzare in un locale di Iseo, che in quegli anni godeva già di una notevole fama, Il Volto.
Ed è qui che conoscemmo Vittorio Fusari, una persona e uno chef che ho incontrato nella mia vita molte volte, con cui lavorerò in futuro alla “Dispensa” e che mi ha lasciato ricordi indelebili.
Il Volto a Iseo, dislocato nella via Mirolte, la strada principale, non era un ristorante, ma una vera Osteria, con la gente del posto che giocava a carte e beveva "il bianchino", al bancone il simpatico Mario detto “Archie”, un tipo curioso e gioviale, che per anni affiancherà in sala e al banco Vittorio.
Ma è la cucina che si confermava fuori dagli schemi. Da Vittorio, quando assaggiammo per la prima volta la patata nella sfoglia con il caviale, il suo Manzo all’olio, il sorbetto con le sarde di Montisola, i famosi “missoltini con polenta” (agoni essiccati) “ci ribaltammo”.
Il piatto che ho sempre preferito negli anni, è stata però la trippa: Vittorio la serviva in una tazza di vetro trasparente, un insieme di sapori, dalla crema di uovo al grana.
Il Volto, aperto nel 1981 con un collega di lavoro e un insegnante d’italiano: tre entusiasti autodidatti che sognavano il locale perfetto per loro. Gli abitanti della cittadina lacustre giocavano a briscola davanti al bancone dei calicisti mentre i buongustai cenavano in saletta, abbinando vini clamorosi a piatti molto curati. Tra la clientela abituale, c’erano personaggi come Luigi Veronelli, Maurizio Zanella, Gianni Mura che diedero un grande contributo alla fama di Fusari e lo spinsero al salto di qualità, consolidato da uno lungo stage presso il tempio Marchesiano in via Bonvesin della Riva.
Per tanti anni Vittorio ha guidato Il Volto un’osteria d’altri tempi, un'osteria che aveva creato e che, tra i primi se non primo in Italia, univa l'alta cucina a un ambiente rilassato e rilassante, dove poter degustare grandissimi vini mangiando piatti indimenticabili. La sua cucina, intrisa di passione, intuizioni e attenzione alla tradizione e ai prodotti del territorio, ha segnato la storia della gastronomia italiana, meritandosi la stella Michelin dal 1991 al 2008.
Belle le parole di Francesco Arrigoni “Inconsapevolmente, tu Vittorio e naturalmente il vecchio caro Mario alias Archie siete stati protagonisti di una rivoluzione, che non è deflagrata, ma che comunque ha inciso profondamente nel modo di fare convivialità made in provincia in Lombardia”.
Sei anni dopo il salto di qualità: tale la passione e la bravura scoperte ai fornelli che Vittorio inaugurò le Maschere, ristorante di alta cucina d’autore, una gustosissima avventura proseguita fino al ’95 con la sua chiusura e il ritorno della sua anima “alta” nella cucina del Volto, una delle pochissime autentiche osterie di paese dove a tutte le ore si può giocare a carte e bere un buon bicchiere, salvo coesistere con piatti che sono anche di assoluta qualità creativa.
Ne è passata di “acqua sotto i ponti” e la sua notorietà si affermava sempre di più.
Io invece preso a girovagare per i ristoranti Torinesi, nella ricerca della perfezione per la mia professione.
Il destino nel al 1993 mi portò proprio là, in Franciacorta a Erbusco. Quante volte sono stato da lui, incantato dalla sua cucina e dai mirabolanti vini serviti da Roberto Gozzini, il nuovo socio e anima della sala delle Maschere, un ristorante molto più pretenzioso, al primo piano di una viuzza laterale, poco distante dal Volto. Qui dal 1991 al 1995 la stella Michelin era di prassi.
Proprio in questo periodo incomincia una stima e un’amicizia che durerà per sempre.
Nel ’97 ritornai a Torino, ci siamo un po’ persi di vista, preso da altre avventure ristorative e dalla famiglia, lui occupato nella sua vecchia dimora “sul lago” di sempre, con il suo “fido” Mario.
Forse è stato il momento in cui ho resistito di più in un locale, Villa Sassi, sette anni indimenticabili.
Passarono quasi due lustri, nel 2007 il destino mi fece ritornare in Franciacorta, nuovamente, dove avevo lasciato “un pezzo di cuore” all’epoca. Ritornai dal “Gualtiero”, chiamato dal Direttore del Ristorante, Andrea Carrara, a sostituire il sommelier “Stroppiana” che aveva dato le dimissioni.
