Luca Sansone

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Le ondate di caldo minacciano la biodiversità degli oceani

2019-03-13 15:03:06

Un letto di alghe vicino a Vancouver Island in Canada. Onda calda Onda calda. Per colpa del clima sempre meno pesce disponibile. Gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi di sempre. La strage dei pulcinella di mare

Un nuovo studio appena pubblicato su Nature Climate Change ha stabilito che gli effetti delle ondate di caldo sono sensibilmente aumentati nel corso degli ultimi decenni e che sta diventando sempre più evidente quanto le temperature più calde siano letali per la biodiversità . Le ondate di calore in mare sono periodi nel corso dei quali la temperatura dell'acqua di una determinata regione diventa eccezionalmente calda. Nel corso degli ultimi 30 anni i giorni di ondate di calore in mare sono aumentati del 54 percento, una tendenza che gli autori dello studio hanno verificato coincidere con il declino della vita negli oceani. Lo studio ha preso in esame anche ondate di calore eccezionali come il cosiddetto «blob», un'enorme massa di acqua calda che ha stanziato al largo della costa occidentale statuniutense dal 2014 al 2016. 

Il «blob» è stato responsabile di una massiccia moria di ogni specie di vita, dagli invertebrati ai mammiferi marini. «È chiaro che questi eventi di riscaldamento estremo possono provocare improvvisi cambiamenti in interi ecosistemi con conseguenze molto vaste», dice l'autore dello studio, l'ecologo Daniel Smale. Per avere un quadro globale di come le ondate di calore in mare stiano modificando la vita negli oceani, Smale e il suo gruppo di ricerca hanno analizzato 116 studi precedenti ottenendo cosi i dati riferiti a oltre 1000 diversi casi. Per ondata di calore il loro lavoro intende qualunque periodo lungo oltre 5 giorni in cui l'oceano si scalda fino a raggiungere temperature eccezionalmente alte. 

Hanno fatto quindi ricorso a set di dati già esistenti per quantificare la presenza di biodiversità in una determinata regione. A preoccupare in particolare gli scienziati sono state le regioni colpite da ondate di calore dove la biodiversità è particolarmente densa. Queste zone sono particolarmente a rischio di essere danneggiate, con morie e una serie di effetti a cascata sugli ecosistemi vicini. In questi casi espellono le loro alghe simbiotiche e subiscono un processo definito sbiancamento. 

Nel 2005 gli Stati Uniti hanno perso la metà dei loro coralli caraibici. «Ad esempio, le tempeste tropicali sono in grado di creare danni ancora maggiori in quanto le barriere coralline non saranno in grado di continuare a crescere, proteggendo le coste dalle mareggiate», aggiunge. La contrazione della biodiversità può avere anche profondi impatti sulla sicurezza alimentare e sulle economie che si basano sulle risorse marine. La scorsa settimana uno studio pubblicato su Science ha accertato che il cambiamento climatico sta provocando la scomparsa dei pesci. 

Le popolazioni globali degli stock ittici sono diminuite di circa il 4 percento, ma alcune regioni dove il riascaldamento delle acque si somma all'overfishing hanno conosciuto un calo di oltre il 30 percento. Smale si preoccupa anche del fatto che la perdita di regioni critiche come le barriere coralline, i fondali coperti di erba di mare e le foreste di kelp, non potranno far altro che incrementare la quantità di anidride carbonica presente nell'atmosfera. Gli scienziati stimano infatti che nel corso dello scorso decennio gli oceani abbiano assorbito circa il 26 percento della CO2 prodotta e tutta la CO2 assorbita dalla flora sottomarina viene nuovamente rilasciata quando questa muore.«Ma è evidente che gli eventi di riscaldamento estremo possono portare a cambiamenti improvvisi in interi ecosistemi con vaste conseguenze».