L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

L'UOMO DELLA TAVOLA

mangiare bene, bere meglio

1a LEZIONE

2023-01-10 20:14:58

UN PO’ DI STORIA DEL VINO 

LA NOSTRA UVA - FATTORI DELLA QUALITA’

VITIGNI, CICLI, AVVERSITA’

La vite compare in Europa verso la fine del Terziario (200 milioni a.f.), ma la sua utilizzazione risale al Neolitico (nell'Europa mediterranea veniva coltivata per produrre uve da vino mentre nell'Europa caucasica per la produzione di uva da tavola).

Il primo vino comparve, secondo i risultati di studiose ricerche, attorno al 6.000 avanti Cristo. Questa recente scoperta nel Caucaso è fondamentale per comprendere la storia del vino in Europa e nel resto del mondo. Oggi esistono una quantità di vitigni, ma tutti discendono da un'uva euroasiatica resa più produttiva nel Neolitico attraverso la domesticazione, come avvenuto per altre specie vegetali come farro, orzo, ceci e fagioli nello stesso periodo. È noto che il vino prese a diffondersi dal Vicino Oriente nel Mediterraneo. Dalla Mesopotamia la vite si diffuse rapidamente in Palestina, Egitto, Sicilia. Di vigne si parla già nell'Antico Testamento e nel 1968 furono rinvenute quelle che erano allora le più antiche giare di materiale vinicolo mai ritrovate datate tra il 5400 e il 5000 avanti Cristo.

La vie è diffusa in più di 40 Paesi al mondo, anche se più della metà della produzione mondiale si ha in Europa (soprattutto Spagna, Italia e Francia). 

Le molte specie di vite appartengono alla Famiglia delle Vitaceae

Esperti marinai e straordinari commercianti i Fenici furono fra i primi ad addentrarsi nelle più lontane regioni bagnate dal Mediterraneo, dai mari d’Oriente e dall’Atlantico. La colonizzazione delle regioni che si affacciano sul Mediterraneo sembra risalga alla fine del XII sec. a.C. con le fondazioni di Lixus sulla costa atlantica del Marocco, Cadice sulla costa sud-est della Spagna nel 1110 ed Utica in Tunisia nel 1101 a.C.

Scoperti  nei nostri territori i più antichi vini del Mediterraneo

La scoperta risale allo scorso agosto a Sciacca, in Sicilia, ma solo di recente le analisi hanno confermato che i residui – nello specifico l’acido tartarico e il suo sale di sodio, sostanze naturalmente presenti all’interno degli acini d’uva –  in alcune giare rinvenute negli scavi archeologici sulle pendici del Monte San Calogero (noto anche come Monte Kronio), a Sciacca, sono tracce di vino. Un vino di 6 mila anni fa.

Sardegna - Sino ad oggi, i dati tecnici e storici attribuivano ai Fenici e successivamente ai Romani il merito di aver introdotto la vite domestica in questa parte del Mare Nostrum, ma la scoperta di un vitigno coltivato dalla civiltà nuragica riscrive, non solo la storia della viticoltura in Sardegna, ma dell’intero Mediterraneo occidentale. Nel sito nuragico di Sa Osa (Cabras), sono stati ritrovati oltre 15.000 semi di vite datati con il Carbonio 14 come risalenti a circa 3000 anni fa, periodo di massimo splendore della civiltà nuragica, è stato possibile scoprire che la viticoltura come la conosciamo noi oggi era già nota ai nostri antenati. La scoperta è il frutto di oltre 10 anni di lavoro condotto sulla caratterizzazione dei vitigni autoctoni della Sardegna e sui semi archeologici provenienti dagli scavi diretti dagli archeologi.



Si stima che gli Antichi Romani importassero in Gallia all’incirca 2,5 milioni di ettolitri nell’epoca del grande Impero. D’altronde avevano da dar da bere a 450.000 legionari, ecco perché l’Imperatore Probo  per contenere i costi di trasporto introdusse la viticoltura nelle Gallie. 