Andare a mangiare al Volto, nei pochi tempi liberi, era oramai una prassi, e qui “dietro un calice di bollicine” appresi i suoi nuovi ambiziosi progetti, e conobbi la sua nuova compagna Anna Patrizia Ucci, una donna energica e decisa che ancora adesso porta avanti la filosofia di Vittorio, infatti, da anni è fiduciario Slow Food dell’area Sebino-Franciacortina. Mi ricordo ancora la cena della Vigila, a casa sua, dove Patrizia aveva preparato una mitica “insalata di rinforzo”.
Ed ecco la nuova “apertura”, la “duplicazione” dell’osteria in cui da giovanissimo apprendista aveva operato in Emilia, un magico locale polifunzionale, che per qualche anno ha illuminato la Franciacorta, la Dispensa Pani e Vini di Adro, costruita con la complicità di Vittorio Moretti, uno che di grandi cuochi (e grandi vini) se ne intende.
Ed è qui che rimasi abbagliato dalla “trovata” di Vittorio, frequentando la Dispensa, nei pomeriggi liberi o nelle sere dopo il servizio all’Albereta, e capì “la grandezza” di questa idea forse un po’ “utopica”.
                                                                 eccoci alla Dispensa
Da un portico di una nuova palazzina si accedeva in un grande ingresso occupato da un enorme bancone di tre lati, con alle spalle la cucina a vista, attorniato da sgabelli e con all’interno una potente affettatrice a manovella. Il bancone, su tutti i lati, era un enorme frigorifero pieno zeppo di salumi e formaggi di ogni tipo di alta qualità. Una parte dei prosciutti e dei grandi salumi erano appesi al soffitto. Nell’accomodarsi sugli “sgabelloni” si poteva ordinare un calice di Franciacorta (più di una dozzina nel frigorifero sempre a disposizione per la mesciata) servito con un piatto di antipasti proposti dalla cucina e con alcuni salumi affettati al momento e ancora con formaggi spesso delle montagne Orobiche.
Davanti al grande bancone si entrava in un’altra sala occupata da scaffali di vino con il meglio dei produttori Italiani e Stranieri, ma soprattutto tante, tante bollicine….
Un lungo corridoio ti guidava nella sala ristorante dove Vittorio proponeva “il meglio del meglio” della sua cucina a pranzo a cena. In estate un enorme giardino era riempito da tavoli festosi.

Me ne sono talmente innamorato che, a seguito delle sue enormi pressioni, diedi le dimissioni dall’Albereta e venni a dirigere la sala del suo nuovo mega-locale. E’ stato un anno lavorativo molto intenso, quello che ho trascorso alla Dispensa, passando dei bei momenti: dalle degustazioni straordinarie a cercare il meglio delle proposte della zona, alle discussioni, agli scambi di idee e qualche volta anche litigi, infatti, con Vittorio, aldilà della bellissima amicizia che è proseguita anche dopo, ho avuto qualche problema d’incompatibilità, sfociata nel mio ritorno a Torino, anche tentato dalla nuova avventura: il Combal Zero, era l’inizio del 2009.
Alla Dispensa ho lasciato tanti amici e ricordi:
tra i miei colleghi di sala Marco Zampedri, Ricardo Cocchi (patron del Ristorante Riccardo di Sarnico), Lilia Knish, Roberto Chavarria e il mitico banconista bresciano "Denny" Daniele Cotelli. In cucina Augusto Pasini (oggi rinomato chef), Fabiana Spinelli (patron del Ricomincio da Tre di Pianezza), Matteo Cocchetti (chef della Pasticceria Roberto di Erbusco) e il pasticcere francese Gregory Chabert, che con Fusari era già a Iseo nel 2007.
Mi ricordo ancora gli innumerevoli pomeriggi passati a discutere con Patrizia Ucci sull’organizzazione e sull’impostazione del “reparto enologico”, sulle forniture e sulle strategie di vendita.
Di quegli anni è il Monococco al nero di seppia, un altro grande piatto, pensato in occasione della festa Vico. Un piatto che valorizza il limone della costiera, la mozzarella, i gamberi e tutti i prodotti della campagna, con un grano farro rimasto da più di diecimila anni sempre uguale.
Nel 2010, stufo di girovagare, ho aperto il mio locale, il Bicchierdivino, e “logicamente” un’osteria!
Un ritorno, visto le mie origini “da piola”, o un’emulazione? Di sicuro tutte e due.
