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La storia del Judo: Il pensiero del Fondatore

2019-04-08 16:00:53

Il contributo del Judo all’Educazione di Kano Jigoro shihan. Conferenza tenuta da Kano Jigoro a Los Angeles, presso l’Università della California del Sud in occasione dei giochi del 1932

Dal 1932 contenuti di incredibile attualità

Questo lungo articolo, da leggere con calma e fino alle preziosissime conclusioni, rappresenta il pensiero profondo del fondatore del Judo, il Maestro Jigoro Kano. Non tutti sanno che il Judo tra le arti marziali è una disciplina estremamente moderna, nata nello scorso secolo, finalizzato alla crescita e alla modernizzazione della società giapponese, che cominciava ad uscire dal suo antichissimo isolamento. E' incredibile la quantità di argomenti attualissimi che dovrebbero spingere con fiducia tutti i genitori ad accompagnare i propri figli verso questa disciplina. Da genitore di atleta agonista judoka vi posso garantire che le motivazioni addotte dal Maestro sono reali e di grandissimo aiuto alla vita sociale dei ragazzi. 

Lo scopo di questa conferenza è di spiegarvi in linea generale cosa sia il judo


Nei nostri tempi feudali esistevano molte pratiche militari come la scherma, l’arceria, il maneggio della lancia, ecc. Tra questi ce n’era una chiamato ju-jutsu, una tecnica complessa che consisteva principalmente nel combattimento disarmato, ma usava occasionalmente anche pugnali, spade e altre armi.
L’azione consisteva in proiezioni, colpi, strangolamenti, nel bloccare l’avversario al suolo, forzare o torcere le articolazioni di braccia e gambe causandogli dolore o fratture. E veniva insegnato l’uso di spade e pugnali. Comprende anche un’infinità di modi per difendersi da questi attacchi. Questi esercizi erano praticati in forma primitiva fin dalla nostra era mitologica, ma lo studio sistematico di questa arte cominciò solamente circa 350 anni or sono.

In gioventù ho studiato quest’arte con tre eminenti maestri dell’epoca. Il grande beneficio che ne ho ricavato mi convinse ad approfondire l’argomento più seriamente, e nel 1882 aprii la scuola che ho chiamato ‘Kodokan’.

Kodokan significa letteralmente ‘Luogo per lo studio della Via’, intendendo per Via il concetto della vita stesso. Ho chiamato judo anziché ju-jutsu l’argomento che insegnavo. E per prima cosa spiegherò la differenza tra queste denominazioni: ‘ju significa ‘adattabilità’ o ‘cedevolezza’; ‘jutsu’ significa ‘arte’ o ‘pratica’; e ‘do’ significa ‘Via’ o ‘principio’.
Sicché ju-jutsu denomina ‘un’arte o una tecnologia di adattabilità o di cedevolezza al fine di ottenere la vittoria’; mentre judo vuol significare la ‘Via’ o ‘il Principio’ dello stesso obiettivo.

Permettetemi ora di spiegarvi cosa significa realmente questa adattabilità o cedevolezza


Supponete di valutare la forza di un uomo in unità. Diciamo che l’uomo che ho di fronte valga dieci unità, mentre la mia forza, minore della sua, ne vale sette. Quindi, se lui mi spinge con tutta la sua forza, sicuramente verrei spinto all’indietro, o gettato al suolo, anche utilizzando tutta la mia forza contro di lui.
Questo accadrebbe perché io ho utilizzato tutta la mia forza contro di lui opponendo forza contro forza. Però se, invece di oppormi, io avessi lasciato via libera alla sua forza, indietreggiando col corpo proprio nel momento culminante della spinta e stando attento a mantenere l’equilibrio, lui si sarebbe sbilanciato in avanti.
In questa nuova posizione, può essere vulnerabile, non in termini di forza fisica, ma per la posizione compromessa, da poter disporre solo tre unità di forza, al posto delle dieci di cui disponeva prima. Mentre io, mantenendo l’equilibrio, dispongo delle mie sette unità di forza originarie.
A questo punto mi trovo in posizione di vantaggio e posso sconfiggerlo utilizzando solo metà della mia forza, utilizzando tre unità e mezza contro le sue tre. Questa tattica di usare appena metà delle mie risorse è valida in qualsiasi circostanza. Nel caso in cui io fossi superiore in forza, certamente avrei potuto respingerlo. Ma anche se, avendone la possibilità, avessi potuto farlo, sarebbe stato preferibile cominciare a cedere perché così facendo avrei economizzato gran parte della mia energia, esaurendo la sua.


