L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

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LA STORIA DEL VINO – 2a PARTE

2021-03-25 18:03:04

QUAL'E IL “PALMARES” DELL’AZIENDA VINICOLA PIU’ ANTICA D’ITALIA? CHI SE LA GIOCA TOSCANA, PIEMONTE O SICILIA?ECCONE VENTI PARTENDO DALLA MENO DATATA!!!

                                                           castello di Salaparuta

10° POSTO - 1824: Nascono Corvo Bianco e Corvo Rosso. Giuseppe Alliata, Principe di Villafranca, principe del Sacro Romano Impero, Grande di Spagna e Duca di Salaparuta, appassionato e cultore del buon vino, decide di vinificare in proprio le uve provenienti dai suoi possedimenti a Casteldaccia e produrre un vino elegante, delicato, alla francese, assolutamente innovativo rispetto alla produzione isolana dell’epoca. Nascono Corvo Bianco e Corvo Rosso.
9° POSTO - 1810: La storia inizia da un farmacista, un certo Clemente Santi, che più della medicina poté seguire la vigna e poi il vino, vista la passione e la dedizione che ci dedicò. Erano i primi decenni del 1800 e Clemente si dava da fare con le quattro uve del dominante Chianti: Sangiovese, Canaiolo, Trebbiano e Malvasia, a cui si se ne aggiungevano, in quel colle il cinese, il Colorino, il Tenerone e il Gorgottesco, vitigni quest’ultimi dalla nomea non così linda per la produzione di vino potabile. In quegli anni c’era l’uso di fare le fiere, tanto per citarne una si ricorda quella a Parigi del 1855 dove fu presentata la gerarchia del Médoc (Bordeaux).Il rosso di Clemente Santi fece capolino nel 1869 a una fiera vinicola meno ridondante di quella parigina, era anche vicina a Montalcino perché si trattava di Montepulciano, in quell’occasione Clemente Santi vinse due premi (medaglie) con il vino rosso scelto del 1865. Prima di questo premio, Clemente Santi era già stato segnalato con una menzione d’onore per la sua attività di viticoltore in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1867. Erano in molti a lodare il vino rosso del colle di Montalcino, si trovano tracce anche duecento anni prima, ma del nome Brunello non vi era traccia. Comunque, già Clemente intorno agli anni 1860 aveva iniziato a pensare a qualcosa di diverso nell’uso delle uve da vino. Dal matrimonio di Caterina Santi e Jacopo Biondi nacque Ferruccio. Egli si distinse come garibaldino, era il 1866, poi rientrando a Montalcino, alla fattoria del Greppo, proseguì gli esperimenti in vigna e in cantina del nonno, focalizzandosi sul Sangiovese e selezionando infine quello che diventerà il Sangiovese Grosso e poi il Brunello. Nelle vigne del Greppo studiò a fondo quelle piante che resistevano più all’oidio, così quando la fillossera si catapultò anche a Montalcino, lui innestò quella sua selezione di Sangiovese su piede americano e concretizzò definitivamente la nascita dell’uva Brunello.