Vittorio mi ha trasmesso tantissimo: la passione, l’umiltà, il volere di rimettersi in gioco, che è stato quasi un fatto dovuto. E’ stata una bella sfida quella di Via San Quintino e la rifarei.
In questo decennio, tutte le volte che si svolgeva il Salone del Gusto, lui, un’improvvisata me la faceva sempre, lo rivedevo sempre con grande gioia, ed era un piacere passare con lui qualche ora, non mancando nell’occasione, di darmi “mille”consigli su preparazioni e cotture.
Finita “l’unione” con Moretti nel 2015, Vittorio ha intrapreso anche un'avventura milanese, a Al Pont de Ferr, chiamato da Maida Mercuri. Aveva occupato il posto di Matias Perdomo.
L’avventura con Maida sembrava averlo coperto di uno smalto fresco, “e i piatti raccontano di un cuoco che sente la fiducia di chi gli sta dietro, aperto al confronto e pieno di ritrovata gioia per la cucina”. Un rapporto quello tra Maida Mercuri e Vittorio Fusari che si è mantenuto anche dopo la separazione professionale: «Era impossibile non mantenere rapporti con Vittorio - spiega lei - era una persona troppo preziosa. Sono andato a trovarlo a Bergamo, a Balzer, ho mangiato da lui. Non abbiamo molto tempo noi ristoratori, ma non avere una profondità con Vittorio era impossibile soprattutto se c’era l’affetto che c’era tra di noi».
Era la “Pasquetta” del 2016, in compagnia di mia moglie , siamo venuti “ai Navigli” per ritrovare quel grande amico, al Pont de Ferr, e come sempre siamo stati impressionati dal pranzo che ci ha preparato, come sempre luculliano, dalla sua ospitalità e come sempre dal suo fare gentile e affabile.
Poco tempo qui a Milano, poi la scelta di rallentare, per avere più tempo da dedicare alla famiglia, nel 2017 il ritorno in Franciacorta, alla sua “Dispensa Pane e vini”.
L'ultima esperienza, nel 2018, a Bergamo con il “Balzer”, storico locale cittadino, che con Fusari è diventato simbolo di convivialità e di comunità del cibo. "Qui - raccontava con orgoglio - sono vietati i preparati, gli additivi e i conservanti a vantaggio delle materie prime fresche, delle biodiversità locali, i prodotti da agricoltura biologica".
E anche qui a Bergamo, per l’ennesima volta, in una gita domenicale, abbiamo fatto “la sorpresa” a Vittorio, recandoci in questo storico locale della Bergamo “bassa”, sotto i portici che si affacciano sul “Sentierone”. Il Balzer è da sempre luogo d’incontro per un caffè, un aperitivo, una cena informale dopo il teatro, o semplicemente per acquistare dolci squisiti, immersi in un’atmosfera d’altri tempi, che si concilia perfettamente con il Teatro Donizetti, un locale in auge il secolo scorso e un oggi un po’ “demodé”. Abbiamo pranzato in sostanza serviti da lui, come sempre molto bene, non essendo ancora riuscito a perfezionare il servizio di sala e tante altre cose, in quel locale d’altri tempi. D’altronde era stato chiamato dalla nuova proprietà proprio per questo, per risollevarlo.
In questa occasione Vittorio ci aveva informato dell’uscita del suo libro, si era cimentato per la prima volta con ricette per il benessere, il titolo "La felicità ha il sapore della salute".
E’ stata l’ultima volta che l’abbiamo visto!!
 il suo classico "sfogliatina di patate e caviale"                           arriva la lasagna
Di lui è doveroso sottolineare la missione che spesso ripeteva: "Bisogna nutrire non solo il corpo ma anche lo spirito", come ha messo in pratica nel recente libro La felicità, ha il sapore della salute edito da Slow Food scritto in collaborazione col prof. Luigi Fontana. Era il suo invito a tornare in cucina, in un mondo fatto di fast food e delivery, un inno al mercato, ai produttori, ai contadini, una proposta a provare l'autoproduzione, per recuperare quella conoscenza del cibo che è fondamentale per la nostra salute e quella dell'ambiente. Perché, diceva, il nostro rapporto con l'alimentazione e soprattutto la consapevolezza di come il cibo arrivi fino a noi può garantire salute e longevità come e più di una dieta. Non a caso Carlo Petrini lo aveva nominato benemerito della gastronomia.