Questo è solo un esempio di come si può sconfiggere un avversario cedendo. Si possono portare altri esempi.
Supponete che il mio avversario voglia piegare (torcere) il mio corpo (come dimostriamo qui il mio assistente e io) in maniera che io cada. Se io gli resistessi sicuramente verrei proiettato, perché la mia forza per resistergli non è sufficiente per superare la sua.
Però, se al contrario, io cedo prima di lui, e mentre faccio questo tiro il mio avversario (come si dimostra) andando col mio corpo volontariamente al suolo, posso proiettarlo molto facilmente.
Farò un altro esempio. Supponete che stiamo passeggiando per un sentiero di montagna, con un precipizio a un lato (come qui dimostrato) e che questo assalitore improvvisamente mi salta addosso e cerca di spingermi. In questo caso non potrei evitare di venir spinto nel vuoto se cercassi di resistere, invece, al contrario, se cedo davanti lui allo stesso tempo, posizionando il mio corpo in modo rotondo (accovacciato come si dimostra) e tirando il mio avversario dove lui mi spinge, posso tirarlo facilmente nella zona pericolosa verso il bordo e allo stesso tempo portare il mio corpo al suolo con sicurezza.
Posso moltiplicare questi esempi a qualsiasi livello, però penso che quelli che ho fatto saranno sufficienti per permettervi di comprendere come posso vincere un avversario cedendo, e come nel combattimento del ju-jitsu (cioè l’arte della morbidezza o cedevolezza) si è convertito nel nome dell’arte nella sua totalità.
Però parlando rigorosamente, il vero jiujitsu è qualcosa di più. 

La forma per conseguire la vittoria su un avversario attraverso il ju-jitsu non si limita unicamente a ottenere una vittoria cedendo. A volte colpiamo, diamo calci e strangoliamo nei combattimenti fisici, però a differenza del cedere, queste sono forme di attacco diretto.
A volte un avversario prende il polso di uno. Come può questo ultimo liberarsi senza utilizzare la propria forza contro la presa dell’avversario? Si può chiedere lo stesso quando qualcuno afferra una persona da dietro. Se, dunque, il principio della cedevolezza non può coprire tutti i metodi nel combattimento ju-jitsu, esiste qualche principio che copre realmente tutto il campo dell’azione? Sì, esiste, e questo è il principio della massima efficacia nell’uso del corpo e della mente, e il ju-jitsu non è altro che un’applicazione di questo principio che comprende tutto, attacco e difesa.


Si può applicare questo principio ad altri campi dell’attività umana?

Si, questo principio può essere applicato per il miglioramento del corpo rendendolo forte, sano e utile e costituendo così un’educazione fisica. Può anche essere applicato alle facoltà intellettive e morali, costituendo così un’educazione mentale e morale. Può essere allo stesso tempo applicato al miglioramento dell’alimentazione, del vestire, dell’abitazione, delle relazioni sociali, della condotta in affari, costituendo così lo studio e l’allenamento alla vita. A questo principio universale ho dato il nome di judo. Così il judo, nel senso più completo del termine, è uno studio e un metodo per la formazione della mente e del corpo, come per la regolamentazione della vita e del lavoro.


In un primo momento il judo può essere studiato e praticato in uno dei suoi aspetti, avendo come scopo principale l’attacco e la difesa.
In Giappone, prima che io fondassi il Kodokan, l’aspetto del judo relativo all’attacco e difesa era studiato sotto il nome di ju-jitsu; denominato anche tai-jutsu, che significa ‘l’arte di addestrare il corpo’; o yawara: ‘la condotta cedevole’.
Ma arrivai alla conclusione che lo studio di questo principio universale sia più importante della semplice pratica del ju-jitsu perché la sua comprensione reale può estendersi a tutti gli aspetti della vita, ed è di grande aiuto anche nello studio dell’arte del ju-jitsu stesso.

