L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

I PERSONAGGI

2022-04-24 11:00:05

FRANCO PISU, L'ULTIMO DEI PATRON

Dopo i miei primi dieci anni di ristorazione, mi colse una malsana pensata: aprire un’enoteca, per poter trascorrere una vita più tranquilla e ritornare a casa la sera in orari accettabili. 

Era il 1990 quando aprì “Vinomania”, in piena crisi economica. Di sicuro il momento di recessione non mi ha aiutò, il non avere la possibilità di mescita nel locale mi diede il “colpo di grazia”. Fatto sì che l’operazione si rivelò un’esperienza più che negativa, “quasi da rasentare” il fallimento.

Il locale che avevo aperto nei pressi di Corso Francia durò non più di due anni. In questo periodo, dovetti rifugiarmi in altre attività in alternativa, pagliativi per sopperire i “magri” guadagni della vendita di sole bottiglie all’esportazione. Così decisi di cercarmi qualcos’altro da rimediare i mancati guadagni. Un suggerimento di un amico agente, Giuseppe Modugno, mi salvò. Un suo cliente in un ristorante di Carmagnola cercava un sommelier.


Accettai di buon grado, il bisogno di liquidità era impellente, e così cominciai ad operare nei fine settimana per Franco Pisu, personaggio emblematico che ben interpretava le sue origini sarde, simpatico ed entusiasta del mio lavoro. Gestiva questo ristorante di campagna un po' “ameno”, a Motta di Carmagnola, lo Stradivari, un locale che soprattutto nei fine settimana si riempiva di eventi e di clienti. Seppi in seguito che aveva anche gestito in precedenza la Taverna degli Acaia a Pinerolo insieme ad altri soci.

La collaborazione durò un paio d’anni e l’amicizia con Franco diventò un sodalizio. Qui conobbi anche Isa, che diventerà la moglie dello chef, che allora operava con me ai tavoli.

Nel 1993, finalmente liquidata l’enoteca, il destino mi portò prima da Paissa e poi in Franciacorta, nel fantastico ed entusiasmante periodo in cui mi occupai della “cantina” del Ristorante di Gualtiero Marchesi presso l’Albereta di Erbusco.



Ritornai a Torino solamente nel 1997, chiamato proprio da Franco Pisu, per far parte dello staff di un nuovo ristorante di un suo amico, il Cannubi di corso Vinzaglio a Torino. E qui lo ritrovai in cucina. Il ristorante in poco tempo divenne un locale di successo, invitammo i nostri vecchi clienti a provare il nuovo locale e il passaparola fece il resto. Peccato che l’avventura durò poco, il titolare, un imprenditore non abituato all’attività ristorativa, decise di rivenderlo dopo poco più di un anno e ritornare alle sue iniziali attività. Ora è diventata una pizzeria.

Non restammo un attimo indaffarati, ormai io e Pisu eravamo una coppia consolidata e affiatata, lui in cucina e io in sala e ci ritrovammo subito in un altro Ristorante, il Serendip di via Lombriasco, gestito dal mitico Beppe di Rienzo. Adesso è il Ristorante Monti. 

Io ormai ero diventato un “mercenario” e mai pago di nuove esperienze, mi spostai di nuovo e andai alla corte di Giuseppe Lavazza al San Tommaso e poi in quella di Silvio Rivolta a Villa Sassi.


Una parentesi di dieci anni in cui ci siamo un po' persi di vista, anche lui aveva provato altre attività, dedicandosi all’ospitalità, io ho continuato a lavorare nella ristorazione, sempre girando per locali diversi. Ogni tanto ci ritrovavamo in qualche occasione o degustazione, finché arrivò il 2014, e Franco ci invitò al suo matrimonio con Isa. Lo trovai spaesato e stufo della vita lavorativa che aveva intrapreso negli ultimi anni, gli mancava molto la ristorazione, e infatti in quell'occasione ci svelò che avrebbe presto riaperto un nuovo ristorante. 

Infatti, dopo pochi mesi ecco il suo nuovo locale, l’attuale “La Mimosa” e qui la storia lascia il posto all’attualità. Dall’inizio ho sempre collaborato con la gestione della cantina del suo ristorante. La gestione della cantina, l’approvvigionamento e la carta dei vini, ormai un “caposaldo” del locale è ancora un gran passatempo. 

