L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

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mangiare bene, bere meglio

I TEMPLI DELLA CUCINA

2021-03-30 19:34:01

RISTORANTE BALBO DI LUIGI CAPUTO

Era il 2002 che apparve questa brutta notizia sui giornali: Torino perde la sua ultima stella. Dopo anni di gloria, alla nostra città ne era rimasta una sola, quella fulgida di Balbo, il ristorante di via Andrea Doria 11, il migliore della città anche per la guida dell' Espresso. Un altro monumento della vecchia ristorazione Torinese si perde.
Pensare che in questo locale ho passato dei momenti indimenticabili, come sommelier sono cresciuto molto, e devo a questo mio percorso professionale il traguardo del riconoscimento di Miglior Sommelier d’Italia di fine1992, culminato l’anno seguente nella chiamata all’Albereta di Gualtiero Marchesi. Momenti spensierati, meno impegnativi confronto ad un “3 stelle”, ma nello stesso tempo gratificanti. Lo Chef Caputo era uno di noi, nella sua semplicità e schiettezza, d’altronde ci conoscevamo bene, avevamo fatto i corsi all’Ais insieme il decennio prima.
Ed era un piacere accompagnare le sue preparazioni di piatti di pesce, alternate ai grandi piatti piemontesi, ricordo ancora il suo fritto misto. In sala oltre la moglie di Luigi, la simpatissima Maria, si muoveva con quel fare premuroso, l’amico di sempre Santino Nicosia, che anni prima avevo già trovato come collega alla Smarrita. Com’è strana la vita? Ora siamo tutti e due in cucina, lui “patron” del Garamond con la moglie Gianna, già operante per anni ai Due Lampioni e io al mio Bicchierdivino.
Bella storia quella di Caputo, pugliese di origine che gira il mondo dagli Stati Uniti, al Canada, alla Francia per imparare i segreti della grande cucina. E che, tornato a Torino, vi apre il ristorante più fedele alla tradizione piemontese. Balbo appunto, storica pizzeria rilevata nel '71 da Luigi e dalla sua famiglia e trasformata a poco a poco in un regno per gourmet.
Caputo da subito avevo iniziato un certo discorso. Ma il salto di qualità l'ha fatto all' inizio degli anni Ottanta quando i soci lo hanno lasciato e ha potuto sfogare la sua ossessione, la sua malattia». Che è poi l' ossessione per l' assoluta qualità delle materie prime, per la maniacale precisione nelle cotture. Era una piccola bomboniera Balbo dove potevi mangiare grandi tradizionali agnolotti, o filetto di vitello al Barbera, ma anche grande pesce, a ricordare l' origine meridionale dello chef.
Il ristorante “Balbo” o per meglio dire “la Balbo”, è parte dei ricordi remoti dei torinesi; innanzitutto per il nome tipicamente piemontese, poi perché da sempre e il locale dello dopo spettacolo e infine perché ci ricorda i tempi goliardici quando pizzeria e non ancora Tempio della Cucina Italiana, ci permetteva squattrinati come eravamo, di portare la ragazza dopo il cinema a prendere un'ottima pizza con boccale di birra. Il ristorante deve le sue origini e la sua tradizione a quel locale di spettacolo che fu il teatro omonimo sin dalla prima metà dell'800, fino all'ultima guerra mondiale, quando distrutto dai bombardamenti non venne più ricostruito. Il teatro debutta inizialmente come circo, successivamente avviene una serie di trasformazioni che lo portano a essere un teatro prima di operette e poi di varietà. Particolare curioso e il tipo di pubblico che frequenta il locale per la libertà di contegno consentita a differenza degli altri teatri in cui la ferrea etichetta limita di molto le espressioni di gioia e di divertimento. Sparito il teatro l'antica trattoria sopravvive agli eventi e continua a incarnare il mito del locale per il dopo spettacolo, un'immagine di ritrovo di buon gusto per la fine serata.