Non è solo attraverso il cammino che ho intrapreso che si arriva a comprendere questo principio. Si può arrivare alle stesse conclusioni analizzando teoricamente le quotidiane transazioni commerciali, o attraverso speculazioni filosofiche astratte. Ma ho cominciato a insegnare judo pensando che fosse opportuno riproporre l’esperienza che avevo fatto nello studio dell’argomento, perché in questo modo avrei ottenuto che il corpo dei miei allievi diventasse più forte, sano e utile. E facendo questo potevo assisterli gradualmente nell’apprendimento del più importante principio. Per questa ragione ho iniziato l’istruzione del judo allenando in Randori e kata.

Il randori, parola che significa ‘esercizio libero’, è praticato come un combattimento reale.

Comprende proiezioni, strangolamenti, immobilizzazioni al suolo, forzare o torcere braccia e gambe. I contendenti possono scegliere la tecnica che preferiscono, a condizione di non ferirsi e che si comportino secondo le regole dell’etichetta judoistica, che sono essenziali per lo scopo che ci proponiamo.
Kata, che letteralmente significa ‘forma’, è un sistema convenzionale di esercizi preordinati che include colpi, fendenti, calci, spinte, ecc. seguendo la regola per cui l’esecutore conosce perfettamente quello che farà l’attaccante. Queste tecniche di colpi, calci, fendenti e spinte sono ammesse nel kata e non nel randori perché nell’esercizio libero provocherebbero frequenti infortuni, mentre nel kata questo non accade in quanto tutti gli attacchi e le difese sono predisposte.

Se l’obiettivo è semplicemente l’allenamento all’attacco-difesa, l’attenzione dovrebbe indirizzarsi alla ricerca dei modi più efficaci per proiettare, torcere e piegare senza speciali riferimenti allo sviluppo del corpo o della cultura mentale o morale. Ma il randori può anche essere studiato avendo come obiettivo principale l’educazione fisica.
Come ho già detto, ogni esercizio viene applicato in considerazione del principio della massima efficacia.
Ora esaminiamo, alla luce di questo proposito, la concezione comune di educazione fisica. Considerando l’atletica, in tutte le sue specialità, non posso fare a meno di pensare che non costituisca l’educazione fisica ideale perché le azioni determinanti non sono scelte in vista di uno sviluppo completo del corpo, ma mirano a specifici obiettivi ben definiti. E inoltre sono incluse attrezzature speciali e qualche volta è richiesto un discreto numero di partecipanti, per cui l’atletica si presta ad allenamenti per gruppi selezionati e non è idonea a migliorare la condizione fisica di un’intera nazione.

Questo è altrettanto vero per la boxe, la lotta e i differenti esercizi militari praticati in tutto il mondo. Allora ci si potrebbe chiedere: “La ginnastica non potrebbe rappresentare la forma ideale di educazione fisica?” A cui rispondo che è una forma ideale per lo sviluppo armonico del corpo e in quanto non richiede particolari attrezzature e numero di partecipanti. Ma è priva di certe caratteristiche necessarie ad una educazione fisica nazionale, che sono:
1. Alcuni movimenti privi di significato che non risvegliano interesse.
2. L’allenamento non concede benefici secondari.
3. Il conseguimento di un’applicazione utile (dando a questa parola un significato particolare) non può essere ricercato o acquisito nella ginnastica così come in altri esercizi.
Da questo breve sguardo sull’intero campo delle attività fisiche, posso dire che ancora non abbiamo trovato una forma ideale che soddisfi le condizioni necessarie per una vera educazione fisica.

Questa forma ideale può essere concepita solo da uno studio basato sulla massima efficienza. Al fine di soddisfare le necessarie condizioni richieste, la considerazione primaria riguarda un sistema di sviluppo completo del corpo, come ci offre la ginnastica. Ma, per venir praticati con interesse, i movimenti dovrebbero esprimere un significato. Inoltre l’attività dovrebbe potersi limitare a spazi ristretti, senza indumenti o attrezzature particolari. E infine, questa educazione fisica dovrebbe poter essere praticata individualmente, come in gruppo.
Queste sono le considerazioni, o le richieste, per un soddisfacente sistema di educazione fisica nazionale. Qualsiasi metodo che soddisfi con successo tutte queste condizioni può proporsi come programma di educazione fisica basato sul principio della massima efficacia.
La Forma dei Cinque e quella dell’Educazione Fisica Nazionale.

