Lorenzo Piazza

SIAMO SICURI CHE SIA LA FESTA DEI LAVORATORI?

2019-05-01 10:38:00

CROLLO LAVORO PIEMONTE

Il prezzo della crisi in Piemonte: svaniti 37mila posti di lavoro in dieci anni

Qualcuno lo diceva già durante la grande crisi: non è un fenomeno passeggero, ma un cambio di paradigma. A dieci anni di distanza dall'inizio del grande "crack", in effetti il Piemonte ha lasciato per strada 37 mila posti. Soprattutto, il mercato del lavoro è cambiato, anche in maniera piuttosto radicale nell'ultimo decennio.
Lo si nota confrontando i dati elaborati dall'Osservatorio regionale sul mercato del lavoro: da un lato c'è il terzo trimestre del 2008, quello in cui iniziò il crollo, dall'altra c'è lo stesso periodo dello scorso anno. Dal raffronto viene fuori che l'industria ha recuperato terreno, ma non del tutto: oggi dà lavoro a 11 mila persone in meno. L'agricoltura ne ha persi 5 mila, poi c'è il grande calderone degli "altri servizi" che da solo ha visto andare in fumo 61 mila posti. Ma i numeri certificano pure la debacle dell'edilizia, il settore che in proporzione ha perso di più: 38 mila posti scomparsi, pari a un calo del 28 per cento. È decremento che spinge verso il basso il peso del comparto: le costruzioni garantivano il 7,2 per cento dell'occupazione regionale, ora invece solo il 5,3 (l'agricoltura è al 3,6, sempre più vicina). L'unico segno più riguarda il commercio e i pubblici esercizi.

Nel lungo decennio della crisi gli addetti di questo settore sono passati da 274 mila a 351 mila, cioè sono 77 mila in più. Merito soprattutto del proliferare di centri commerciali, supermercati, outlet avvenuto in questi anni. Ma è un "boom" agrodolce, come fa notare Mauro Zangola, che per una vita ha guidato l'ufficio studi dell'Unione industriale di Torino: "Nel commercio la domanda è cresciuta molto, ma in prevalenza ha riguardato posti di lavoro poco qualificati e anche poco pagati".
Nel decennio che ha stravolto il mercato dell'impiego piemontese c'è anche un altro aspetto interessante: il lavoro dipendente è aumentato. Nel 2008 le aziende presenti in regione davano impiego a 1 milione e 411 mila persone, mentre nel terzo trimestre del 2018 se ne contano 7 mila in più. È facile supporre che il merito sia soprattutto del commercio.
Al contrario, è stato falcidiato il lavoro indipendente, che nel decennio ha perso 43 mila posti.
Chi sono? "È il cosiddetto "popolo delle partite Iva", composto da autonomi, professionisti, piccoli imprenditori", riassume Zangola.
Altro aspetto: la metamorfosi dell'occupazione ha agevolato le donne. Le occupate sono lievitate di 9 mila unità nel decennio, mentre per gli uomini ci sono 45 mila posti in meno rispetto all'inizio della grande crisi. L'equilibrio, però, è ancora lontano, perché il 55 per cento dei posti di lavoro in Piemonte oggi è ancora occupato da uomini, contro il 45 per cento che è invece in rosa.
I dati dell'Osservatorio della Regione raccontano pure l'altra metà di questo mondo, quella dei disoccupati. Le statistiche ne individuano due tipologie: gli ex occupati, che nei dieci anni sono passati da 72 a 80 mila; le persone senza alcuna esperienza lavorativa, che invece sono raddoppiate, passando da 19 a 36 mila unità. Zangola allarga le braccia: "La nostra disoccupazione oggi riguarda soprattutto i giovani, che in assoluto rappresentano il problema più urgente".
Gianna Pentenero, l'assessora al Lavoro del Piemonte, si sforza di guardare il bicchiere mezzo pieno: "Il tasso di disoccupazione regionale è sceso al 7,3 per cento, dopo anni in cui aveva superato abbondantemente il 10 per cento. Siamo ancora lontani dai livelli pre-crisi (nel 2008 il dato era al 4,9 per cento, ndr), ma è comunque un passo avanti".
Oggi, evidenzia l'assessora, "il mercato del lavoro continua a essere a luci e ombre". Di fronte al Piemonte ci sono gli effetti della frenata economica in corso, che nei prossimi mesi influiranno anche sull'occupazione. In parallelo, però, incombono le grandi trasformazioni tecnologiche: "Andranno governate e controllate, soprattutto quella che riguarda il settore automotive", avverte Gianna Pentenero. Che poi evidenzia come alla politica e alle istituzioni spetti un compito improbo: "Il mondo del lavoro è in cambiamento costante, bisogna saper leggere le trasformazioni in tempo reale, per dare risposte sempre più veloci".