Tradizionalmente, il Medioevo inizia con la caduta dell'Impero romano d'Occidente (476) si conclude con la scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo (12 ottobre 1492)


Nell’aprile del 1112, proprio nella stessa valle della Saona, a sette chilometri da Nuit Saint Georges, dove sorgeva l’imponente Abbazia di Cluny, comparve un giovane di straordinario zelo chiamato Bernardo, che cambiò le regole del gioco. All’età di ventun anni a capo di un gruppo di trenta giovani della buona società, egli entro nel piccolo monastero di Citeaux che era stato fondato pochi anni prima.

Nasceva così, dal fervore ascetico di Bernard de Fontaine, il futuro dell’abbazia di Citeaux, un minuscolo avamposto tra le foreste della cittadina di Beaune. I suoi monaci fecero proprio il nome di Citeaux, scegliendo di chiamarsi Cisternensi, e si vestirono di bianco anziché di nero.

Pochi ma agguerriti, i cosiddetti frati bianchi conquisteranno ben presto gli onori delle cronache del tempo, adombrando il vecchio ordine cluniacense dei frati neri, arrugginito da cinque secoli.

Istruiti, spartani e inflessibili, i membri del piccolo esercito di Citeaux, un quindicennio dopo, trovarono il proprio comandante in Bernardo di Chiaravalle, fondatore dell’omonimo monastero (Clairvaux) e supremo animatore dell’ordine. Maestro di teologia e retorica, fervente animatore del dibattito religioso del tempo, diede con astuzia una regola ai Templari, paradossale caso di ordine monastico legittimato alla guerra armata.

La storia della Borgogna vinicola moderna nasce allora, tra le colline della Cote de Beaune, a Meursault, dove i Cistercensi riscossero il primo, tangibile, segno di stima dei potenti duchi di Borgogna: un largo appezzamento di vigneto recato in dono dal duca Oddone, al quale era nota la feroce disciplina del lavoro di quei giovani in tonaca bianca. Fama meritata, certamente, se una seconda donazione arriverà, nel 1110, sulle rive del fiume Vouge, per mano del figlio Ugo II.

Altri vigneti seguiranno, a **Corton, Chambolle, Volnay, Fixin, Pommard e Vosne.

Sin dai tempi più antichi l'Inghilterra attraversava i mari con i suoi mercantili commerciali ed allo stesso tempo ricercava i nettari migliori del pianeta facendo così diventare Londra vera e propria capitale incontrastata del vino.

Il matrimonio tra Eleonora d'Aquitania con Enrico il Plantageneto, futuro Enrico III d'Inghilterra, contribuì a rinforzare il legame già solido tra Bordeaux, ed i suoi vini, con la terra d'Albione. Motivi pratici e di comodità , grazie alla breve rotta marina ed al grande porto di Bordeaux , inducevano già gli Inglesi a rifornirsi in Francia che poi abbandoneranno ,in seguito alla guerra dei cent'anni (1338- 453), portando alla scoperta e ribalta di nuovi paesi vinicoli come la Spagna.

L'impero britannico era basato sulla forza e commercio navale così gli Inglesi trascorrevano gran parte della loro vita sulle navi e perciò si senti il bisogno di trovare vini che ben si adattassero alle lunghe distanze senza troppo patire i frequenti passaggi dell'equatore. Nacquero così i grandi vini liquorosi come il Porto, il Marsala, vini cotti come il Madeira e vini a carattere ossidativo come lo Sherry Spagnolo.


                                                                LA VITE

La vitis Vinifera comprende due sottospecie, la Vitis vinifera silvestris (che comprende le viti selvatiche dell'Europa centrale e meridionale, dell'Asia occidentale e dell'Africa settentrionale) e la Vitis vinifera sativa (che comprende le viti coltivate).

Le viti coltivate si possono suddividere in viti orientali (viti caspiche e antasiatiche) e viti mediterraneee (viti pontiche e occidentali).