                   Feruccio Biondi Santi                                    Juliette Colbert de Maulévrier
8° POSTO - 1810: Il Barolo nasce da una storia d’amore: la storia d’amore tra il Marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo e la nobildonna francese Juliette Colbert de Maulévrier. Da brava amante del vino quando nel 1806 si trasferì a Barolo intuì immediatamente che i vigneti che si trovavano sul territorio del comune godevano di caratteristiche uniche di suolo, clima e posizione. E fu per questo che iniziò la costruzione delle magnifiche cantine che permettevano la fermentazione e l’affinamento delle uve di Nebbiolo in grandi botte di rovere. E fù così che nacque il Barolo, nelle cantine dei Marchesi Falletti, l’odierna Marchesi di Barolo. La marchesa si occupò, con tenacia, di perfezionare e promuovere il già celebre vino di corte. Discendente di un'antica famiglia di vinificatori della corte francese, ella si dedicò alle cantine del castello di Barolo e del castello della Volta. Appoggiata dal Conte di Cavour e da Vittorio Emanuele II di Savoia, riuscì, attraverso il "metodo Staglieno", a perfezionare e diffondere il pregiato vino in tutte le corti d'Europa. Si racconta che un giorno, la marchesa Falletti offrì a Re Carlo Alberto 325 "carrà" di Barolo - una per ogni giorno dell'anno ad eccezione del periodo di astinenza quaresimale - perché il Re aveva espresso il desiderio di assaggiare quel "suo nuovo vino"; l'omaggio passò alla storia: le "carrà" erano infatti botti da trasporto su carro, della capacità di 12 brente (circa 600 litri). Re Carlo Alberto rimase così entusiasta del vino avuto in dono, che decise di comprare la tenuta di Verduno per potervi avviare una sua produzione personale, ed altrettanto fece il Re Vittorio Emanuele II, alcuni anni dopo, acquistando la tenuta di Fontanafredda a Serralunga d'Alba.
7° POSTO - 1786: Tutto ha inizio a Torino, quando Antonio Benedetto Carpano, dopo un periodo di studi da erborista, inventa la formula che dà origine alla categoria merceologica dei Vermouth, miscelando erbe e spezie con il vino moscato. La sua bottega era situata proprio di fronte al Palazzo Reale, e, sicuro della bontà di quel nuovo prodotto, ne invia una cesta al re Vittorio Amedeo III. Da qui parte l’immediato successo del vermut, che fin da subito viene talmente apprezzato dal sovrano da adottarlo tra i consumi della famiglia reale. Il vermouth, vino aromatizzato alla china, fu inventato nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano, poi fondatore della ditta che porta il suo nome, a Torino dove gestiva una bottega di liquori sotto i portici di Piazza Castello. Il nome fu scelto riadattando il termine tedesco Wermut, che significa “assenzio” (Artemisia absinthium L.) ma anche “amarezza”. Oggi il marchio Carpano è prodotto e distribuito da Fratelli Branca Distillerie di Milano, ed include: Carpano Classico Vermuth, Carpano Bianco, Carpano Antica Formula e l'aperitivo Punt e Mes.
                                                                                                      castello di Brolio
6° POSTO - 1722: Dopo la conquista fiorentina di Siena, Brolio fu convertito, su progetto di Giuliano da Sangallo, in una prestigiosa residenza signorile e in una imponente azienda agricola e soprattutto vinicola. A questo proposito, anche se documenti degli inizi del millennio attestano già a quei tempi la diffusione a Brolio della coltura della vite, è del 1696 un atto notarile che assicurava un carico di pregiati vini in partenza dal porto di Livorno con destinazione Amsterdam. Nel 1722 il duca di Norfolk scriveva ad un rappresentante di Brolio a Londra per assicurarsi ogni mese la consegna “di cinquanta o più casse del vero Chianti” di Brolio. Nel 1773, infine, Pietro Leopoldo di Lorena scrive nelle sue relazioni di viaggio: "Broglio (Brolio) è un'antica, grande e bella fortezza (...) nella fattoria vi sono grandi e belle cantine ed ottimi comodi, è fattoria che fa 1000 barili di vino che è squisito e sul gusto del Carmignano ma più leggero.". Nel 1829 Bettino Ricasoli, appena ventenne, iniziò a seguire personalmente la proprietà di Brolio e per tutta la sua vita alternò gli impegni politici ad approfonditi studi in viticoltura. Particolare attenzione pose il “Barone di Ferro” ai vitigni più rispondenti per quel vino ideale che voleva produrre sulle sue terre. Varie furono le uve coltivate a Brolio, dal Pinot al Cabernet, dal Grenache al Carignano, ma a dare i migliori risultati per Bettino Ricasoli furono senza dubbio i cloni del Sangiovese di Brolio, una varietà ancor oggi presente nelle vigne dell'azienda perché i successivi reimpianti hanno quasi sempre visto utilizzare materiale vegetale autoctono. Si arriva così al 1874 quando il Barone Bettino, dopo anni di ricerche e sperimentazioni, definì l'uvaggio per il Chianti Classico al quale, quasi un secolo più tardi, si è poi ispirato il disciplinare di produzione del più famoso vino italiano, rimasto in vigore fino ai giorni nostri.
