IL LIBRO ROSSO DI JUNG

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La storia di Niklaus von der Flüe, mistico eremita svizzero«[…]

2019-09-24 11:05:38

L’esperienza per lui più importante fu la cosiddetta “visione della Trinità”, la quale lo occupò a tal punto che egli la dipinse o la fece dipingere sulla parete della sua cella.

«[…] Il dipinto è ancora conservato nella chiesa parrocchiale di Sachseln: è un “mandala”[* Termine sanscrito che significa “cerchio magico”. Il mandala compare in raffigurazioni orientali e nel Medioevo cristiano. Jung vede in esso il simbolo della totalità psichica] diviso in sei parti, il cui centro è costituito dall’incoronato volto di Dio. Sappiamo che per anni interi fratel Klaus si sforzò di indagare la natura della sua visione sulla scorta del libriccino illustrato di un mistico tedesco e si studiò di rendere l’avvenimento originario in una forma che gli fosse comprensibile. È quel che io chiamo “elaborazione” del simbolo. Le sue riflessioni sulla natura della visione, influenzate dalle mistiche raffigurazioni del suo manuale, lo condussero necessariamente a concludere che doveva aver visto la Santissima Trinità, il summum bonum, l’eterno Amore stesso. A questa idea corrisponde anche l’immagine, rasserenata, di Sachseln.


L’esperienza originaria però era stata del tutto diversa. Lo spettacolo apparso nell’estasi a fratel Klaus era così terrificante che il suo stesso volto ne fu mutato, al punto che la gente se ne spaventava ed era davanti a lui sgomenta. Gli era apparsa infatti una visione della massima intensità. Ecco quel che ne scrive Woelflin: “Tutti quelli che lo avvicinavano erano al primo sguardo pieni di grande spavento. Sul motivo di quello spavento era solito dire egli stesso di aver visto una luce penetrante che rappresentava un volto umano, alla cui vista egli aveva temuto che il suo cuore andasse in frantumi. Perciò, preso dallo sgomento, aveva subito distolto la faccia ed era caduto a terra; per questo, il suo viso era adesso causa di terrore agli altri.” A buon diritto questa visione è stata messa in rapporto con Apocalisse, 1.13 sgg., e cioè con quella singolare immagine di Cristo che, quanto a temibile stranezza, è superata soltanto dal mostruoso agnello dai sette occhi e dalle sette corna (Apocalisse, 5.6 sg.). È molto difficile stabilire un nesso tra questa figura e il Cristo dei Vangeli. Donde l’interpretazione ben definita che della visione di fratel Klaus fu ben presto fornita dalla tradizione. Così nel 1508 l’umanista Carolus Bovillus scrive a un amico: “Voglio riferire una visione che in una notte stellata, mentr’egli attendeva alla preghiera e alla meditazione, gli apparve nel cielo. Egli vide un volto umano atteggiato a un’espressione spaventevole, pieno d’ira e di minacce… ecc.”Questa interpretazione concorda perfettamente con la moderna amplificazione di Apocalisse, 1.13 Né vanno dimenticate le altre visioni di fratel Klaus, per esempio quella di Cristo nella pelle d’orso, quella di Dio Padre e di Dio Madre e di lui stesso come Figlio, e così via.


[…] L’interesse di fratel Klaus per la figura della ruota deve aver avuto un motivo. Visioni simili alla sua producono spesso confusione e disintegrazione (il cuore “va in frantumi”). L’esperienza insegna che il “circolo protettivo”, il mandala, è l’antidoto tradizionale a uno stato mentale caotico. È perciò fin troppo comprensibile che il frate fosse affascinato dal simbolo della ruota; né l’interpretare la spaventosa visione come “esperienza di Dio” deve metterci fuori strada. Il nesso fra la grande visione, l’immagine della Trinità di Sachseln e con il simbolo della ruota mi sembra perciò molto probabile, anche per motivi psicologici, interiori. 

La visione, senza dubbio terrificante, esplosa a guisa di eruzione vulcanica sull’orizzonte religioso del frate, senza preparazione dogmatica né commento esegetico, richiedeva naturalmente un lungo lavoro di assimilazione per essere integrata con l’anima e con la sua visione generale, restaurando così l’equilibrio turbato. L’accomodamento fu raggiunto sull’allora granitico terreno del dogma, che mostrò la propria forza di assimilazione trasformando qualcosa di spaventosamente vivo nella bella intuizione dell’idea trinitaria. La spiegazione avrebbe però potuto anche aver luogo su un terreno completamente diverso: quello della visione stessa e della sua perturbante realtà, probabilmente a danno del concetto cristiano di Dio e indubbiamente ancor più a danno di fratel Klaus, che in quel caso non sarebbe diventato beato, ma magari un eretico (se non addirittura un folle) e avrebbe forse terminato la sua vita sul rogo.


Carl Gustav Jung, Gli Archetipi dell’ inconscio collettivo


Rappresentazione della visione di Frate Niklaus conservata a Sachseln


Letture Junghiane

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