E’ nota anche come vite europea, anche se più propriamente dovrebbe essere definita euroasiatica;


VITE SILVESTRIS – La produzione e vendita del Clinto, del Fragolino e del Bacò è vietata dalla legge. Sono i cosiddetti vini “proibiti”, cioè vini dei quali è vietata la commercializzazione legge - 23/3/1931, poiché contengono alte percentuali di alcol metilico

             CLINTO                                                                        FRAGOLINO

                 UVA SPINA                                                                           BACO'


                        ALBERO GENEALOGICO DELLA VITE

Il tralcio è il ramo giovane delle viti, detto anche germoglio se non è ancora lignificato, e sarmento se è secco e staccato dalla pianta. Consta di vari internodi, che sono ingrossati ai nodi; il complesso è un simpodio, e ogni piede termina con un cirro o con un grappolo; di solito dopo due nodi portanti un viticcio o un grappolo ne segue uno che ne è privo; la sola Vitis labrusca ha un cirro a ogni nodo, in questo caso ogni piede consta di un solo internodio.

1. FATTORI INTERNI ALLA VIGNA:

Vitigno e portainnesto.

2. FATTORI ESTERNI ALLA VIGNA: 

Latitudine e altitudineclima e temperaturaterreno.


3. TECNICHE COLTURALI: 

Potatura e sistemi di allevamento.

Analizziamo queste tre tipologie di fattori una per una.

LA VITE

Oggi le varietà conosciute sono ben oltre 10.000

le prime 13 varietà occupano un terzo del vigneto mondiale, le prime 33 la metà dello stesso.

La varietà Kyoho, uva da tavola a bacca rossa, è quella che nel vigneto globale occupa la superficie più estesa, circa 365.000 ha secondo le stime OIV. Seconda varietà il Cabernet Sauvignon (341.000 ha), cui seguono Sultanina (destinata a tavola, essicazione e produzione di vino; 273.000 ha), Merlot (266.000 ha), Tempranillo (231.000 ha), Airen (produzione di vino e di Brandy; 218.000 ettari), Chardonnay (210.000 ha), Syrah (190.000 ha), Red Globe (uva da tavola; 159.000 ettari), Grenache Noir (163.000 ha), Pinot Noir (112.000 ha), Trebbiano Toscano (111.000 ha).

In Italia esiste un patrimonio ampelografico molto ricco. L’Italia è infatti il paese con il maggior numero di vitigni autoctoni. In Italia sono attualmente registrate circa 545 varietà di vite da vino. Inoltre, il 75% della superficie vitata in Italia è distribuita tra oltre 80 vitigni differenti, numeri che certificano al bel paese il primato mondiale in termini di biodiversità ampelografica.

La varietà più diffusa in Italia è il Sangiovese (54.000 ha), seguito da Montepulciano e Glera (27.000 ha), Pinot Grigio (25.000 ha), Merlot (24.000 ha), Italia (22.000 ha), Catarratto Bianco Comune (21.000 ha), Trebbiano Toscano (21.000 ha), Chardonnay (20.000 ha), Barbera (18.000 ha).

Varietà più diffusa in Francia il Merlot (112.000 ha), in Spagna l’Airen (217.000 ha), in Cina l’uva da tavola Kyoho (365.000 ha), negli Stati Uniti la Sultanina (60.000 ha), il Malbec in Argentina (40.000 ha), il Cabernet Sauvignon in Cile (43.000 ha), lo Syrah in Australia (40.000 ha), Chenin Blanc in Sudafrica (19.000 ha), il Riesling in Germania (24.000 ha), e la varietà Isabella in Brasile (13.000 ha

É sempre il Sangiovese il vitigno italiano più coltivato, con oltre 53.000 ettari dei 637.634 ettari vitati complessivamente lungo tutta la Penisola e un peso sul totale dell’8% (dati 2019).