Ho studiato questo argomento durante lungo tempo e ho ideato due forme, che si può dire soddisfino tutti i requisiti. La prima di esse è quella che chiamo ‘forma rappresentativa’.
Questo è un modo di rappresentare idee, emozioni e differenti moti di elementi naturali attraverso il gesto degli arti, del corpo e del collo. La danza ne è un esempio, ma la danza non fu originariamente ideata con lo scopo dell’educazione fisica e quindi non si può dire che soddisfi i requisiti che abbiamo richiesti.
Ma è possibile creare delle danze speciali, adatte a entrambi i sessi e a persone di differenti condizioni fisiche e mentali, che esprimono idee e sentimenti, così che congiuntamente alla formazione spirituale di una nazione possa svilupparsi anche il corpo in modo soddisfacente per tutti.
Credo che questa ‘forma rappresentativa’ sia praticata in un modo o nell’altro in Europa e in America; penso anche che immaginiate cosa intendo e quindi non mi soffermerò oltre sull’argomento.

1. lo sviluppo del corpo, e 2. l’allenamento al combattimento.

C’è un’altra forma, che ho chiamato ‘forma di attacco e difesa’ in cui ho selezionato diversi movimenti di attacco e difesa perché il risultato conduca allo sviluppo armonioso del corpo intero. I metodi comunemente insegnati dal ju-jitsu non appaiono come l’ideale per lo sviluppo del corpo, per cui li ho combinati in modo che possano costituire le condizioni necessarie per lo sviluppo armonioso del fisico. Si può dire che l’insieme realizzi due scopi: 1. lo sviluppo del corpo, e 2. l’allenamento al combattimento.

Come ogni nazione deve provvedere alla sua difesa, così ogni individuo deve provvedere alla sua incolumità. In questi tempi illuminati (1932! n.d.r.) nessuno si preoccupa di prepararsi all’aggressione di una nazione e tantomeno per fare violenza al prossimo. Ma la capacità di difesa, nell’ideale di giustizia e umanità, non deve essere trascurata tanto dalla nazione quanto dall’individuo.
Dovrei mostrarvi questo metodo di educazione fisica in forma di attacco e difesa nella sua pratica reale. E’ diviso in due serie di esercizi: uno individuale e l’altro in coppia (come è dimostrato). Da quel che ho spiegato e fatto vedere in pratica, avete senz’altro compreso cosa intendo per ‘educazione fisica basata sul principio della massima efficienza’.

Benché io sostenga fortemente che l’educazione fisica nazionale debba essere basata su quel principio, allo stesso tempo non intendo limitare l’enfasi sull’atletica e sui vari stili di esercizi marziali. Se anche non sono adatti a costituire un’educazione fisica nazionale, hanno un loro valore particolare come cultura di un gruppo, o di gruppi di persone e non voglio assolutamente scoraggiarne la pratica, in particolare quella del randori nel judo.
Un grande valore del randori risiede nell’abbondanza dei movimenti che offre allo sviluppo fisico. Un altro è che ogni movimento ha un intento ed è eseguito con intenzione, mentre negli esercizi della ginnastica ordinaria i gesti mancano di interesse.
L’obiettivo dell’allenamento fisico sistematico in judo non è soltanto lo sviluppo del corpo, ma il consentire a un uomo o una donna di avere controllo perfetto sulla mente e il corpo e di renderli idonei ad affrontare qualsiasi emergenza, che sia un semplice incidente, o una violenza dovuta ad altri.

Sebbene il judo, tanto per il kata che per il randori, sia generalmente praticato in coppia e in un locale appositamente attrezzato, questo non è sempre necessario. Si può praticare in gruppo o singolarmente, sul tatami (materassino) o in un locale ordinario.
Chi assiste alla pratica può immaginarsi che le cadute del randori siano dolorose o pericolose, ma una breve dimostrazione sulla tecnica di ‘rottura di caduta’ le porterà a constatare che non è come pensavano.

