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LA STORIA DELLE ETICHETTE

2021-04-19 06:54:27

GIACOMO BERSANETTI - Il racconto sull'argomento che negli anni mi ha sempre appassionato, l'etichetta del vino.

Giacomo Bersanetti è stato il più originale designer di etichette che la storia del vino italiano abbia conosciuto.
Nato a Bergamo nel 1957, Giacomo Bersanetti completa la propria formazione artistica tra il 1975 e il 1982 presso l’Accademia di Belle Arti di Bergamo, l’Istituto d’Arte di Urbino, l’Accademia di Belle Arti di Carrara e l’Accademia di Belle Arti di Brera. Il suo percorso professionale prende il via nel 1978, quando diventa assistente dell’architetto Silvio Coppola. Nel 1983 fonda con Chiara Veronelli (diventerà sua Moglie)  lo Studio Grafico Artigiano, oggi evoluto in SGA Corporate & Packaging Design. Nello stesso tempo, assume la direzione artistica di alcune riviste (L’Etichetta, diretta da Luigi Veronelli, Tempo Illustrato e più tardi Ex Vinis). 

Lungo sarebbe l’elenco delle aziende vinicole con le quali Bersanetti ha collaborato, e non soltanto per le etichette: per i Ceretto, per esempio, ha progettato le due sorprendenti bottiglie del Monsordo e del Moscato dei Vignaioli di Santo Stefano Belbo, per gli Zenato una collana di libri di grande impegno storico e culturale. A lui si sono rivolti molti protagonisti del miglior made in Italy vinicolo, da Gaja ad Allegrini, da Pio Cesare alle Cantine Ferrari, da Prunotto alla Guido Berlucchi, da Villa Sparina alle Sincette, da Bellavista a Chiarlo. Ma è giusto ricordare che le etichette più innovative Bersanetti le ha progettate per due aziende di piccola dimensione ma di grande coraggio.

La prima vestizione di una bottiglia risale al 1983: si trattava dei vini la Monella e il Bricco dell’Uccellone dell’azienda Braida. Ci venne dato un acconto per lo studio di nuove etichette insieme a due casse di vino e noi, giovani progettisti all’inizio della nostra esperienza lavorativa, ci mettemmo a lavorare con entusiasmo, cercando di trasmettere lo spirito innovativo di Giacomo Bologna, il proprietario dell’azienda che ci aveva commissionato il lavoro, Ricorda lo stesso Giacomo. 
Ancora oggi questi vini sono venduti con le stesse etichette progettate da loro 35 anni fa. L’approccio sperimentale e innovativo che hanno messo fin dall’inizio del loro lavoro deriva dalle esperienze nel mondo dell’arte visiva e da ricerche in ambito artistico. Lo stesso atteggiamento l’hanno utilizzato, nel 1984, quando hanno realizzato la nuova veste delle bottiglie dell’azienda Cascina Castlét. Era la prima volta che la serigrafia veniva sperimentata su una bottiglia di vino.

Per quella del Passum, una singolare Barbera d’Asti della Cascina Castlet, tratta da uve leggermente passite, ha letteralmente sconvolto l’essenza stessa dell’etichetta com’era stata fino allora concepita: ha fatto una cosa molto semplice, l’ha abolita. Sulla bottiglia scura campeggia un simbolo di grande fascino, una P rossa in scrittura prealfabetica che assomiglia a un sole, direttamente serigrafata e cotta sul vetro (tecnica usata per la prima volta al mondo) affinché resti indelebile come il ricordo nel tempo del vino. E le indicazioni che la legge prescrive? Semplice, sono stampate sul collarino: un’altra soluzione da lui escogitata che la produttrice, Mariuccia Borio, ha avuto l’audacia di adottare.
Non fu meno spericolato Giancarlo Scaglione quando accettò per il Piasa Rischei, il Moscato Passito della sua azienda, il Forteto della Luja, la proposta di un’etichetta a forma di striscia da incollare con andamento elicoidale tutto intorno alla bottiglia, pur sapendo che con quella scelta si sarebbe complicato la vita per le difficoltà tecniche della realizzazione. Grazie a quella trovata di Bersanetti, però, ha conquistato un record: quell’etichetta, nella versione realizzata per la bottiglia di formato magnum, è la più lunga del mondo.


