IL LIBRO ROSSO DI JUNG

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Parola che dà alla luce...

2021-06-08 08:12:09

L'incantesimo illustrato nell'immagine p 54, recita così...........................................

"Amen, tu sei il signore dell’alba.
Amen, tu sei la stella d’Oriente.
Amen, tu sei il fiore che sboccia più di ogni altro.
Amen, tu sei il cervo che sbuca fuori dal bosco.
Amen, tu sei il canto che risuona lontano sull’acqua.
Amen, tu sei fine e principio". 
[LS, cap. x, p. 284]
Ciascuno dei sei versi che compongono l’incantesimo comincia con un «Amen» ed è una lode a Dio, rispettivamente come signore dell’alba, stella d’Oriente, fiore che sboccia più di ogni altro, cervo che sbuca e canto lontano, per recitare infine «Amen, tu sei fine e principio». Sebbene non ci sia alcun fondamento scientifico per assimilare amen a oµ, è certo che è la parola primordiale a trasmutare la potenza, oscura nell’uovo, in luce che trasforma.
Nell'immagine, si vede un serpente all’interno di una sorta di vulcano in eruzione, la cui lava fuoriesce dalle fauci del serpente stesso. La legenda, «brahma~aspati» (LR, p. 284, nota 128), rimanda al Dio della preghiera o dell’adorazione, che prende il posto di Agni come rappresentante dell’elemento della luce e del fuoco in generale. 
L’illustrazione 54 mostra, all’interno di quello che sembra un mucchio di braci incandescenti, un serpente che si snoda verso l’alto, con la bocca spalancata, da cui fuoriesce una specie di albero ramificato dorato, che poi si apre a formare una coppa che racchiude i versi dell'incantesimo. Le ceneri che nella tradizione alchemica indiana si trasformano in nettare, diventano un simbolo del passaggio intermedio nelle tappe vita profana - morte - resurrezione, tre istanze che culminano nel raggiungimento della vita superiore, la vita piena. Grazie alla parola l’uomo ascende al divino attraverso la preghiera e il mantra ed è sempre grazie alla parola che il divino si incarna nel mondo. Quindi si allude da un lato, al fatto che la preghiera, la parola, il mantra propiziano la luce e la creazione; dall’altro, al fatto che la stessa energia psichica contiene quella luce in potenza, dentro la sua oscurità.  
Il serpente
Tra le più antiche epifanie del mito si pone quella del serpente, una delle più significative della simbologia di ogni contesto culturale.
Prima di subire una serie di significati negativi, il serpente era stato animale sacro alla Grande Dea e non potrebbe essere diversamente se già nel ventre materno il serpentiforme cordone ombelicale connette la madre alla sua creatura e la sua recisione coincide, per il neonato, con la perdita del paradiso primigenio.
Il serpente muta pelle, talvolta è velenoso, si avvolge riproducendo la spirale sacra alla Dea, abita le grotte e sta nei pressi delle fonti e dei corsi d’acqua, tutti luoghi sacri alla Dea. Oltre che alla nascita è connesso anche alla fertilità, alla dimensione ctonia e all’iniziazione.
Al tempo della Dea Madre, il serpente ebbe ruoli importanti soprattutto sul piano misterico-trasformativo, sul piano rituale e su quello terapeutico. Oltre alle dee dei serpenti di Creta e a numerose altre rappresentazioni arcaiche, si pensi anche al serpente avvolto nel bastone di Igea, figlia-sposa di Asclepio, alle sacerdotesse di Apollo e al serpente Pitone della Pizia delfica.
La sua funzione misterica per eccellenza venne però rappresentata presso, i Greci, dai due serpenti avvolti nel caduceo di Hermes, conduttore delle anime e degli iniziati. Un mito arcaico racconta che il serpente, sacro alla Dea, abbia fatto scoprire a Dioniso il gusto dell’uva.
In Egitto veniva rappresentato l’uraeus, il serpente avvolto attorno alla fronte delle massime divinità con la testa rivolta in avanti, che evocava una sorta di terzo occhio. Inoltre venivano rappresentati due serpenti bipolarmente disposti ai lati del sacro disco solare.
Nella Bibbia il Serpente ed Eva determinano l’uscita dall’utero del Paradiso terrestre, la vera nascita, l’iniziazione nel mondo reale di Adamo e della stessa Eva. Inoltre, nell’Esodo, il bastone di Aronne gettato a terra da Mosè si trasforma in serpente e nei Numeri il serpente di bronzo di Mosè guarirà gli ebrei da una maledizione.
In ambito cristiano lo ritroviamo sotto i piedi della Vergine-Madre e non più come strumento magico nelle mani della Grande Dea. Nel Vangelo di Matteo, però Gesù dice ai discepoli: “Siate prudenti come i serpenti e candidi come le colombe”.
Interessantissimo e di lettura complessa è quanto osserva Jung in Risposta a Giobbe laddove afferma che il serpente ebbe il vantaggio di essere stato creato prima e dimostrò pure di essere molto più intelligente e cosciente di Adamo.
Persino nelle culture posteriori dell’America centro meridionale il serpente avrà un ruolo simbolico e cultuale di primaria importanza.
Nella cultura indiana continua a rappresentare l’energia potentissima della Kundalini e, si ricordi, tra gli innumerevoli riferimenti, che uno spirito-serpente protesse dalla pioggia e dal freddo il Buddha che stava in meditazione.
Questo potentissimo simbolo non poteva che trovare un posto di rilievo nel Liber Novus grazie alla sua magia trasformativa e guaritrice che saranno di notevole importanza per la completezza del percorso individuativo. Inoltre, se interiorizzi il drago, epifania terrifica del serpente, non hai bisogno di combatterlo e ti sei già spinto oltre il cimento dell’eroe di cui ci parlerà Eric Neumann, grandissimo allievo di Jung, in Storia delle origini della coscienza.
Vincenzo Guzzo, Aurora dal manto di Croco, Appendice: MITO E SIMBOLOGIA DELLA TRASFORMAZIONE, nel “Liber Novus” di Jung, Stralcio

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