L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

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LA STORIA DEL VINO

2021-04-11 18:39:30

FU BRA IL VERO CENTRO DELLA PRODUZIONE DEL BAROLO?

Bra nei secoli scorsi fu un centro commerciale di prim’ordine, d’altronde il terzo comune più popoloso della provincia si trova equidistante da Torino e da Cuneo (50 km rispettivamente a sud e a nord-est),  Alba dista 15 km.
Un punto strategico per i commerci che sono presenti nella cittadina da sempre. 
Sino alla fine del 1860 era presente in Bra una fiorente e importante attività di concerie.





Le concerie erano uno dei simboli della Bra di Giovanni Arpino, tanto da spingerlo a intitolare uno dei suoi racconti "La regina di cuoi". Tra la caserma e la stazione di Bra ci sono le antiche concerie, piccoli fabbricati governati da una famiglia.  Oggi nulla è rimasto di quel periodo, se non la facciata liberty della fabbrica Novella in via Piumati.


La città dà anche il nome ad un formaggio DOP, ma oggi il Bra non si produce più in loco e anche un tempo proveniva per la maggior parte dai paesi delle vallate e delle montagne di Cuneo. Furono tuttavia i commercianti braidesi a stagionare e a portare "il nostrale" sui mercati piemontesi e soprattutto liguri, dove era usato nella preparazione del pesto ed è molto richiesto ancora oggi. 
L'economia braidese si è più volte modificata nel corso degli anni. È presente un forte comparto industriale.
Il comparto artigiano è assai variegato con evidenza di aziende edili, meccaniche e lavorazione del ferro, artigianato artistico e arredamento.
Continua a mantenersi solida la produzione agricola orticola, in massima parte commercializzata al mercato all'ingrosso di Torino. Consistente il settore zootecnico con allevamento di bovini e suini. Numerosi i salumifici storici.
E chi non ricorda la salsiccia di Bra, un tempo prodotta senza utilizzare il grasso suino ed era destinata principalmente alla comunità ebraica di Cherasco.

Bra nell ‘800 fu il centro principale della produzione del Barolo, questa sua posizione ha influenzato anche in modo radicale il commercio del vino e soprattutto il Barolo, la sua zona di produzione era distante poco più di dieci chilometri.
Tutto era molto più semplice per spedire il vino dai clienti in tutto il mondo, cosa abbastanza difficoltosa, invece, per le cantine che erano dislocate in Langa, a causa delle scarsità di comunicazioni dall’inizio del ‘800 e per metà del’900 .
Non a caso a Vienna, durante l’esposizione internazionale del 1873, il Barolo delle cantine Fissore di Bra trionfa con la medaglia d’oro, ma nella piccola città piemontese sono attive altre cantine: Manissero, Boglione, Bonardi, Ternavasio secondo quanto riporta la “Guida di Bra e dintorni” del 1875, ma in verità erano ben otto.

In quegli anni Bra era diventata, grazie alla sua posizione geografica, il più importante centro di diffusione del Barolo, il vino più famoso di queste terre. Essa era infatti ottimamente collegata con Torino, Piazza Carlina, mercato vinicolo di grande importanza grazie alla presenza della Casa Reale Sabauda; la Famiglia Reale stessa era proprietaria di importanti tenimenti nei dintorni di Bra, fra cui le tenute di Pollenzo e le antiche Cantine di S.Vittoria che saranno Cinzano nel 1868

La cantina “Matteo Cav. Fissore e figlio” era sorta nel 1859 in via Vittorio Emanuele II 66, e divenne presto importante e prestigiosa etichetta di Barolo del secolo scorso.
La cantina acquistava uve nelle migliori posizioni di Langa e produceva i classici rossi piemontesi, ma nel listino si trovavano anche Gavi, Brachetto e Vermouth, citiamo inoltre “Barolino Chinato” e il “Gran Vino Barolo”.
Dopo tre generazioni chiuse i battenti nel 1950. Oggi l’edificio è un normale condominio.
Anche Manissero, importante commerciante di uve nell’ottocento, ha chiuso i battenti negli anni ’20. Il bell’edificio con giardino è adibito ad abitazione. 