Adesso dopo tanti anni che lo conosco, mi sembra naturale avere un consapevole affetto per una persona molto particolare, spesso scontrosa e suscettibile, ma spiritosa e dal cuore tenero. In questo periodo in cui la ristorazione ha avuto un grande prolificità, in cui la carenza di ospitalità in sala è inversamente proporzionale all'offerta di cucina, vedo sempre di più il bisogno di grande professionalità. Ed è cui che Franco Pisu è un grande maestro, affianca una grande cucina con piatti presentati in maniera perfetta se non artistica, straordinari e inconsuetamente abbondanti con un servizio degno di un ristorante stellato. La sua priorità, e spesso i giovani camerieri lo dimenticano, è "far star" bene il cliente, viziarlo e stupirlo con mille attenzioni. Franco riesce nello stesso tempo a dirigere la cucina e a coccolare la clientela durante il servizio, una ristorazione vincente che lo porta ad essere il numero "1"di Pinerolo, ed i risultati lo confermano.

Queste mie considerazioni vogliono essere assolutamente non di parte, ma meritate, che raccontano di un grande professionista che è ormai in via di estinzione, il vero “patron”.

Da un articolo di Luca Iaccarino del 3 aprile 2022

Ed è questo suo comportamento così accogliente, così ristoratore, così orientato verso il cliente che mi fa venire d’un tratto un ricordo d’infanzia, di quando — con mia nonna — frequentavo alcuni ristoranti e c’era sempre il patron ad accoglierci, a farsi sentire a casa, a capire le nostre esigenze e a soddisfarle.

Questa reminiscenza mi porta a una provocazione: ma non si stava meglio quando i protagonisti dei ristoranti erano i patron e non i cuochi? Quando chi guidava il vapore stava in sala e noi dietro i fornelli? Quando il vero motivo per cui si andava a mangiare al ristorante non era SOLO mangiare bene ma STARE bene più in generale? A me sembra che l’elevazione del cuoco sia andata a discapito dell’ospitalità, che il ristorante sia diventato una questione di piatti belli piuttosto che di bei modi, di perfezione invece che di felicità. Ancora oggi nei posti in cui il titolare (o un titolare) è in sala e non in cucina mi sento più felice: da Angelo dell’Acino, da Giovanni delle Putrelle, da Luisa al Vitel Etonné, da Andrea del Gatto Nero, da Steven delle Ramin-e (che si divide tra sala e cucina), da Antonella delle Antiche Sere, da Stefano da Casa Vicina, da Fabio da Barbagusto, da Maria alla Trattoria Alba, da Grazie alla Trattoria da Felice… Vedo l’elenco, e penso che questi posti hanno in comune l’accoglienza. E questa accoglienza deriva dal fatto che chi governa passa le proprie giornate in mezzo ai clienti, non chiuso in cucina.

Non voglio togliere nulla ai cuochi, ma davvero penso che sarebbe un bene per tutti se tornassimo ai ristoranti in cui i protagonisti sono i patron e le patronne. Ché ristorare vuol dire molto di più che far bene da mangiare.


Devo dire che nonostante l'amicizia ho sempre trovato stupenda la sua cucina, elegante e ricca di tocchi mediterranei che spesso sfociano nella tradizione sarda. Strepitosi alcuni “capisaldi” tra cui la fregola sarda con frutti di mare e i ravioli dell'Ogliastra con ricotta di pecora, zafferano e scorza di limone. Ed ancora: medaglione di rana pescatrice al lardo con tegame di finocchi e guanciale, filetto di maialino, erbe della macchia mediterranea e semi di anice stellato, costolette di agnello con olio e menta e coscia di anatra muta laccata al miele di corbezzolo. Elencare tutti i piatti che in questi anni hanno fatto grande la cucina di Franco Pisu è impossibile. Anche la cura che ha per i dessert è incredibile e penso che sia uno dei pochi ristoranti che a fine cena di porta un vassoio di “bignole e pasticcini” a tavola. 

Ecco cosa dice il suo menù attuale:

Code di gambero scottate al Martini Dry, passatina di ceci, pepe nero del Sarawak e acqua di prezzemolo

Salmone selvaggio in infusione di sale e zucchero, zest di agrumi, mousse di caprino e confettura di cipolle di Tropea 

La carne di Fassona Piemontese , tuorlo d'uovo marinato, petali di parmigiano, emulsione di sedano verde

tortino di porri di Cervere, crema leggera di acciughe del Cantabrico e il suo croccante.

I PRIMI:

Antica fregola sarda tostata in grana grossa con i frutti del nostro mare

Maltagliati di semola di grano duro, salsiccia di Bra  e profumo di curry aromatico

Raviolo di cernia e cime di rapa , bisque di scampi e finocchio selvatico

Tagliolini dei trenta tuorli, ragù bianco di cortile.

Tonno rosso scottato al punto rosa, scorza di limone, foglie di salvia e caponatina siciliana.

Spigola pescata, burro alle erbe, cuori di carciofo spinoso e chorizo croccante.

Filetto di maialino neo, fonduta di Castelmagno, millefoglie i patate e cavolo nero.

Guancia di vitello cotta a bassa temperatura, riduzione di Nebbiolo e bacche di ginepro.


Antonio.Dacomo 24/4/22

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