Vittorio Fusari, classe 1953, lombardo di Iseo, figlio di ferroviere e studi in filosofia, prima che valente cuoco è stato capostazione nella sua città natale. Un visionario ante litteram. Capace di fondare la prima osteria raffinata in Italia, conquistando anche la Stella Michelin e impegnandosi dagli anni Ottanta sull'etica del cibo e della salute. I suoi piatti e i suoi locali raccontano una storia importante.
Quando un giorno si stilerà l’elenco dei grandi piatti italiani, accanto al Raviolo Aperto e alla Passatina di ceci e gamberi, ci sarà anche la Sfogliatina di patate con caviale di Fusari. La creò, in piena terra di Franciacorta, per celebrare il nuovo millesimo di una cantina, una patata avvolta in una sfoglia sulla quale, appena uscita dal forno, Vittorio depone purea di patate alla cannella e caviale accompagnato da un burro bianco acidificato al Franciacorta. L’inizio è ustionante, uno mette immediatamente giù la forchettata e attende, soffia, apre, quasi pasticcia, timoroso di sciupare i magici ovetti “delicato-salati”, un rifiutarsi della pietanza che suona quasi come un voler obbligare il commensale a un corteggiamento prima dell’unione tra boccone a palato. E mano a mano che la temperatura cala, uno capisce che può farsi sempre più intraprendente ed è l’apoteosi del gusto.
La cucina di Fusari è ovviamente molte altre cose ancora, anche un’insalata riccia con ostriche e mozzarella di bufala che suona singolare, ma trova la sua logica nel desiderio di ricreare la terra e il mare salernitani dai quali arriva il suo amore. Poi può capitare che la carne si quanto di più territoriale possa arrivare dalla zona: il manzo di Rovato all’olio che in Spagna, a un congresso a tutta creatività, non conoscendo il passato della provincia bresciana ha fatto gridare al genio creativo che abbina la carne all’olio in preparazione e non come condimento.
Una dichiarazione che conferma la rettitudine morale dell’uomo Fusari: “ce l’ho invece con la cucina stellata, che cerca più il lusso che altro e che alla fine è avulsa dalla realtà. Per carità, le stelle sono una gratificazione personale e professionale, ma se l’obiettivo è solo quello si fa più spettacolo che cucina” (articolo di Alessandra Dal Monte del 7 gennaio 2018).
“Il Volto è uno dei ristoranti più moderni che l’Italia conosca. Un luogo in cui l’essere contemporanei e al passo con i tempi è dato dalla contemporaneità del fare. Dalla voglia di cercare, di guardarsi intorno, imparare a rispettare. Ascoltare e poi raccontare a modo proprio. Come fa Vittorio, che prima di parlare ti guarda e ti ascolta. Poi si esprime. Così anche in cucina, questo è il suo stile. Lo stile di chi, prima di tutto ha un grande rispetto per il proprio lavoro perché sa che il lavoro merita rispetto”.
articolo di Marco Bolasco.



Ma la storia non finisce qui, un’improvvisata che mi ha emozionato, in attinenza con l’ultimo salone del Gusto.

Per questa edizione di Terra Madre Salone del Gusto l’organizzazione ha invitato alcuni chef italiani che, con Vittorio, hanno stretto una profonda amicizia e condiviso una visione di cucina fatta di prospettive e sogni. In una cena preparata a più mani, un percorso che ha visto Vittorio in prima linea: dalle esperienze innovative e gourmand dello chef stellato a quelle delle tradizioni contadine legate ai prodotti del territorio, e della norcineria in particolare. Ad accompagnare questa serata alcuni degli chef che hanno condiviso con Vittorio una parte del suo percorso gastronomico: Peppino Tinari, Villa Maiella (Guardiagrele, CH); Greta Gemmi, Al Resù (Lozio, BS); Fausto e Laura Peci, Ristorante Le Maschere (Iseo, BS); Augusto Pasini, Osteria Dispensa (Torbiato di Adro, BS); Nicolò Fadda e Riccardo Festa, Pont de Fer (Milano).
Infatti Anna Patrizia Ucci col figlio Giacomo, in compagnia di tantissimi amici della Franciacorta, intervenuti alla Manifestazione di Eataly, di passaggio, sono venuti a pranzo da me, e mentre pranzavano, mi è sembrato di vederlo in mezzo a loro, bevendo Franciacorta, il solito di San Cristoforo, lo stesso che abbiamo sempre gustato per anni e anni……
antonio.dacomo 6/1/21