5° POSTO 1671: Comino Sella acquisisce una vigna a Lessona, piccolo territorio vinicolo già allora storicamente dedicato alla produzione di vini rossi di pregio, frutto di nobili terre e sabbie di un antico mare. Le generazioni della famiglia Sella per 350 anni curano le vigne delle tenute conservandole gelosamente, ben sapendo che esse fanno parte del patrimonio culturale del grande Piemonte. Una denominazione mignon, con 10 ettari, di qualità media elevata, nella quale a farla da padrone è la ultracentenaria Tenuta Sella. Tra gli anni '30 e '40 dell'Ottocento Giovanni Giacomo Antonio Sella fece edificare la villa padronale e i rustici annessi proprio sulla sommità del vigneto allo Zoppo, cru eccellente per esposizione, con ogni probabilità lo stesso già citato in un atto del 1436. Intorno al 1870, nella divisione dell'eredità fra i tre figli di Maurizio Sella, Gaudenzio, Quintino e Giuseppe Venanzio Sella, fu quest'ultimo che rilevò le proprietà di Lessona. La famiglia Sella decise allora di allargare la Tenuta e investire nel territorio, ancora per la gran parte aspro e selvaggio, di Villa del Bosco per impiantarvi vigneti. Tra il 1882 e il 1884 Carlo Sella, a nome degli eredi di Giuseppe Venanzio, acquistò progressivamente dal Comune di Villa del Bosco i vari lotti della proprietà Bramaterra e incaricò Don Paolo Antoniotti, sacerdote e uomo di scienza, di curarne la bonifica. Negli anni 1892-3, su progetto di Gaudenzio Sella, iniziò la realizzazione della Cascina Bramaterra, il fabbricato rurale che ancora oggi domina la Tenuta. Pochi anni dopo, all'esordio del Novecento, le vigne di Bramaterra erano entrate in produzione; il vino che ne veniva prodotto era, finalmente, ed è ancora, Bramaterra.
                                                                                                     castello di Fonterutoli
4° POSTO - 1398: Ser Lapo Mazzei (1350-1412), viticoltore a Carmignano e appassionato all’arte del vino, è Notaio della Signoria fiorentina, Ambasciatore e Proconsole dell’Arte dei Giudici e dei Notai. Ser Lapo Mazzei è anche considerato il “padre” della denominazione Chianti: a lui si deve il primo documento conosciuto sull’uso della denominazione, apparsa in un contratto commerciale a sua firma, datato 16 dicembre 1398. “E de’ dare, a dì 16 diciembre (1398),fiorini 3 soldi 26 denari 8 a Piero di Tino Riccio,per barili 6 di vino di Chianti ….li detti paghamo per lettera di Ser Lapo Mazzei”. È però alla nipote di Ser Lapo Mazzei, Madonna Smeralda, andata in sposa a Piero di Agnolo da Fonterutoli, che i Mazzei devono la proprietà di Fonterutoli, trasmessa dal 1435 fino a oggi, attraverso 24 generazioni.