L’aspetto mentale del judo

Parlerò ora dell’aspetto mentale del judo. L’allenamento mentale del judo può avvenire attraverso il kata, ma anche attraverso il confronto tra due persone. Utilizzando ogni risorsa di cui dispongono e rispettando le regole, entrambi i praticanti devono dimostrare attenzione, tentando di scoprire i punti deboli dell’avversario ed essendo pronti ad attaccare in qualsiasi momento ne venga offerta l’opportunità.
L’atteggiamento mentale di cogliere l’opportunità di attacco tende a rendere l’allievo più onesto, sincero, attento, cauto e giudizioso in tutte le sue azioni. Allo stesso tempo si viene allenati a prendere decisioni veloci e immediate, perché in randori, se non si decide ed agisce velocemente, si perderanno sempre delle opportunità tanto in attacco che in difesa.

Ancora. In randori ogni combattente non può prevedere come si comporterà l’avversario e così bisogna essere preparati a reagire a qualsiasi attacco improvviso.
Abituati a questo atteggiamento mentale si sviluppa un elevato grado di freddezza nel comportamento, o di equilibrio mentale.
Esercitando il potere dell’attenzione e dell’osservazione in palestra, o nel luogo in cui ci si allena, si sviluppa naturalmente questa facoltà o capacità così utile nella vita di tutti i giorni.
Per trovare modo di sconfiggere l’avversario è indispensabile l’allenamento alla capacità di immaginazione, ragionamento e giudizio, facoltà che si sviluppa Naturalmente nel randori.

Ancora, dato che lo studio del randori considera il rapporto mentale e fisico tra due individui che competono, se ne possono trarre centinaia di lezioni utili, ma mi accontenterò di darvi solo alcuni esempi.
Nel randori insegniamo agli allievi ad agire secondo il principio fondamentale del judo, non importa quanto fisicamente inferiore l’avversario possa apparire, o persino se prevediamo che con la sola forza potremmo facilmente sopraffarlo. Se si agisce contrariamente al principio del judo, l’avversario non sarà convinto della sconfitta, quale che sia la forza bruta utilizzata contro di lui.
Devo richiamare l’attenzione sul fatto che il modo di convincere l’avversario in una disputa non è di far valere questo o quel vantaggio su di lui, che sia forza, cultura o ricchezza, ma di persuaderlo in accordo con la inviolabile legge della logica.
Questa lezione che la persuasione, e non la coercizione, è efficace, che è così valida nella vita reale, può essere appresa nel randori. Noi insegniamo anche agli studenti, quando dispongono della destrezza per vincere l’avversario, ad utilizzare solo la forza strettamente utile per raggiungere lo scopo voluto, mettendoli in guardia contro un impegno eccessivo o insufficiente della forza.

Ci sono molti casi in cui le persone falliscono in quello che intraprendono semplicemente perché vanno troppo oltre, non sapendo quando fermarsi. O viceversa.
Per portare un altro esempio, in randori insegniamo all’allievo che quando incontra un avversario follemente scatenato, per ottenere la vittoria non deve resistergli con tutta la forza, ma deve giocare con lui finché furia e potenza si esauriscono da sole.
L’utilità di questo atteggiamento nel quotidiano è evidente: come certamente sappiamo, nessun genere di ragionamento può servire quando discutiamo con una persona così agitata da aver perso la testa. Tutto quel che possiamo fare in questo caso è attendere che la rabbia sbollisca da sola e possiamo apprendere queste strategie dalla tattica del randori. La loro applicazione alla vita di tutti i giorni è un soggetto di studio molto interessante e può costituire un allenamento intellettuale per le menti giovani. 

Terminerò il discorso sull’aspetto mentale del judo riferendomi brevemente agli strumenti razionali per accrescere la conoscenza e le facoltà intellettive.
Se osserviamo da vicino la società, ovunque avvertiamo il modo in cui sprechiamo stupidamente energia per acquisire conoscenza. Tutto ciò che ci circonda ci offre opportunità di conoscenza? Facciamo la miglior scelta riguardo a libri, riviste e giornali che leggiamo? Non troviamo che spesso l’energia spesa per acquisire conoscenza utile, spesso finisce per accumulare conoscenza dannosa tanto per noi stessi che per la Società?
Oltre ad acquisire conoscenza utile dobbiamo sforzarci di migliorare le facoltà intellettive come la memoria, l’attenzione, l’osservazione, il giudizio, il ragionamento, l’immaginazione, ecc. Questo non deve avvenire in maniera casuale, ma rispettando le leggi della psicologia, così che sia ben armonizzata la relazione di queste capacità tra loro.
E solo seguendo accuratamente il principio della massima efficienza, che è il judo stesso, possiamo raggiungere l’obiettivo di aumentare ragionevolmente la conoscenza e le capacità intellettive.