La grande tradizione vinicola di Bra è conservata solo dalle cantine Giacomo Ascheri, unico produttore che è rimasto con un listino che comprende i migliori vini piemontesi.
La famiglia Ascheri ha origini antichissime: citato Ascherius nel “Rigestum” del comune di Alba del 1196. Nel secolo scorso sono presenti a La Morra e nel 1880 Giacomo Ascheri si trasferisce a Bra in via Piumatti 19, ove inizia la produzione di Barolo.
Nel 1960 le cantine vennero ampliate e ristrutturate e spostate di poche decine di metri. Con un intelligente recupero di alcuni locali della vecchia cantina nel 1994, la famiglia Ascheri ha avviato l’Osteria Muri Vecchi”, un luogo di incontro per valorizzare cucina territoriale e vino intesi come elementi di convivialità, di cultura e di socialità.
Nella città di Bra ci sono ancora le cantine del Russi o meglio la grotta di Giovanni Battista Ternavasio, il generale dell’esercito napoleonico che fu decorato per la campagna di Russia e dopo il congedo, intorno al 1820, fondò a Bra intorno al 1820 la casa vinicola Ternavasio.
Acquistò da un ordine religioso un edificio, lo adattò a cantina, che  restò in funzione sino al 1917. Oggi sono un condominio.
Ma la sua fama resta legata alla cosiddetta “grotta del Russi”, un’ imponente serie di gallerie fatte scavare sotto la cantina a scopo promozionale. La grotta è sicuramente era una delle più belle realizzazioni in campo enologico.

Sull’esempio francese – gallerie nello Champagne – e su progetto dell’architetto Onofrio di Torino era costituita da un grande salone circolare largo oltre 20 metri, sorretto da sedici bellissime colonne, da qui a raggiera partivano quattro gallerie, alte sei metri, terminanti in rotonde dal diametro di otto metri, raccordate a loro volta da gallerie esterne circolari.
La grotta poteva immagazzinare circa 400.000 bottiglie in appositi fori scavati nelle pareti. Appositi candelabri e lumi illuminavano la grotta, per un percorso promozionale veramente originale per l’epoca e per gli importanti visitatori, citiamo solamente lo zar Nicola II e il re Vittorio Emanuele III. Un grandioso spettacolo “Son et Lumiere” con il contorno di ben 400.000 bottiglie di Barolo. Era il 1904.
La grotta dopo il 1917, con la chiusura della ditta Ternavasio, andò in disuso, rifugio di partigiani durante la resistenza, deposito di sale nel dopoguerra, subì molti crolli soprattutto nel 1972 per lavori in edifici circostanti. Oggi per motivi di sicurezza è inaccessibile e in stato di totale abbandono, con il tempo crollerà tutto.

La decadenza di Bra. Per quali motivi Bra ha perso il ruolo imprenditoriale nell’industria enologica?
Probabilmente le prime difficoltà arrivarono con la crisi degli anni trenta, con i fallimenti Mirafiore e Calissano in Alba e la chiusura, in provincia, delle casse rurali di ispirazione cattolica.
Il dopoguerra vede Bra e il suo territorio cambiare radicalmente.
Emergono altre industrie, altre attività; il settore agricolo, quindi anche la viticoltura, sono attività marginali nel contesto delle scelte politico-economiche nazionali, i consumi di vino non sono certamente di qualità, le prime DOC debbono essere ancora discusse.

Poco alla volta – con la sola eccezione di Ascheri – chiudono tutte le cantine.
Manca anche la sensibilità del territorio, degli enti e degli amministratori. Chiude i battenti la storica ditta Bianchi (vermouth e liquori) con il bellissimo stabilimento liberty, con i bellissimi e originali impianti produttivi.
Un restauro conservativo, sullo stile Fiat-Lingotto, era impossibile? Per un museo dei luoghi e della memoria, per tramandare una tradizione ma soprattutto per rendere doverosa gratitudine a quelle cantine e a quegli imprenditori di Bra che, nel secolo scorso, furono i pionieri della valorizzazione commerciale del Barolo su tutti i mercati del Mondo.
antonio.dacomo 11/4/2021