Laura Del Torre

Founder Starter

PROFUMI E SAPORI ESOTICI - cap. 2

2020-05-17 14:21:10

La via del caffè...

Golfo di Panzano

Solo chi come me è cresciuto sul mare, vivendolo intensamente anche nei mesi più freddi e spogli dell'anno, può capire fino in fondo il rapporto viscerale che c'è tra la propria anima e le sue acque.

È un mare dal sapore originale, intriso di storia, di traffici commerciali, di duro lavoro, di grandi sacrifici, fisici e non solo, e di eterni affetti.

L'ispirazione

Culla e roccaforte della mia anima, è in questo piccolo e prezioso Golfo che ho trovato la fonte di ispirazione necessaria per incastrare i tasselli del mio progetto.

Avevo in mano tanti elementi, tante infomazioni, anche originali e affascinanti, un'infinità di spunti che rimanevano sempre lì...come una macchia di inchiostro su un foglio di carta bianca, slegati tra loro senza alcuna forma.


Poi in un soleggiato pomeriggio di gennaio, mentre sorseggiavo il caffè sulla spiaggia, l'attenzione è stata rapita dello scivolare fluido e armonico dei diportisti che, con eleganza e leggerezza, hanno preso il largo fino quasi a incrociare le rotte dei mercantili in arrivo. Il rumore gentile e costante delle onde che si infrangevano sulla scogliera ha accompagnato l'ingresso in porto di questi colossi del mare.

Chissà cosa contenevano quei container!

La via del mare

Da sempre il mare è la principale via di comunicazione e di scambio tra paesi lontanissimi fra loro, geograficamente e culturalmente.

È grazie alle rotte marittime che nel XVIII secolo in Europa sono arrivate le bevande esotiche: la scoperta del caffè, del cacao e della cioccolata, ha segnato un radicale cambiamento nel nostro stile di vita, nei nostri cerimoniali, nei rapporti interpersonali.

Dalla mia tesi di laurea in letteratura italiana:

BEVANDE ESOTICHE
NELLA CULTURA ITALIANA DEL XVIII SECOLO:
ENTUSIASMI E RISERVE


Anno accademico 2000/2001

Cacao e cioccolata

(...) da pag. 7 della tesi


In Italia l'uso del cioccolato ebbe inizio con il fiorentino Francesco Carletti nel 1606 e, nonostante il celere aumento della sua popolarità, la cioccolata rimase per lungo tempo un privilegio riservato esclusivamente alla classi alte, tanto da far dire a Charles Dickens, nel suo Racconto di due città, che "Ci vollero quattro uomini, tutti e quattro con splendenti decorazioni georgiane (...) per portare il delizioso cioccolato alle labbra del Monsignore (...). Il suo onore ne sarebbe risultato ignobilmente macchiato se la bevanda fosse stata servita da tre uomini soltanto; se fossero stati due, poi, ne sarebbe morto".

Soltanto con l'avvento della rivoluzione industriale e il sorgere delle prime fabbriche, la cioccolata divenne una prelibatezza destinata a un più vasto pubblico di fruitori.

Dunque i secoli d'oro per la cioccolata "aristocratica" furono il XVII e il XVIII, durante i quali essa divenne tipica dell'"Ancien Regime".

Il suo destino, però, sembrò segnato: con il crollo di quest'ultimo, essa cessò la sua esistenza come cioccolata per iniziare una in qualità di cacao, bevuto in sua vece a partire dal XIX secolo.

Nel 1820, l'olandese Van Houten scoprì un originale procedimento, tuttora alla base della nostra produzione industriale, per estrarre dai grani del cacao la maggior quantità possibile di olio al fine di renderlo molto più digeribile, anche se meno nutriente del cacao stesso. In questo modo, la polvere divenne la sua nuova veste e, allo stesso tempo, si mise fine alla longeva convinzione spagnola secondo cui la cioccolata solida e quella liquida erano la medesima cosa.

Con il XIX secolo, insomma, la cioccolata e il cacao non sono più un'esclusiva delle classi aristocratiche, ma si abbassano a tal punto da "diventare caratteristica di donne e fanciulli".

Bibliografia

1. "Ricette al cacao", a cura di Paola Costanzo, Torino, Edizioni Sonda, 1999, p.11.
2. P. Verri, Storia naturale del caccao, ora in "Il Caffè", a cura di G. Francioni e S. Romagnoli, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, p. 276.
3. C. Dickens, Racconto di due città, cit. in "Ricette al cacao", cit. p. 15.
4. W. Schivelbusch, Storia dei generi voluttuari, Milano, Bruno Mondadori, 1999, p. 101.