Da trattoria tipicamente piemontese sia la prima determinante evoluzione negli anni 60 con l'assunzione dell'identità di vero Ristorante; arriva al Nord la cucina toscana di Gianfaldoni, aumenta considerevolmente la lista di quotidiana delle vivande; si gustano monumentali costate alla brace, con carne di bue che arriva bisettimanalmente dalla Maremma, una ribollita eccellente, dolcetti toscani da intingere nel passito di Caluso o di Pantelleria.
La seconda ma non meno importante evoluzione viene con la della pizzeria. La veracità napoletana ha conquistato il mondo e il ristorante pizzeria diviene il locale in per il dopo teatro. L'abbinamento risulta determinante perché nell'ultima parte della sua esistenza ritrova quello spirito di licenza del passato, in quanto è la pizzeria importante, frequentata anche da quelli che “contano” e che non si sentono legati all'etichetta. Questo periodo è quello che ancora oggi, per i torinesi, gli conferisce l'appellativo femminile “la Balbo”.
La terza evoluzione ancora più significativa, avviene in quest'ultimo lustro, per volontà di Luigi Caputo che nel corso del tempo da chef di cucina diviene grande “Patron”.
Siamo negli anni 80 è crescente fervore della ristorazione italiana a porta Caputo a fare il gran salto di qualità. Con lui è ancora presente la pizzeria; Il locale nel 1983 viene ancora trasformato assumendo quei canoni di eleganza superiori per l’ambiente, per il tovagliato, le porcellane e i cristalli, ma soprattutto per l'offerta delle vivande dei vini.
Nel 1985 scompare anche se con rammarico la pizzeria per consentire a Luigi Caputo di fare ricerca e sperimentazione sempre più profonda. Oggi il locale si può certamente inserire nel ristretto numero di quelli in cui la cucina è creativa con rispetto della tradizione regionale, terrina di trippa con salsa di fagioli, fritto misto, sformato di anguilla con gamberi del Sesia, zuppa di rane vercellesi in crosta, agnolotti di seirass ed erbette al burro di timo, sformato di melanzane, zucchine e peperoni con salsa al pomodoro fresco.
Luigi Caputo inizia giovanissimo, la sua carriera dalla gavetta nel 1962, svolgendo mansioni di inserviente di cucina; evidenzia subito quell'impegno che poco tempo dopo lo porta a essere già commis di cucina al ristorante I Due lampioni. Nel 1965 c'è una parentesi stagionale presso l'hotel al Saraceno di Varigotti. Dal ‘66 al ‘68 rientrato a Torino opera quale capo-partita presso il prestigioso e rinomato Caval Brons.
Svolge per svolge poi il periodo di leva. naturalmente ai pentoloni in cucina, con gioia e gaudio dei commilitoni presso i quali riscuote pieno successo. Rientra al Caval Brons ma per poco tempo, gli viene Infatti offerto il rango di capo-cuoco presso la lussuosa casa di cura San Luca. Nel 1971 diviene contitolare del Ristorante-Pizzeria Balbo e successivamente nel 1983 unico proprietario, apportando tutte quelle modifiche sopra descritte. Luigi Caputo sebbene attento al fervore della ristorazione italiana e alle influenze della vicina Francia, sono frequenti le sue visite oltralpe presso i tempi della cucina, è da sempre autodidatta. Forse l'unica ispirazione di viene dall’apprezzare la passione con cui opera Girardet. Non è mai andato a imparare - lavorando da altri-, non hanno forse avuto un simile destino Meneau o Girardet?
Innumerevoli sono in riconoscimenti di cui si può fregiare Luigi Caputo: Commandeur des Cordons Bleus de France, membro dell'Accademia della Cucina, Maitre de Table della Chain des Rotisseurs, Socio fondatore dell'ordine Ristoratori Professionisti Italiani, Socio dell'Associazione Italiana Sommelier, Presidente Vicario dell’Unione Cuochi Piemontesi, Cavaliere della Repubblica per Meriti Professionali, Cittadino Onorario di Los Angeles, ecc., inquadrato così il nostro uomo.