Molto bella la trovata dell’etichetta dello Chardonnay A Taj di Cascina Castlet. Per scegliere il nome a questo nuovo vino, la l'azienda ha indetto un concorso tra clienti ed amici; in tantissimi hanno risposto e un centinaio di proposte sono state scritte sull’etichetta in ordine sparso e casuale a formare quasi una nuvola di parole che evocano i vari aspetti del vino, usando metafore e dialetto, semplici sintagmi, provocatori solecismi e ricercate antiche dizioni; da questa nuvola di significati emerge A TAJ, al centro, come una scelta naturale.
Negli anni ‘90, Italo Lupi e Giacomo Bersanetti, iniziano la loro collaborazione ideando bottiglie dalle forme inusuali (Monsordo e Moscato d’Asti de I Vignaioli di S. Stefano,) ed etichette che costituiscono vere opere artistiche.

Straordinario è stato il suo lavoro, alla ricerca della semplicità che diventa arte, per le etichette di Rocca di Frassinello: quel corsivo come piegato dal vento della Maremma, che ha conquistato anche Renzo Piano.
Giacomo muore, in seguito al Covid-19, a marzo dello scorso anno.

Pubblico con molto piacere questa bellissima lettera di Antonella Bocchino, che ho conosciuto in una parentesi molto particolare ad inizio degli anni ’80, una cortissima esperienza di rappresentante di vini e di Grappa Bocchino. L’azienda allora era diretta dal fratello Carlo ed Antonella già allora si era distolta dall’azienda e aveva aperto il suo spazio di grappe particolari, l’AB, in cui avevo assaggiato allora la famose grappa di monovitigno. Da allora siamo stati sempre amici.
- Seguo con molta attenzione le tue pagine su facebook, sempre intriganti e stimolanti, alcune mi riportano indietro negli anni e mi tuffo volentieri in nostalgici ricordi, come quello da te rievocato della Grappa di Timuassa!
Molto interessante è il tuo viaggio attraverso le etichette, la tua “ Storia delle Etichette” in cui ripercorri non solo il racconto del design ma anche il prodotto e ciò che rappresenta.
E mi hai riportato indietro nel 2014 quando, uscita dalla Bocchino, andai a trovare Giacomo Bersanetti con il mio Progetto AB SELEZIONE soltanto in testa!
Conoscevo Giacomo da 30 anni, avevo lavorato con lui per l’azienda di famiglia e per una distilleria per la quale mi era stata richiesta una consulenza per rifare il packaging; era l’Amico giusto con cui confrontarmi, sicura di riceverne preziosi consigli e suggerimenti.
Gli raccontai del mio “ Viaggio attraverso il Moscato”, la mia volontà di percorrere l’Italia dalle Alpi fino al Mediterraneo distillando il frutto di questo vitigno straordinario nella sua biodiversità, che si declina in maniera del tutto diversa da Asti a Pantelleria, in una sinfonia di profumi, aromi, sapori che ne identificano i diversi terroir.
E poi gli parlai delle Grappe Millesimate, ovvero con l’anno di distillazione e il numero di bottiglie ricavate, dei liquori, alla mela, al cacao, alla menta: in una parola, del mio piccolo mondo che avrei voluto creare da sola e in assoluta libertà.
Giacomo mi ascoltò in un silenzio religioso ma, conoscendolo, capivo che nel suo cervello già turbinavano mille idee….
Passò appena qualche giorno quando mi mandò per mail la prima etichetta della “mia” Grappa di Moscato Asti: una nuvola gialla, allegra ed eterea, gialla come il miele del moscato, lieve come la spuma dell’Asti versato nelle coppe per festeggiare un lieto evento.
Lo chiamai subito, elettrizzata da quell’immagine che non riuscivo a staccarmi di dosso:
Ti confesso, Antonio, quel pomeriggio piansi. Di gioia, di emozione, di felicità nel tornare a respirare il profumo della Grappa. La mia.
Giacomo ci ha lasciati, se l'è preso quel mostro terribile di cui ancora non conosciamo la cura, ma ogni volta che prenderò in mano una bottiglia delle mie Grappe penserò a lui , adesso, con Romano Levi, anche lui sublime creatore di etichette,il “Grappaiolangelico” come lo chiamava Gino Veronelli: sono lassù, in tre, a discettare di vini, di grappe e di spirito degli angeli.
Grazie Antonella per le belle parole.

antonio,dacomo 18/4/21