3° POSTO - 1304. Le prime notizie dell'attività vinicola dei Frescobaldi risalgono al 1304. Una curiosità è quella dell'esistenza di un documento che registra uno scambio in natura (opere d'arte per vino) con Michelangelo Buonarroti. Vittorio degli Albizi, cognato dei Frescobaldi per il matrimonio di sua sorella Leonia con Angiolo Frescobaldi, fu tra i primi a testare nelle tenute dei Frescobaldi metodi di produzione vinicola moderni, con l'innesto nel 1855 di vitigni Chardonnay, Cabernet e Merlot in Toscana. Essa gestisce e controlla direttamente sia la produzione che la commercializzazione dei vini Frescobaldi in circa 100 paesi del mondo assieme al marchio Laudemio olio extra vergine di oliva. Sono loro il Castello Pomino,il Castello Nipozzano, la Tenuta Castiglioni e laTenuta Castel Giocondo. La società controlla inoltre le prestigiosi aziende vitivinicole di Ornellaia, Masseto, Luce in Toscana e Attems in Friuli.
                  tenuta di Castelgiocondo
2° POSTO - 1300: Nell’archivio di stato di Firenze è stata inoltre rinvenuta una pergamena datata 804 d.C.: si tratta di un contratto di affitto che documenta come già 1200 anni fa a Carmignano venissero coltivati olivi e viti. Alla fine del 1300 il Datini comprava a caro prezzo il Carmignano per la sua cantina in Prato e nel 1600 lo decanta il Redi come vino degno di Giove. Inoltre Carmignano può essere orgogliosa di essere stata scelta dal Granduca Cosimo III de’Medici (nel 1716), come una delle 4 zone a vocazione viticola del Granducato di Toscana. Il “Decreto Motu proprio” ed il “Bando” difatti regolamentavano con norme precise la produzione, i limiti geografici, il commercio dei vini prodotti in tali aree, costituendo la prima “doc” esistente al mondo. Alla fine del 1800 e nei primi anni del 1900 la cantina dell’azienda del Marchese Niccolini produceva ed esportava il Carmignano.

1° POSTO - I PIU' ANTICHI PRODUTTORI D'ITALIA: 1180: Rinuccio di Antinoro è registrato come produttore di vino al Castello di Combiate vicino alla città toscana di Calenzano nel 1180. Il castello fu distrutto nel 1202 e la famiglia si trasferì a Firenze , dove si occupò di tessitura della seta e attività bancaria. Nel 1385 Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell'Arte dei Vignaioli, data solitamente intesa come inizio dell'attività vitivinicola. La fama del loro vino si espanse negli anni, tanto che nel 1506 potevano permettersi di pagare 4.000 fiorini per il Palazzo Antinori , costruito per la famiglia Boni negli anni '60 del XIV secolo. A quel tempo, Alessandro Antinori era uno degli uomini più ricchi di Firenze, ma come molti fiorentini fu presto mandato in bancarotta dalle devastazioni di Carlo V di Spagna e dall'effetto economico del suo oro del Nuovo Mondo. Tuttavia la famiglia prosperò nella pace che ne seguì e ottenne il titolo di marchese dalla Casa d'Asburgo-Lorena nel XVIII secolo. Nella seconda metà del 16 ° secolo, Bernardino Antinori aveva una relazione con Dianora di Toledo , moglie di Pietro de' Medici , figlio di Cosimo I . Pietro, all'epoca noto per la sua brutalità e disonestà, scoprì la relazione tra l'Antinori e la moglie, che accusò di adulterio e la strangolò con un guinzaglio per cani nel luglio 1576 a Villa Medici a Cafaggiolo . Bernardino fu poi arrestato e ucciso in carcere, per questo motivo Pietro fu successivamente esiliato in Spagna dal padre Cosimo I. Dal 1957 Piero Antinori porta avanti l’impero, oltre tremila ettari vitati in Italia: la Tenuta Tignanello, la Badia a Passignano e Pèppoli nel Chianti Classico, la cantina di Bargino, il Pian delle Vigne, la Tenuta Guado al Tasso, Le Mortelle, la Tenuta Monteloro, La Braccesca, la Tenuta Monteloro, la Tenuta La Farneta, Prunotto in Piemonte, il Castello della Sala in Umbria, in Franciacorta (Montenisa) ed in Puglia (Tormaresca) e l’ultima acquisizione, Jermann. E non parliamo delle proprietà all’Estero.
            palazzo Antinori a Firenze                                        villa Antinori a Scandicci
antonio.dacomo 25/3/21