Nel 1995 ha ottenuto l'ambita stella Michelin per il suo ristorante Balbo, che terrà fino alla chiusura del locale nel 2002.
Vediamo ora di farvi venire un appetito indiavolato con le sue meraviglie.
Fra gli antipasti dominano il salmone marinato all'erba cipollina e caviale iraniano, una sinfonia di aragosta e capesante al profumo di rafano, delle capesante gratinate alla nostra maniera, un fegato d'oca crudo con gelatina di ribes, uno sformato di topinambur con salsa al tartufo bianco, un’ insalatina di funghi reali e tartufi d'Alba, una terrina di coniglio allo spumante. Veramente divini alcuni primi: maltagliati con radicchio trevigiano e gamberetti, agnolotti monferrini al sugo d'arrosto e piccole verdure, tagliatelle al ragù d'anatra, la zuppa di frutti di mare e cannellini toscani, le tagliatelle verdi con funghi porcini.
Fra i secondi di pesce, eccezionali i filetti di triglie alla crema di rosmarino, gli scampi al cartoccio di porri, il filetto di Pagello alla crema di zucchine, il filetto di branzino al Pinot Nero, la sogliola all'erba cipollina, un tris di funghi porcini in stagione. Se preferite la carne si potrà scegliere fra innumerevoli meraviglie: un filetto di capriolo in salsa agreste, un rognoncino di vitellina alle bacche di senape gialla, lumache alla nocciole con salsa di crescione, una finanziera Vecchia Torino, una lepre passata al Barbaresco con polenta, una scaloppa di fegato d’oca con pere William, un fegato di vitellina all'aceto balsamico, delle rosette d'agnello con salsa allo scalogno, un fritto misto alla piemontese, un filetto di vitello alle erbe aromatiche, cervella di vitello al burro e capperi, un petto di piccione al miele.
Vasta e raffinata la carta dei vini impeccabilmente illustrala da un ottimo sommelier: con gli antipasti e il pesce, vi consiglia uno Chablis 1er cru oppure un Montrachet entrambi dell'annata 1983 prodotti da Joseph Drouhin, è ancora un Pouilly-Fumè Cuvée Baron de Ladoucette. Per tasche meno ambienti: un Muscat di leon Beyer e o un Muscadet de Sèvre et Maine della Loira Chateau de Chassior. Tra i vini bianchi italiani un Fiano di Avellino Villardora, un Greco di Tufo Vignadangelo entrambi di Mastroberardino, un Gavi di Gavi la Scolca, un Arneis di Bruno Giacosa e così via fai tutti i migliori.
Notevoli vini rossi dai Piemontesi: Dolcetto, Grignolino, Nebbiolo, Barbera, Barbaresco e Barolo delle migliori case, ai toscani fra i quali primeggiano un Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi del 1971 e altri Brunello di Montalcino meno impegnativi per il portafoglio, un Tignanello è un Sassicaia entrambi dei Marchesi Antinori. Fra i rossi francesi ricordiamo fra il Bordeaux, uno Chateau Haut Brion, un Chateau Lafitte Rothschild, un Latour è un Monton. Fra i Borgogna, un La Tache, un Grand Echezeaux, un Romanée Saint Vivant e tanti altri che sarebbe troppo lungo elencare.
E siamo così arrivati ai dessert: crostate di frutta che fondono in bocca, sorbetti di frutta e ottimi gelati della casa, eccezionali le friandises accompagnate da un passito di Chambave della Valle d'Aosta o da un Picolit dell'Abbazia di Rosazzo o ancora da un Marsala riserva di 20 anni solera di De Bartoli.
Al ristorante Balbo Luigi Caputo e la sua sposa vi accolgono con una gentilezza è un savoir-faire veramente straordinari. Dopo una coppa frizzante sempre di ottima casa, Luigi vi consiglia i piatti quasi con timidezza, senza spacconate e con tanto amore. Non dimenticatevi le capesante gratinate alla maniera del professor Re, indimenticabili.
Al posto del Ristorante, un’anonimo negozio, in una delle più belle piazzette di Torino.
Luigi Caputo, in splendida forma ed è molto apprezzato, continua ad insegnare la sua grande arte in Italia e all’estero e logicamente fa parte della nostra Associazione Cuochi della Mole…...
antonio.dacomo 26/11/20