Guido Zaccarelli

Founder Senior

In viaggio nel xxi secolo a bordo delle galee aziendali

2019-04-28 06:51:21

Editoriale della domenica 28 Aprile 2019: Forse mai come questa volta siamo arrivati qui con la consapevolezza che non siamo in grado di fare durare NOI le cose belle che ci capitano nella vita. Julián Carrón

Dalla piramide al cerchio è un saggio che è stato scritto pensando all'attività svolta dai lavoratori a catena di montaggio, confrontato con il duro lavoro degli schiavi a bordo delle galee. Le galee erano imbarcazioni lunghe una cinquantina di metri che fecero la loro prima apparizione intorno al XIV secolo e impiegate per scopi bellici e mercantili spostandosi da un porto all'altro del Mediterraneo. 


Dalla piramide al cerchio è un saggio che è stato scritto pensando all'attività svolta dai lavoratori a catena di montaggio, confrontato con il duro lavoro degli schiavi a bordo delle galee. Le galee erano imbarcazioni lunghe una cinquantina di metri che fecero la loro prima apparizione intorno al XIV secolo e impiegate per scopi bellici e mercantili spostandosi da un porto all'altro del Mediterraneo.

La particolare sagoma le rendeva instabili per navigazioni oltre oceano e nei periodi invernali, limitandone l'uso nei soli periodi estivi. Le ridotte dimensioni della stiva le obbligavano a viaggiare a bordo costa per facilitare il rifornimento delle cisterne d'acqua riservate a dissetare i rematori. Potevano incontrare mari tranquilli e alati che accompagnavano la navigazione oppure incontrare onde vigorose che s'infrangevano contro l'imbarcazione, increspandosi ad ogni sobbalzo dello scafo. Sbuffi di acqua marina pronti ad inondare la nave nel caso l'equipaggio non fosse stato pronto a resistere ai lamenti e ai fragori della natura.


Per farlo dovevano dare il meglio di sé per il bene soggettivo. La vita a bordo era molto dura e spesso portava alla morte a causa delle sofferenze inflitte dall'aguzzino che, armato di frusta, obbligava a remare fino allo sfinimento. Chi non riusciva a reggere il compito veniva sostituito e il più delle volte, considerato lo stato fisico, abbandonato in mare. L'alimentazione era di scarsa qualità e veniva somministrata ogni quattro ore durante una pausa di dieci minuti, preferibilmente all'imbrunire, per non mostrare ai rematori il contenuto di questo miscuglio fatto con farina, acqua e aceto. Era una vera e propria prigione: del resto la parola galera deriva proprio da galea, per indicare un luogo dove veniva limitata, se non abolita, la libertà personale.


Il corpo dei vogatori era formato dagli schiavi, dai galeotti e dai buonavoglia. Ora, nel XXI le persone che quotidianamente lavorano in una catena di montaggio, a cui viene chiesto di produrre incessantemente per raggiungere elevati livelli di produzione e di redditività aziendale, vivono le stesse condizioni provate dai rematori ai tempi delle Galee, oppure qualcosa è cambiato? La catena di montaggio di molte aziende è infernale. La velocità di scorrimento è elevata e i tempi macchina sono frustranti. Si pensi che in talune situazioni il tempo macchina per svolgere una attività ( più fasi ) è di soli cinque secondi. I turni sono incalzanti e la pausa è di breve durata a metà di ogni mezzo turno. Il lavoratore è immerso nella propria attività e rare sono le occasioni nelle quali viene permesso il dialogo per un confronto. La relazione è verticistica seppur inquadrata all'interno di uno schema a matrice.


Dal taylorismo, al fordismo in avanti, lo schema produttivo è rimasto invariato nella filosofia: le persone svolgono un lavoro parcellizzato il cui requisito fondamentale è l'attenzione da porre alla sequenza delle attività da svolgere per garantire gli standard di qualità. Il turnover è molto elevato per la stanchezza fisica e psichica che il lavoro comporta connesso al clima ambientale e al numero di operazioni routinarie che devono essere eseguite nell'unità di tempo. La catena di montaggio meccanica si trasforma in una catena di montaggio umana dove ogni lavoratore diventa una parte intercambiabile di un altro lavoratore con il quale forma la linea di produzione.


Il sistema familiare e sociale si sfascia per l'incapacità della società di autoregolarsi in una dimensione umana della relazione portando l'individuo all'esasperazione complice la manca di regole che consentano di vivere il tempo nella pienezza. L'economia del benessere è la dimensione che consente di avvicinare la dimensione reale di una società che produce beni e servizi per migliorare gli stili di vita delle persone e dall'altro godere della disponibilità di tempo per vivere nel benessere, ovvero stare bene con se stessi per stare bene con gli altri. In questo millennio, assai lontano dal secolo delle galee sono ancora oggi presenti situazioni lavorative che necessitano di essere trasformate per donare loro quel valore etico che il lavoro possiede e alle persone restituire la loro dignità personale e professionale. Possiamo pensare di trasformare le galee aziendali in imbarcazioni dove lavorare a misura d'uomo?


Julián Carrón a Rimini il 12 Aprile 2019: «E questo stupisce ancora di più, dal momento che viviamo in una società liquida e quindi dovremmo esserci abituati al fatto che niente dura. Siamo tante volte in preda a un vortice di affetti, di sentimenti, in cui tutto si costruisce e si smonta sempre molto in fretta; di conseguenza, facilmente siamo vittime della delusione. Niente sembra tenere, il tempo consuma, svuota tutto; quello che è accaduto ieri perde la sua presa su di noi, il suo fascino». Lo scopo è «... il desiderio cioè di una felicità che duri, che non si dissolva nello spazio di una giornata o di una stagione».


Prof. Guido Zaccarelli


https://www.gazzettadellemilia.it/cronaca/costume-e-societa/item/23216-in-viaggio-nel-xxi-secolo-a-bordo-delle-galee-aziendali.html

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