Ma nel corso degli ultimi cinque anni gli ettari persi per questa varietà sono stati circa 18.000. Come 16.000 sono quelli persi dalla famiglia dei Trebbiani, al secondo posto della classifica. In calo, anche se più ridotto, i Catarratti, scesi del 7% rispetto al 2015. Calo pesante (7.000 ettari circa) anche per il Montepulciano.

Chi cresce allora? Ovviamente Glera, passato in un lustro da 19 a 26.000 ettari, e Pinot grigio, anch’esso in aumento di 7.000 ettari. Grandi crescite anche per i due vitigni portabandiera del Salento, Negramaro e Primitivo, con +5 e +4 ha, rispettivamente. Tra gli internazionali, stabili lo Chardonnay e il Cabernet Sauvignon, mentre perde 5.000 ettari il Merlot. Tra gli autoctoni, brusco calo dei  Lambruschi (-26%) e delle Barbere (-10%), così come per Garganega, , Corvina e Malvasia, mentre stanno crescendo l’Aglianico, a circa 10.000 ettari (+33%), e il Vermentino (+23%). Nero d’Avola e Grillo vedono trend diversificati: decrescita per il primo, aumento per il 2°. 


Quando vendemmiare? Ce lo dicono l’assaggio delle uve, le analisi a campione e l’esperienza dei vignaioli!

I mostimetri (detti anche aerometri o densimetri) ed i rifrattometri, vengono utilizzati in cantina per monitorare l’andamento della maturazione, conoscere la gradazione potenziale (o meglio titolo alcolometrico potenziale v\v) del mosto e seguire l’andamento della fermentazione stessa. È bene precisare che i mostimetri hanno una precisione maggiore dei rifrattometri, questi ultimi sono da utilizzare solamente con il mosto (l’alcool non supera l’1%) perché se vengono impiegati durante la fermentazione alcoolica danno una misurazione sbagliata (la presenza di alcool etilico altera la lettura facendola aumentare); però i mostimetri richiedono una quantità di liquido maggiore, sono fragili ma hanno un costo limitato

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La maturazione dell'uva ha un notevole interesse in enologia. Esso deriva dallo stretto legame tra la maturazione dell'uva e la qualità del prodotto finale. Nella sezione dedicata alla vendemmia abbiamo già parlato della maturazione dell'uva cercando di dare delle regole generali per capire quando l'uva è matura.

Avversità non parassitarie


Comprendono il gelo invernale, le gelate primaverili, la grandine, ecc. Fra queste avversità si annoverano anche le carenze idriche (siccità) e gli eccessi idrici (asfissia radicale), nonché le carenze nutrizionali di potassio, magnesio, ferro, boro e altri minerali, così come gli eccessi di alluminio, manganese e rame, nei terreni acidi. L'eccesso dì potassio provoca la carenza di calcio e di magnesio e quindi il disseccamento del rachide del grappolo, assai diffuso in Italia. 

La vite può essere danneggiata dagli erbicidi, impiegati per via radicale o aerea, nonché dagli inquinanti idrici ed atmosferici (anidride solforosa, fluoruri e altre sostanze). 

AVVERSITA' PARASSITARIE:

I virus sono attualmente considerati dei parassiti molto temibili e fra di essi si cita il complesso dell'arricciamento, l'accartocciamento fogliare, la suberosi corticale. 

Fra le malattie dovute a micoplasmi si cita la flavescenza dorata, che preoccupa moltissimo i viticoltori.

Fra le malattie provocate da funghi, sono arcinote e diffuse quelle importate dall'America vale a dire la peronospora e l'oidio, mentre meno diffuso e il black rot o marciume nero. A queste va aggiunta la Botrytis (europea), che causa il marciume del grappoli. Danni ingenti sono stati provocati negli ultimi anni dal mal dell'esca, che porta i ceppi alla morte. 

Fra le avversità causate da parassiti animali si rammentano i taglietti, le tignole, le cicaline, la famosa FILOSSERA (importata dagli USA) che attacca e distrugge le radici della Vitis vinifera, cioè della vite erroneamente detta europea.