Devo ora parlare dell’aspetto morale del judo

Non ho intenzione di affrontare la disciplina morale insegnata agli studenti nella sala di pratica, quale l’osservazione delle regole di comportamento prescritte, il coraggio, la perseveranza, la gentilezza, il rispetto degli altri, l’imparzialità e la lealtà tanto enfatizzate nell’atletica di tutto il mondo.
L’allenamento nel judo ha uno speciale significato morale in Giappone perché questa disciplina, insieme ad altri esercizi marziali, era praticato dai guerrieri, che avevano un elevato codice d’onore, lo spirito del quale ci è stato tramandato attraverso l’insegnamento dell’arte. In questa circostanza desidero spiegarvi come il principio della massima efficacia ci aiuti nel promuovere la condotta morale.

L’uomo, a volte, è molto eccitabile e incline alla rabbia per ragioni banali. Ma quando si arriva a considerare che ‘essere eccitati’ è un superfluo dispendio di energia, che non è di beneficio a nessuno ma spesso provoca danni a se stessi e agli altri, si capirà che il praticante di judo deve astenersi da tale condotta.
Una persona, a volte, è scoraggiata dalla delusione; è abbattuta e non ha il coraggio di andare avanti. A questa persona il judo suggerisce di trovare quale è la cosa migliore da fare nella circostanza che sta vivendo. Per quanto paradossale possa sembrare questa persona è, secondo me, nella stessa posizione di una persona che si trova all’apice del successo. In entrambi i casi c’è una sola via da seguire, che è ciò che si giudica, dopo dovuta considerazione, essere la migliore linea di condotta per la circostanza. Così si può dire che l’insegnamento del judo porti le persone dal profondo della delusione e del letargo, ad uno stato di attività vigorosa, con una luminosa speranza per il futuro.

Le stesse motivazioni valgono per quelle persone che sono scontente.
Le persone scontente si trovano spesso in un cupo stato mentale e accusano gli altri di ciò che è una colpa loro, trascurando i propri affari. L’insegnamento ricevuto dal judo farà loro capire che tale condotta va contro il principio della massima efficacia, e farà loro osservare che attraverso la fedele osservanza di questo principio possono essere più felici. Così l’insegnamento del judo è utile, in vari modi, alla promozione della condotta morale.

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Ecco che vorrei spendere due parole sull’aspetto emotivo del judo.

 Conosciamo tutti la gradevole sensazione percepita attraverso l’esercizio da nervi e muscoli e proviamo soddisfazione nella conquista di capacità, nell’uso del corpo e anche nella sensazione di superiorità sugli altri che ci può riservare la competizione. Ma a parte queste soddisfazioni c’è quell’amore per il bello e il piacere che ne deriva assumendo atteggiamenti corretti e dall’effettuare movimenti armonici, e anche nel vedere tutto questo in altri. L’allenamento in questa visione, insieme al piacere ottenuto nel guardare movimenti che simboleggiano idee diverse, costituisce quello che chiamiamo l’aspetto emotivo o estetico del judo.
Io credo che vi siate già accorti che la proposta del judo è veramente in antitesi a quella del ju-jitsu dei tempi feudali.

Quel che ho detto può essere riassunto come segue: il judo è uno studio e un esercizio della mente e del corpo, e anche una regola per la vita e per il lavoro. Attraverso l’accurato studio dei diversi metodi di attacco e difesa, mi sono convinto che essi dipendono dall’applicazione di un principio universale, vale a dire: “Qualunque sia l’obiettivo, si può meglio conseguire attraverso il più elevato o il massimo uso efficiente della mente e del corpo indirizzato a quello scopo”.

Esattamente come questo principio, applicato ai soli metodi di attacco e di difesa costituisce il ju-jitsu, così lo stesso principio applicato alla cultura fisica, mentale e morale, come anche ai modi di vita e alla conduzione del lavoro, costituisce lo studio e l’allenamento in quelle cose.
Una volta che si è compresa l’effettiva importanza di questo principio, esso può essere applicato a tutte le fasi della vita e dell’attività umana e consente di condurre una vita migliore e più razionale.

