L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

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LA STORIA DEL VINO

2021-03-26 09:02:39

PERSIANO, EGIZIANO, SICILIANO O MEDIORIENTALE? 
LE MISTERIOSE ORIGINI DEL VITIGNO SYRAH.

Grande vitigno il Syrah, capace di vini incredibili, straordinariamente articolati nella sfera aromatica e sorretti da una impalcatura tannica di rara fattura, noti per essere colti dopo anni e anni.
L’origine? E’ probabile l’antico Oriente: la Persia, attuale Iran, e per la precisione la città di Shiraz, possibile patria del vitigno Syrah e di un antico vino di Shiraz. Ancora una volta, il Mediterraneo orientale è un tramite per la diffusione di importanti colture e culture viticole che, nel corso dei secoli, sono giunte a deliziare, con i loro prodotti, l’Italia e l’Europa.
Si dice che il vitigno Syrah fosse originario dell’Egitto e che la regina Cleopatra fosse una grande estimatrice di vino Syrah. Nel III sec. d. C., l’imperatore Marco Aurelio Probo, deciso a introdurne la coltivazione in Gallia, durante il suo viaggio di rientro proprio dall’Egitto si fermò con le sue legioni in Sicilia, a Siracusa. I legionari piantarono qui i ceppi importati che attecchirono subito e bene: è facile, quindi, collegare il nome Syrah o Sirach proprio alla città di Siracusa. Abbastanza plausibile, anche, che siano stati i Greci, fondatori di Siracusa, a introdurre tempo prima in terra aretusea questo vitigno a bacca nera.
Quando Gaspard de Stérimberg, di ritorno nel 1224 dalla crociata, ricevette in dono dalla regina di Castiglia questo sperone di granito sopra il villaggio di Tain sul Rodano, poco prima di Valence, in cui piantare la sua spada per sempre e dedicarsi alla viticoltura, di certo non avrebbe immaginato cosa sarebbe successo nei secoli successivi su questa vista spettacolare sulla Valle del Rodano. Attorno alla sua spada e alla sua leggenda di eremita fu eretta la cappella in onore di San Cristoforo e la pratica della viticoltura, comunque presente sin dai tempi dei romani, ricevette nuovo impulso. Fu grazie alla forza del suo pentimento e alle sue preghiere o fu grazie alla barbatella di uva syrah (shiraz?) portata dall’Oriente? C’è molta leggenda e molto romanzo in questa versione dei fatti ma la realtà racconta di una collina che è un mosaico geologico intrigante e meraviglioso, croce e delizia di ogni appassionato di vino che può trovare qui la riprova del credo e della scientificità del terroir più profondo.

Sono solo 130 gli ettari del vero e proprio Hermitage (anche “Ermitage” senza l’H, che sarebbe la dizione corretta francese mentre quella con l’H era quella con cui il vino è diventato famoso in Russia) e la produzione tra rosso (100 ettari) e bianco (30) è molto limitata ma capace, con il riflesso del suo mito, di dar vita a migliaia di ettari attorno tra le AOC di St Joseph e Crozes Heritage. Questi ultimi sono due esempi di gestione scriteriata delle denominazioni perché vedono mescolati insieme (pochissimi) ettari straordinari di collina e terreni e microclimi adatti alla viticoltura di qualità, ad altre coltivazioni di pianura quasi insignificanti.

La fama e la spettacolarità dei vigneti di questa collina sono responsabili in pratica del boom del vino australiano basato sul syrah (non a caso il vino bandiera di Penfolds si chiamava Grange-Hermitage), sugli emuli della Rhone Vally in California e del tanto syrah piantato anche dalle nostre parti, Toscana (Cortona in primis) e Sicilia. Nel corso dei secoli la loro ricchezza e carattere hanno consentito di animare e rendere “eremitati” milioni di ettolitri di esangue vino bordolese contribuendo in maniera silenziosa alla crescita di Bordeaux. Solo dagli anni ’60 in poi, e con la scoperta da parte della critica negli anni ’80 e ’90 da parte di Robert Parker, si assiste ad una vera ribalta internazionale della zona e delle sue potenzialità.

antonio.dacomo 21/3/21