mangiare bene, bere meglio
LA STORIA DELLE ETICHETTE
GRAPPARTE, I PEZZI UNICI DI ROMANO LEVI - Il racconto sull'argomento che negli anni mi ha sempre appassionato, l'etichetta del vino.
Quante volte avevamo oltrepassato quel cancello per entrare in quell'aia, cortile simile a tanti qui in Langa, rustico e famiglare. Romano ti accoglieva con aria un po’ restia e distaccata, ma poi conoscendoti si ammorbidiva subito. Una persona che sembra sia vissuta fuori dal tempo, in un mondo tutto suo, fatto di ritmi lenti, strette di mano e dedizione al lavoro.
Romano Levi è una persona che non si dimentica. Si è conquistato una notorietà diffusa in tutto il mondo con la sua semplicità e il suo carisma che per anni ha trasmesso attraverso le sue etichette “artistiche”.
Romano Levi, il “Grappaiolo Angelico” come lo soprannominò Luigi Veronelli sul settimanale Epoca, è stato un artigiano, un distillatore, un artista, un poeta, ma soprattutto, come lui amava definirsi, un “ignaro”
Allora ti portava a visitare la sua distilleria, in fondo al cortile, spiegandoti le fasi della distillazione. Le vinacce ammassate sotto il portico, aspettavano la loro ora per entrare nella caldaia e contornavano l’ingresso dell’angusto “antro”. Ti faceva assaggiare le grappe, con un “ampolla vuota “tipo quelle della penicillina” legata a una funicella, la prelevava la grappa dalle botticelle immergendola. Per fortuna la grappa disinfetta tutto, pensavamo noi, infatti tutti bevevano da lì anche i visitatori prima di noi!!!
Era praticamente impossibile comprare più di due o tre bottiglie di grappa etichettate, anche perché le scriveva la momento, in quella “stanza delle ragnatele” e le attaccava di conseguenza alle bottiglie che ti vendeva.
Un ramo dell’antichissima famiglia di origine ebrea dei Levi, operava già dal XVII secolo nel campo, quasi alchemico, della distillazione nelle valli alpine di San Giacomo o Valle Spluga, localmente chiamata “Val di Giüst”, nei comuni di Fraciscio di Campodolcino.
Per oltre tre secoli, da queste valli i distillatori detti “grapat” emigravano temporaneamente durante la vendemmia e vinificazione, nelle zone vinicole del Piemonte dove con distillatori mobili, procedevano alla distillazione delle vinacce per la produzione della grappa.
Molti di questi distillatori, con il tempo, si trasferirono definitivamente sui luoghi di lavoro e impiantarono delle vere e stabili distillerie.
Tra Lombardia, Piemonte, val d’Aosta, Veneto ed Emilia, le distillerie fondate da gente della Val di Giüst arrivarono ad essere una cinquantina.
A Fraciscio di Campodolcino, esiste ancora la casa avita dei Levi, detta “casa degli Angeli” poiché tutti i capifamiglia che l’hanno abitata si chiamavano Angelo, come il nonno di Romano e Lidia. Forse non è del tutto casuale che Luigi Veronelli quando scoprì Romano lo definisse il “Grappaio l’angelico”.
Così Romano si rimbocca le maniche e impara ad usare il “lambicco” per produrre il “grapat”. La vinaccia che arriva in distilleria viene conservata e conciata in profonde fosse e poi distillata con l’antico metodo del fuoco diretto. Terminato il processo di distillazione le vinacce esauste vengono torchiate ed essiccate per diventare, nell’anno successivo, il combustibile per la caldaia. Le ceneri di questa combustione vengono poi usate come concime nelle vigne, chiudendo così il naturale ciclo di produzione. Un certo giorno Romano, avendo finito le etichette, iniziò a scriverle manualmente, e poi a dipingerle.
Nacquero così la famosa “Donna Selvatica che scavalica le colline” e tantissime altre etichette ricercate dai collezionisti di tutto il mondo. Romano Levi muore nel 2008 e dopo qualche anno scompare anche la sorella Lidia con cui ha sempre avuto un forte legame. Oggi la distilleria, una vecchia cascina che sopravvive tra le case nuove di Neive, ha una nuova proprietà ed il lavoro all’alambicco è gestito in particolare da Fabrizio, uno dei collaboratori di Romano, i cosiddetti “Ignari”. Nel borgo vecchio di Neive si può visitare il museo dedicato a Levi e alla sua Donna Selvatica ed ogni anno, presso la distilleria, una grande festa annuncia l’accensione dell’alambicco. Luigi Veronelli definì Romano il “Grappaiol’Angelico”, di lui parlò il New York Times nel 1987 e tantissimi uomini d’arte e di politica hanno voluto conoscerlo. A chi gli domandava se si sentiva più poeta o più pittore Romano rispondeva “né l’uno né l’altro, io faccio grappa”. Nel 2011 l’Istituto Grappa Piemonte ha dedicato a Romano Levi un riconoscimento alla memoria.
La distilleria è sempre aperta a tutti, un po’ più difficile è trovare qualche bottiglia pronta per la vendita, poiché la ridottissima capacità produttiva non è in grado di soddisfare la domanda che arriva da ogni parte del mondo, ma i conoscitori lo sanno, si godono la serenità del luogo, non si arrabbiano aspettano o riprovano con pazienza.
La sua Distilleria era rimasta perfettamente identica a come la aveva progettata e costruita suo Padre nel 1925 : Romano Levi ha usato per tutta la vita il suo alambicco “Malba Giovanni”, un Tamburlano a fuoco diretto, uno degli apparecchi più difficili da utilizzare nel campo della distillazione e che può produrre grappa in quantità minime rispetto ai normali alambicchi industriali. Il risultato di questo tipo di lavorazione sono delle grappe rudi, ardenti, “selvatiche” come piaceva definirle il Maestro, qualcosa che solo chi le ha provate può cercare, se può, di descriverle.
Le Vinacce vengono raccolte freschissime, grondanti ancora mosto, e vengono sistemate in degli speciali Silos di Pietra scavati sotto terra fino ad una profondità di 7
Da non dimenticare l’inestimabile aiuto e lavoro della sorella Lidia, donna guardinga, silenziosa, dallo stile mariano, che ha preparato per tutta una vita le bottiglie con le erbe da lei personalmente raccolte e che hanno reso celebre l’umile distillatore ignaro.
E il suo spirito non verrà dimenticato perché “le sue donne selvatiche continueranno a correre sulle colline e non si fermeranno mai, finché ci sarà un alambicco che fuma lontano, in qualche orizzonte sperduto”, come scrisse Bruno Murialdo.