L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

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LA STORIA DEL VINO

2021-03-25 20:11:49

ANCHE IN UNGHERIA I ROMANI ANTICHI HANNO PORTATO LA VITE? IL SOLITO MARCO AURELIO PROBO! LA CLASSIFICAZIONE DEL1737 DEL TOKAJ
UN SECOLO PRIMA DEL BORDEAUX!

Alcuni esperti reputano che la produzione di vino in Ungheria risalga ai tempi dei celti, anche se dal ritrovamento di un tralcio di vite pietrificato ad Erdőbénye, dimostrerebbe l’esistenza della vite in epoca romana.
Furono i Romani a impiantare le prime viti e a introdurre la scienza enologica nell’area del Danubio, fertile territorio allora compreso nell’antica Pannonia, provincia romana all’epoca dell’imperatore Tiberio.
Aquincum fu un'antica città romana alla periferia di Budapest, odierna capitale dell'Ungheria, nella zona di Óbuda (ovvero: antica Buda). Qui in epoca romana, esattamente nel I sec. sorgeva questa colonia, la capitale della provincia della Pannonia inferiore sin dal tempo di Traiano (53 - 117).
Le due regioni di Badacsony e Somló sulle sponde del lago Balaton si coltivavano già da quei tempi, soprattutto sotto la guida dell’imperatore Marco Aurelio Probo. Nonostante sopravvissero per quasi due millenni, molte piantagioni furono sterminate dalla fillossera che distrusse diverse varietà locali. Per questo, oggi accanto a uve autoctone si trovano anche diverse importate da altri paesi. Per provare qualcosa di tipico, consiglio i vini prodotti con il vitigno Kéknyelű (letteralmente “stelo blu”).
Sembra che già i Greci avessero introdotto le prime vigne sulle colline intorno Tokaji, molto più a nord-est vicino all’Ucraina, poi vennero i Romani a portare rigore e nuove tecniche di coltivazione, poi come sempre i monaci nel medioevo preservarono le colture e la cultura del vino.
Le tribù Magiare arrivarono in queste terre alla fine del IX secolo e con esse il vino e la coltura della vite continuarono a svilupparsi. Dopo le invasioni dei Mongoli nel XII secolo, iniziò la ricostruzione per opera del re Bela IV che concesse molti privilegi a favore dei viticoltori, ed i risultati furono molto positivi, soprattutto nelle zone di Eger e Sopron.
La leggenda attribuisce agli italiani, XII secolo, l’introduzione della vinificazione del tokaji nella zona di Olaszliszka (olasz in ungherese significa appunto italiano). L’Ungheria è stata per secoli una nazione dalle grandi tradizioni enologiche grazie ai numerosissimi vitigni autoctoni, alle tecniche avanzate di vinificazione dei vini dolci e ad una legislazione vitivinicola addirittura più antica di quella francese “la più antica zona a denominazione d’origine del mondo” secondo gli Ungheresi. Basti pensare alla classificazione dei vigneti di tokaj-hegyalja che risale al 1700, alla successiva zonazione dei vigneti di 1ª, 2ª e 3ª classe e non classificati del 1737 e alla vera e propria classificazione di merito in crus nel 1772 – oltre ottant’anni prima dei famosi grand cru classè del Medoc - oppure ai vini dolci botritizzati prodotti intenzionalmente muffati almeno due secoli prima del Sauternes. Il tokaji veniva infatti gìà esportato in grandi quantitativi nel XVI secolo per allietare le tavole, di Re, Papi, Principi e Imperatori deliziati dal carattere tutto particolare del tokaji Aszu di cui diffusero la fama in tutta Europa. Era il vino degli zar cui la leggenda attribuisce di aver avuto la fortuna di bere un tokaji di 200 anni.
Solo nel XVII secolo il Tokaji Aszú conquistò la fama e il prestigio che conosce ai nostri giorni.
