Lorenzo Santoro

Founder Junior

Come i soldi hanno fermato l'apartheid

2019-09-06 19:31:25

Tutti conosciamo e ammiriamo la figura di Nelson Mandela, il simbolo della guerra contro l’apartheid. Ma in pochi forse sanno che "lo sporco denaro" è stato il mezzo più potente per permettere la fine dell’apartheid in Sudafrica.

Grazie all’attivismo di studenti e persone in tutto il mondo, compagnie ed enti governativi disinvestirono dal Sudafrica un totale di 1 miliardo di dollari (un valore corrispondente a 2 miliardi di dollari odierni).

Tutto ebbe inizio dalle università americane: la pressione studentesca portò i fondi di dotazione universitari, che investivano una piccola parte del denaro nel mercato azionario, a disinvestire dalle aziende coinvolte con il Sudafrica.

Questo non creò scompenso sul mercato azionario, ma attirò l’attenzione di numerose aziende, che non volevano essere messe in cattiva luce per i loro rapporti con il Sudafrica. Si scatenò così una cascata di disinvestimenti.

La prima Università a disinvestire fu lo Hampshire College, ad Amherst, in Massachusetts. Alla fine del 1988, 155 università americane avevano disinvestito interamente o parzialmente i loro soldi dal Sudafrica. Dal 1985 al 1990 furono 200 le aziende private americane, compresi grossi fondi pensione, che tagliarono il loro rapporti con il Sudafrica per supportare il movimento anti apartheid.

Il Sudafrica accusò il colpo dal punto di vista del business e la valuta Sudafricana RAND collassò. Nel 1994 fu eletto Nelson Mandela, e il resto è storia.

Questo caso eclatante ha posto le basi per gli Investimenti SRI (investimenti a responsabilità sociale). Seguirono campagne contro la violazione dei diritti umanitari del Darfur, e disinvestimenti dall’industria del tabacco, proposti dall’American Medical Association.

Negli ultimi sette anni il fondo sovrano più grande del mondo, quello norvegese (GPFG), ha disinvestito un trilione di Korone da 60 aziende che praticano la deforestazione, 33 delle quali impegnate nella produzione di olio di palma, e dal 2012 sta aumentando i suoi investimenti etici.
I norvegesi sono più "responsabili"? Forse. Ma a questa domanda, Vemund Olsen, un advisor del fondo, ha risposto: "GPFG ha compreso che la deforestazione riduce i suoi profitti nel lungo termine".

Il fondo sovrano norvegese ha come obiettivo principale proteggere il capitale, ma negli ultimi vent’anni, grazie anche alla sua lungimiranza etica, ha guadagnato il 5,3% di media l’anno. I bot italiani, mediamente, negli ultimi vent’anni hanno prodotto il 2,7% medio annuo.

Non a caso, Larry Fink, amministratore delegato del più grande fondo d’investimenti al mondo, BlackRock, nella sua lettera di inizio 2019 ha scritto: "I profitti sono essenziali se un’azienda serve efficacemente tutti i suoi stakeholder (NdR: aventi interesse) nel tempo: non solo gli azionisti, ma anche i dipendenti, i clienti e le comunità".

I soldi sono importanti, non possiamo ritirarci tutti in un eremo a creare comunità di autosussistenza: per quanto siano attività che andrebbero comunque perseguite e che poeticamente sono molto intriganti, equivalgono a estraniarsi, a nascondersi dal cattivo mondo della finanza, che incombe là fuori.

Bisogna favorire un equilibrio.


Enrico Garzotto

Davide Francesco Sada