Giuseppe Andò

Founder Starter

Se non sai come aprire un uovo non sei un bravo Executive Coach!

2019-12-05 15:47:42

Quando un executive coach intervista un cliente, deve selezionare e catalogare la quantità di notizie che gli/le arrivano per livelli di utilizzo, in relazione alle necessità professionali.

Quel che un coach non deve mai perdere di vista (e di udito) è il problema che il cliente sta tentando di comunicargli. Perché dico "tentando"? Perché il cliente comunica per livelli di preoccupazione, che non sempre coincidono con le reali priorità. Raramente è lucido, per il semplice fatto che è coinvolto in prima persona. Ricordiamo sempre che l’executive coaching è un'attività di servizio per il top management e deve aiutare il coachee a identificare un obiettivo e ad attivare un piano d’azione per raggiungerlo.

Ma la questione dell'uovo che c'entra?

Provate ad immaginare un uovo e a cosa dovete fare per aprirlo:

  1. incrinate, delicatamente, il guscio a metà fino a romperlo;
  2. con i due mezzi gusci cercate di far cadere l'albume in un contenitore a parte;
  3. finalmente avete il giallo del tuorlo.

Incrinare, delicatamente, il guscio a metà fino a romperlo

Immaginiamoci di colloquiare con un cliente che cerchi di spiegarci quali siano le sue esigenze. Inizialmente, opporrà una comprensibile resistenza nei nostri confronti. Non sarà chiaro e cristallino. Anzi, probabilmente, tenderà a chiudersi e a non darci il quadro reale della situazione. Eccoci al punto 1, ossia al guscio dell'uovo. Cosa fare? Semplicemente seguire le istruzioni, ossia incrinare, delicatamente, il guscio (cioè le resistenze del coachee) fino a romperlo. È la parte più delicata del lavoro, ossia quella in cui forziamo l'interlocutore a fidarsi di noi e a condividere le sue preoccupazioni e le sue priorità. Intendiamoci, non sempre un manager si affida ad un coach con diffidenza e sospetto (fortunatamente). Tuttavia, la resistenza a condividere l'entità del problema, le reali necessità e l’obiettivo che si è prefissato è quasi sempre presente, anche solo per una naturale prudenza a condividere notizie delicate e riservate. Ma noi siamo degli ottimi "rompitori di guscio" e superiamo l'iniziale difficoltà "calcarea". E adesso? Adesso siamo giunti al secondo punto, andiamo a vedere cosa ci aspetta.

Con i due mezzi gusci cercate di far cadere l'albume in un contenitore a parte

Grazie alle nostre capacità professionali, otteniamo la fiducia del manager. Da questo momento, il rapporto di fiducia porta l'interlocutore a condividere molto di più di quanto ci servirebbe per inquadrare il problema. Gli argomenti cominciano ad intrecciarsi e al problema iniziale se ne sovrappongono altri di natura completamente differente. Tutto rischia di diventare importante e da un colloquio professionale si passa ad una conversazione allargata a tutte le problematiche aziendali, comprese quelle del passato. Ovviamente, il bravo coach non interrompe, asseconda e comprende. Ma il tema è che noi siamo stati chiamati per aiutare il coachee a modificare un comportamento in vista di una performance, non possiamo e non dobbiamo essere solo passivi. Ma come si può essere attivi senza sostituirsi al coachee nel suo percorso di chiarimento delle problematiche che sottendono alla realizzazione del suo obiettivo? Ecco la fase 2 delle istruzioni: lentamente cerchiamo di isolare l'albume, ossia i "falsi" problemi, dal tuorlo. Nel fare questa delicatissima operazione, proprio come si fa con un uovo, dobbiamo stare attenti a non perdere di vista il "tuorlo", ossia il vero problema ed il vero obiettivo ad esso connesso. La metafora dell'uovo ci aiuta ancora di più, infatti spesso è possibile che il tuorlo si rompa e si mescoli all'albume. La stessa cosa può succedere in fase d'identificazione del problema centrale, si deve stare attenti che il "carico" di informazioni supplementari non contamini il cuore del problema, indirizzando il lavoro del coachee nella direzione sbagliata. Attraverso passaggi successivi, si deve sempre più pulire il "tuorlo" problematico e renderlo totalmente libero da tutte le considerazioni accessorie che sono solo fuorvianti. Bene, adesso siamo arrivati al passaggio successivo.

Finalmente avete il giallo del tuorlo

Siamo arrivati alla parte finale. Finalmente, abbiamo il nostro "tuorlo" ben definito e isolato e possiamo lavorare solo su quello. Attenzione, non basta che ad aver identificato il cuore del problema sia solo il coach, è fondamentale che si concordi con il coachee che quello è il tema da affrontare, che quello è il "rosso" dell'uovo. Solo così si è certi di poter affrontare la fase successiva, ovvero l'identificazione del corretto piano d’azione che il coachee dovrà mettere in atto per realizzare il proprio obiettivo. Ma questa è un'altra ricetta...


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