Cosa fece nascere un vino del genere? Come spesso accade per un errore o un caso: ,la prima e vera produzione del Tokaji, così come lo conosciamo oggi, viene fatta risalire al 1650 presso le tenute di proprietà di Zssuzsanna Lorántfly di cui Máté Szepsi Laczkó era prete nonché responsabile della cura dei vigneti e della vinificazione; al tempo un attacco improvviso delle milizie turche costrinse a rimandare la vendemmia a causa di mancanza di manodopera nei campi; le uve intanto furono attaccate dalla muffa grigia, alterandone aspetto visivo e gustativo, ma Il prete non si scoraggiò e chiese di procedere comunque con la vendemmia; attesero la Pasqua dell’anno successivo per poter assaggiarne il risultato che per un fortuite circostanze lasciò tutti a bocca aperta.
Alla fine del 1600, individuati i benefici di questa “muffa nobile” (Botrytis Cinerea) e i suoi effetti sulla produzione di vino, furono elaborate norme specifiche per la produzione del Tokaji Aszú. All’arrivo della fillossera seguì un arresto produttivo e fu solo alla fine dell’800 che si iniziarono a piantare nuove viti resistenti alla fillossera e la produzione vinicola riprese il suo sviluppo. Con l’avvento del monopolio di stato comunista, nel 1947, la produzione e il commercio del vino, di bassissima qualità, era sotto il controllo dello stato e veniva per la maggior parte esportato in Unione Sovietica. Dopo il termine della guerra fredda le imprese vinicole ripresero a produrre vino di qualità, introducendo nuove e moderne tecnologie enologiche. L’interesse dei nuovi investitori si è focalizzato soprattutto sul Tokaji Aszú e oggi questo vino si sta riprendendo la fama e il prestigio che gli sono stati propri nei secoli passati.
Di sicuro il Tokaji Aszú fu il primo vino prodotto con uve attaccate dalla muffa nobile.
Verso la fine del 1800, la filossera distrusse completamente tutti i vigneti che furono rimpiantati con le varietà furmint, Hárslevelű, Sárgamuskotály. Per la produzione del Tokaji gioca un ruolo fondamentale il microclima, che crea le condizioni ideali per lo sviluppo della muffa nobile, la Botrytis cinerea. Anche se ne vengono prodotte versioni secche, utilizzando l'uva furmint, la variante più nota di Tokaji è l'Aszù, un vino dolce ottenuto da uve surmature e butritizzate.
Il Tokay Aszu rappresenta l'Ungheria e di cui gli Ungheresi, giustamente, ne vanno fier, o come spesso viene trascritto fuori dai confini Ungheresi. Per secoli questo vino è stato considerato fra i migliori vini del mondo, preferito dalla quasi totalità delle corti nobili d'Europa. Addirittura lo zar di Russia Pietro il Grande aveva disposto in sede stabile un distaccamento di militari nella regione di Tokay proprio con lo scopo di procurare e scortare fino a corte sufficienti quantità di Tokaji Aszú. Il re di Francia Luigi XIV lo definì come “vinum regum, rex vinorum”, cioè “vino dei re, re dei vini”. Per secoli il Tokaji Aszú ha degnamente rivaleggiato con gli altrettanto blasonati Sauternes Francesi, il celebre Constantia del Sud Africa e i vini dolci di Germania e Austria, ma ciò che è certo è che il Tokaji Aszú è certamente il migliore e il più straordinario vino prodotto nell'Europa Orientale.
Dopo l'inevitabile declino dovuto, come in altri paesi Europei, a causa della temibile fillossera che distrusse i vigneti ovunque, le devastazioni a causa delle due guerre mondiali e, infine, la parentesi del regime comunista che monopolizzò la produzione di vino, da poco più di dieci anni questo straordinario vino sta rivivendo i grandiosi fasti del passato. Grazie agli investimenti da parte di società estere e all'avvento della democrazia nel paese, la viticoltura è stata riorganizzata e il suo sviluppo è così rapido e convincente che negli anni futuri è facile pensare a produzioni di vino Ungherese di alto livello, di fatto, il Tokaji Aszú attualmente prodotto è da considerarsi come un vino di straordinaria qualità.
Fino a qualche anno fa, quando si pronunciava la parola Tocai, si pensava esclusivamente al nostro vino bianco prodotto nelle province di Venezia, Treviso e in tutto il Friuli. Dal 2007, una sentenza riserva questo nome ad un vino ungherese, che l'unica cosa che ha di simile al nostro è la pronuncia del nome, appunto Tokaji.
antonio.dacomo 20/3/21