LA FILOSSERA è una vera e propria epidemia che in più di cent’anni fa rischiò di distruggere per sempre la viticoltura europea, causando danni enormi in tutto il continente e da cui, per un certo periodo, sembrava non ci fosse via d’uscita. 

Un insetto, un insetto giallo che nel 1866 iniziò ad attaccare le radici delle viti prima in Francia e poi nel resto d’Europa, decimando rapidamente la produzione di vino.  Un parassita che al contrario sembrava non dare noia alle viti d’oltreoceano.  Fu così che venne deciso d’impiantare viti europee su innesti americani, pratica ancora oggi diffusa in tutta Europa.

Che cosa significa vite a piede franco?

Cosa sono le viti a piede franco? La definizione piede franco si usa per definire quelle viti non innestate in cui le radici e il fusto sono di un'unica pianta.

Le viti che hanno resistito alla fillossera sono viti a piede franco. Tale resistenza è riconducibile a due fattori determinanti: tipologia di terreno e altitudine.

Furono, infatti, quelle viti e quei vitigni che solitamente vengono coltivati su terreni a quote elevate, oltre i 1000 metri sl.m., a resistere, proprio perché le basse temperature impediscono alla fillossera di sopravvivere. Inoltre, furono quelle viti coltivate su terreni sabbiosi, argillosi o vulcanici a “salvarsi” perché queste tipologie di terreno contrastano la proliferazione dell’insetto.

Dobbiamo ammettere che il numero di viti e vitigni a piede franco è piuttosto limitato, sia in Italia che nel resto d’Europa. Nel nostro Paese, si possono trovare viti a piede franco nei vigneti ad alta quota della Valle d’Aosta, in Sardegna, in particolare nel Sulcis e ad Oristano, sull’Isola di Pantelleria, in Sicilia e sui terreni vulcanici dell’Etna.

La Peronospora della vite è la malattia che in gran parte dell'Italia settentrionale rappresenta la maggiore ragione della difesa antiparassitaria del vigneto, perché, se non adeguatamente controllata, può decurtare fortemente la produzione. Originaria dell'America, giunse in Europa nell'ultimo quarto del 1800.

In agricoltura biologica l’unico metodo per prevenire e curare la 

peronospora della vite consiste nel trattamento a base di rame.

Oppure con Funghicidi

La botrite (o muffa grigia della vite) è tra le malattie fungine più gravi che minacciano la viticoltura italiana. Colpisce in particolar modo gli acini d'uva in fase di maturazione, ma può manifestare i suoi sintomi anche sulle foglie e i germogli, ovvero gli organi vegetativi della pianta di vite

Innanzitutto dobbiamo distinguere due tipologie di muffe della vite: la botrite e l’oidio. Anche se in entrambi i casi siamo di fronte a due problematiche dovute alla formazione di muffa e al proliferare di microrganismi dannosi, tra queste due malattie della vite ci sono delle differenze piuttosto importanti.

La concimazione

La concimazione consiste nell'apporto al terreno di fertilizzanti, ossia di qualsiasi materiale organico o inorganico, naturale o sintetico che, per il suo contenuto in elementi nutritivi o per le sue particolari caratteristiche chimiche, fisiche o biologiche contribuisce al nutrimento delle piante coltivate o al miglioramento della fertilità del terreno .

E' necessario porre molta attenzione alla concimazione, evitando di eccedere con lo scopo di ottenere una maggiore produzione, in quanto si rischia di ottenere solamente squilibri vegetativi e carenze nutrizionali indotte.

In linea generale, l'apporto di elementi da apportare nella concimazione di fondo per ettaro sono di: 500-800 quintali di letame; 200-1000 kg di potassio; 200-500 kg di fosforo; 100-400 kg di magnesio; 10-25 kg di boro.

È importante  concimare non solo nel periodo primaverilema anche in autunno perché in questo 

periodo le piante mostrano una buona capacità fotosintetica che permette all'apparato radicale di ottenere l'energia necessaria per assorbire le sostanze nutritive.