Non è necessario allenarsi nei metodi di attacco e di difesa per giungere alla effettiva comprensione di questo principio, ma dato che sono arrivato a concepire quest’idea attraverso di essi, ho fatto in modo che l’allenamento per la competizione e per lo sviluppo del corpo diventassero il mezzo naturale per comprendere tale principio.

Il principio della massima efficacia, quando viene applicato a programmare e a perfezionare la vita sociale, o a coordinare la mente e il corpo nell’arte dell’attacco e della difesa, richiede prima di tutto ordine e armonia tra tutti i membri del gruppo e questo si può ottenere solo attraverso l’aiuto e le reciproche concessioni, che portano alla prosperità e al reciproco benessere.

Lo scopo finale del judo è perciò di instillare nella mente dell’essere umano lo spirito del rispetto per il principio della massima efficacia e del mutuo beneficio e benessere, spingendolo a praticarli. Individualmente e collettivamente quest’essere umano potrà raggiungere lo stato piò elevato e, allo stesso tempo, sviluppare il corpo e imparare l’arte dell’attacco e della difesa.

L’insegnamento che deriva dal principio della massima efficacia e del mutuo beneficio e benessere.

Nonostante che tutte le forme di moralità (religiosa, filosofica e tradizionale) siano intese a migliorare la condotta dell’essere umano nella Società e a creare un mondo perfetto, se osserviamo più da vicino lo stato attuale delle cose, in tutto il mondo appare il contrario. Notiamo vizi, litigi e discontento ad ogni livello della Società, dal più alto al più basso. Mentre a scuola, dall’infanzia all’età matura ci viene insegnato l’igiene e un corretto modo di affrontare la vita siamo ancora inclini a trascurare le regole di pulizia, di igiene e di una vita ordinata.
Fattori realistici dimostrano che alla nostra Società manca qualcosa che, se portato alla luce e universalmente accettato, può rimodellare la Società e portarci grande felicità.
Questo è l’insegnamento che deriva dal principio della massima efficacia e del mutuo beneficio e benessere.

Non voglio dire che dovremmo accantonare i validi precetti morali e di igiene diffusi ai nostri tempi. Al contrario, lasciate che vengano sempre rispettati, come è nostra tradizione ma, in aggiunta a questi, dovrebbe essere data la massima importanza al principio della massima efficacia e mutuo beneficio e benessere.
Lo dico enfaticamente, perché in questi tempi di critica e nuove idee, affinché qualsiasi insegnamento abbia effetto deve basarsi su certe ragioni di fatto.

Non sentiamo dire oggi all’uomo che pensa: “Dato che io credo in questa e quella cosa, allora tu devi crederci; oppure, io arrivo a questa o quella conclusione attraverso il ragionamento, perciò devi arrivarci anche tu”.
Qualsiasi cosa si affermi deve essere basata su fatti o su ragionamenti di cui nessuna persona sana possa dubitare o negare.
Di certo nessuno può negare il valore del principio “Qualunque sia l’obiettivo, si può meglio conseguire attraverso il più elevato o massimo efficiente uso della mente e del corpo per quello scopo”.

Ancora, nessuno può negare che solo mirando al comune beneficio e benessere ogni membro della Società può tenersi dalla disarmonia, dal litigio e vivere in pace e prosperità. Non è forse dal riconoscimento universale di questi fatti che la gente è arrivata a parlare così tanto di efficienza e direzione scientifica e che sono perciò dovunque sostenute?

In aggiunta a questo il principio di dare-e-prendere sta diventando sempre di più Il fattore determinante nella vita di tutta l’umanità. Non è forse a causa del riconoscimento del principio del mutuo beneficio e benessere he la Lega delle Nazioni e le Grandi Potenze del mondo si sono riunite per la riduzione degli armamenti navali e militari? Questi momenti sono un riconoscimento spontaneo dell’urgente bisogno di un comune ed efficace beneficio e benessere: Le forze educatrici di ogni Paese, nelle quali il judo dovrebbe avere una parte dominante, devono favorirli.


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